venerdì 30 dicembre 2005

Oltre la collina

Ho sempre immaginato che la mia vita fosse come un film. Uno di quelli belli, che fanno sognare. All'inizio sembrava un film neo-realista, tipo "Ladri di biciclette": un bambino nell'Italia del dopoguerra cerca di capire la realtà che lo circonda: una madre preoccupata di dargli un'esistenza migliore della propria, un padre preoccupato di assicurare alla famiglia un minimo di indipendenza economica. Poi, sembrava aver preso la piega di uno di quei film francesi sull'incomunicabilità: avrebbe potuto intitolarsi "Un pesce fuor d'acqua" oppure "Finestre, balconi". C'erano la scuola, lo studio come "moneta" che andava a ricompensare i sacrifici che i genitori facevano per lui, un primo tentativo di vita sociale. Presto si trasformò in un film d'azione, impegnato, diciamo tipo: "Maledetti, vi amerò", abbastanza divertente. Dopo arrivarono grandi cambiamenti, delusioni, pressioni, stress. La nebbia segnò quattro anni determinanti per ciò che sarebbe accaduto in seguito: il film era diventato introspettivo, fatalista, a tratti "noir". Un intermezzo surreale come può esserlo stato un anno di servizio militare "off-shore", e poi il tuffo nel mondo del lavoro. Qui siamo in piena filmografia americana, sempre più vicina al primo Woody Allen. Solitudine, introspezione, nonsenso della vita segnano la fine di questo "primo tempo", che lascia un sapore di fatuità nelle esperienze, multicolori e diafane, sonore e istantanee. Il "secondo tempo" si apre su una festa di compleanno (1984) che segna una svolta importante. Ritmo incalzante, sequenze spezzate, fino all'estate 1987: un miraggio, forse un sogno si presenta con luce accecante. Sembra un destino di quelli da cui è del tutto inutile fuggire. Sono scene di grande sentimento, recitate con partecipazione e convinzione. Di seguito cambia un po' il paesaggio. Sparisce la nebbia, torna il sereno, almeno per un po': siamo in un film romantico-disincantato. Ben presto però, nuove guerre, nuove minacce arrivano a turbare il clima idilliaco. Roba da perderci la testa. Dopo il terremoto, si tratta di ridisegnare le cartine del territorio, esplorare, fissare: è diventato il film "Ricostruire Sarajevo". Si ricomincia. Il sole sta per tramontare, anzi a volte sembra già rosseggiare all'orizzonte. Un uomo di una certa età sta seduto sotto un grande albero e guarda lontano davanti a sé. Ma è troppo in basso, e non riesce a vedere oltre la collina che ha di fronte. Dietro di sé ode voci di bambini che giocano, forse lo stanno chiamando. Ma lui non ricorda più il suo nome. Se mai ne ha avuto uno, di nome. Se mai qualcuno gliel'ha chiesto, come si chiamava. Ora è tardi: bisognerebbe stendere le ali e volare. (L'uomo si alza in volo e sparisce oltre la collina). THE END.