sabato 30 dicembre 2006

Ordine

Sistemo
piccole cose
su questa scrivania
che non ho mai avuto:

la penna, una matita,
un bloc-notes
per annotare
sentimenti inutili.

Inchiostro
grigioazzurro,
che dagli occhi
prendo a goccia a goccia

per disegnar
dell'anima fantastiche
ardite semplici originali
mie costruzioni.

giovedì 28 dicembre 2006

Su nevi tristi

Scivolo
su nevi tristi
come in inverno,
una giornata serena,
fredda, senza nuvole.

martedì 26 dicembre 2006

Un anno dopo

Avevo voglia di sentirmi di nuovo innamorato. Pensiero stupido. Desiderio ancora più stupido. Ma quando si pensa e si agisce da stupidi, di solito non ce ne rendiamo conto. Si paga alla fine, il conto, come al ristorante.

Antipasto, qualche stuzzichino. Quasi quasi non sembra di avere fame. Prendiamo due primi diversi, ché poi ce li scambiamo. Niente assaggi, andiamo direttamente al centro della questione. Tutto scorre meravigliosamente: è l'inizio di un innamoramento.

Sono fiumi di miele di messaggi, sono immaginazioni infinite oltre la lontananza, che non ci fanno vedere una lontananza di anime, oltre che di corpi. Comunicare, quanto è difficile. Comprendersi, quasi impossibile. Le affinità irrazionali ingannano. C'è chi chiama sincerità la voglia di non essere ingannato, di non ingannarsi, di nuovo. E quanto si cela, quanto si dissimula e si simula, invocando trasparenza. Magari lo ha fatto senza rendersene conto (voglio lasciarle questa via d'uscita).

Ci pensò la vita, neanche tanto tempo dopo, a fermarci quel volo, a farci sentire fuori luogo e fuori tempo. Dissonante ciò che poco prima ci sembrava un accordo: melodie con tempi e timbri e note diverse, differenti. Differente è ciò che conduce altrove, in un diverso luogo.

E in due diversi luoghi ci svegliammo, io per primo. Senza possibilità di riconciliazione. Nessun "navigatore satellitare" avrebbe potuto indicarci una strada, perché non c'era una strada. Avevamo percorso cieli diversi, differenti, nella medesima contemporanea illusione.

Tutto è più chiaro, adesso: un anno dopo. Io l'ho pagato il conto, senza carta di credito, in contanti. Penso anche lei, che adesso insegue un altro sogno.

Io resto sveglio: preferisco così, ho smesso coi pensieri stupidi. Non fanno per me, ora non più.

domenica 24 dicembre 2006

Basterebbe

Basterebbe riuscire a vedere la bellezza delle foglie gialle e rosse cadute da un albero che erroneamente abbiamo creduto sempreverde.

sabato 23 dicembre 2006

Canto della solitudine

Canto la solitudine,
liquida, fredda, sfuggevole,
caotica, solida e calda materia
che conosco a memoria.

In te sono nato, cresciuto,
dei tuoi silenzi m'hai abbeverato:
attese, incomunicabili assurde pretese.
Amici ogni tanto, illusioni.

Canto la solitudine
di chi come me resta solo
nell'anima, solo cercando qualcosa
nell'anima altrui e nella propria.
Faville ogni tanto, effimere bianche visioni.

In me t'ho accolto, ospitato,
ed ora che insieme abbiamo vissuto
gran parte di questo cammino,
se vuoi puoi lasciarmi
oppure restarmi vicino:
ti dono pensieri,
ti do sentimenti,
ti canto, ti sento,
non so fare a meno
di tenerti dentro.

Sei forse il mistero
che sono chiamato a svelare,
l'assurdo da testimoniare
in dolce silenzio.

sabato 16 dicembre 2006

Nel frattempo

Tutti si tende verso la stessa fine
oppure ognuno avrà la sua, chissà ...

ma nel frattempo
ci dimentichiamo.

giovedì 14 dicembre 2006

Il Bacio Dopo

Tre gradini sulla scala.
E non lo chiamerei amore
quello che ti ho dato.
Era giusta l'altezza,
giusta pure l'atmosfera
frizzante di follia,
s'allungava la sera.
Tre gradini sulla scala,
non uno in meno, né uno in più.
A cominciare fosti tu
avvicinandoti furtiva,
ladra di stupiti momenti,
rapinatrice di emozioni.
Ma non lo chiamerei amore
quello che mi hai dato
senza essere sdraiato.
Tre gradini sulla scala
e facevi su e giù,
tre gradini ed era caldo
quel che avevi sulla lingua.
E non chiamarlo amore
io non
lo
chiamerei:
io
non.

Fu lungo il bacio,
dato dopo.

martedì 12 dicembre 2006

Intangibile impercettibile

Rimango silenzio
nel mio tichettio irregolare,
intangibile:
e resto ancora invisibile,
come un sibilo lungo nel vento,
impercettibile.

sabato 9 dicembre 2006

Odor di trifogli

Con passo di danza
leggera mi porti
odor di trifogli
sfiorati dal vento:
è strana la sera,
la strada difficile
ha un'aria bambina,
e piano sorride, nel pianto.

Magia di una terra lontana
che forse ci vide vicini:
ritorno a strane visioni
di un sogno che non si dimentica.

giovedì 7 dicembre 2006

Caldarroste

Com'erano calde le caldarroste mangiate per strada a dicembre, su ali di zampognari e gente, e altre vetrine.

Camminavo e non pioveva. Via del Corso, sì era proprio là. Odore di carta e di stampe in quella grande libreria dove passavo pomeriggi e sere a cercare forse un verso, una pagina che parlasse di me.

Il buio non entrava. E non sentivo il tempo che passava. Ma poi fuori era buio. E freddo. E ritornavo a casa stringendo il mio cartoccio di caldarroste, che mi facevano caldo nelle mani e dentro.

Come gli occhi di mia madre, stesso colore, a cena.

martedì 5 dicembre 2006

Odore d'orzo

Odio l'odore
dell'orzo nella tazza,
che mi riporta
all'infelice infanzia,
fatta di affanno
e di sudore,
di case periferiche
e di sere buie,
con una torcia in mano
in mezzo ai campi,
incontro a lui
che ritornava tardi
dal lavoro.

Sere fatte di minestra
e di frittata, e carne
solo una volta a settimana,
sere davanti ad una radio
che mandava in onda
racconti raccontati,
o gialli senza immagini,
assassini soltanto immaginati.

E piazze grandi come laghi,
predellini alti del tram:
e mi sedevo in terra,
aspettando mamma
e non sapevo
che forse mi ero perso.

Ogni mattina,
quell'odore d'orzo
nella tazza triste
mi aspettava.

domenica 3 dicembre 2006

Labirinti

Labirinti d'infinito
intrecciano secondi,
o secoli da vivere
scoprendolo
quando era troppo tardi.

sabato 2 dicembre 2006

Umidità

L'umidità mi uccide,
come quella
che si raduna a volte
agli angoli degli occhi,
e scende sulle guance,
e scava solchi e rughe
in fondo al cuore,
che neanche la tua grazia
riuscirà a sanare,
neanche la tua voce
riuscirà a salvare.

giovedì 30 novembre 2006

Sognopoetico

E vado in giro
a baciar le rime
sognando
che siano
le tue labbra.

Vedrai che starai meglio

Era tutto così improbabile da sembrare un sogno. Vero, era vero. Lo sentiva sulla pelle, ma soprattutto sotto la pelle. Lo sentiva nella testa, dietro agli occhi, dentro al cuore. O almeno, dalle parti dove pensava di avere il cuore. Spesso prendeva il volo, quel suo stupido cuore, lasciandolo lì come un cretino, ad aspettare che tornasse, a contare i giorni, le ore, i minuti, che sembravano ormai senza fiato. E quando tornava erano guai. Ma c'era abituato, ormai. Ricominciare: gli sfuggì una risata, che nessuno sentì, perché lì intorno non c'era nessuno. Anche questo era strano: poteva trovarsi nei posti più affollati, ma intorno era come se non ci fosse nessuno. Poteva perfino trovarsi nel mezzo di una tranquilla conversazione e non riuscire a vedere, a sentire nessuno intorno. Vuoto e luce, aria e vuoto, e nient'altro. Così era fatta la sua anima. Ma era anche il suo segreto: non lo avrebbe svelato a nessuno, per nessun motivo, tanto era sicuro che nessuno l'avrebbe scoperto. A meno che. Ma era del tutto improbabile incontrare quella persona, sì proprio quella, l'unica che avrebbe potuto capire, entrare dentro senza bussare, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se non fosse mai stata lontana da lì, da lui.

"Ma quanto mi sforzo di farmi odiare da te" disse, senza sapere bene che cosa volesse dire. "Ma io non ti odio, puoi provare all'infinito" rispose lei. "Allora facciamo così: io smetto di tentare di farmi odiare".
"Vedrai che starai meglio" fu la risposta. "Non è che ora sto male" disse voltandosi verso di lei, ma ... non c'era nessuno. Certo, nessuno poteva capire, nessuno sarebbe potuto entrare senza bussare. Da lontano sentì arrivare una musica sottile, come di uno strumento a corda, forse una chitarra, forse altro, accompagnato da un'orchestra, un ritmo rock, a tratti elettronico "... here comes the rain again ...".

La Musica, quella sì, contava moltissimo: il linguaggio dell'anima, una delle sue tre "emme". L'unica che riuscisse a fargli un po' di compagnia. Mise pezzi un po' a caso: no, non faceva quasi niente per caso. Irrazionalmente sì, ma non a caso. In certi momenti, per esempio, meglio lasciarsi cullare dal ritmo, senza seguire troppo le parole. Le labbra erano ferme, le gambe accavallate, ma la sua anima ballava e cantava a squarciagola "I never really loved you anyway...".

martedì 28 novembre 2006

La nebbia dei pensieri

La nebbia dei pensieri avvolge il canto
dell'anima in attesa di un futuro
ch'è già passato, attraversando un muro.

Il risultato d'aver poi aspettato tanto
non regge alla cocente delusione
d'esser rimasto senza conclusione.

Procede la giornata e con il sole
la nebbia si dirada, e resta un filo
di tenera speranza in fondo al cuore.

sabato 25 novembre 2006

Voglio donarti un fiore

Voglio donarti un fiore
in forma di poesia:
forse sarà una rosa,
vermiglia e profumata,
magari una camelia,
morbida e delicata,
oppure un'orchidea
che sorprende all'idea.

Non c'è fiore in natura
che possa essere uguale
a una bella persona,
a un'anima speciale.

Allora ti porgo un fiore
in forma di poesia,
sperando che ti piaccia
soltanto perché è mia.

per un compleanno

venerdì 17 novembre 2006

Occhi significativi

Sogno una donna
a cui piacciano
i giochi di lingua:
le rime, anagrammi,
sciarade, perfino
gli acrostici.

Sogno una donna
dagli occhi
significativi:
con pochi aggettivi,
più verbi che articoli.

Sogno, e nel sogno
che sogno
c'è un sacco di spazio
per giochi,
anche stupidi.

Sogno, e se questa
non è la realtà,
so benissimo
che non verrà:
ma voi non svegliatemi.

mercoledì 15 novembre 2006

Ero Eros

Ero Eros
quando correvo con gli occhi
sui tuoi corti capelli
biondi.

Eri Eros
quando sfioravi con la voce
le corde dell'anima
suadente.

Eros eravamo
nei pomeriggi d'estate
dopo mangiato, sul letto
bollente.

Ora rimane quel segno,
come rossa cicatrice
dei sensi
dormienti.

martedì 14 novembre 2006

Dolce letargo

Quanta pioggia
sui miei occhi,
quanto freddo
dentro al cuore,
quanta neve
sui capelli
e sulla barba
a nascondere
il mio amore.

Scendo nella tana
e mi addormento:
dolce letargo
che mi sogna dentro.

giovedì 9 novembre 2006

la nebbia nel cuore

ho la nebbia nel cuore
che mi annega parole,
sentimenti,
ora spenti

il sorriso del sole
mi riscalda parole,
e riprendo,
e riprendi:

non c'è nebbia nel cuore
non c'è dubbio in amore
e se perdi la strada ...
basta un "navigatore"

dedicata ad un'amica ... del cuore

giovedì 2 novembre 2006

In vitro

Sotto il vetrino di questo microscopio
crescono virus per un Nuovo Mondo:
tutto è perduto, se forse fu trovato,
tutto è cambiato, restando sempre uguale.

Quanto fa male restare a piedi uniti
a contemplare evoluzioni pallide
e nuove aurore boreali e australi
che sfuggono al controllo generale.

Restiamo immobili qui, nella corrente
che illude la gran parte della gente.

venerdì 27 ottobre 2006

Luce tagliente del tramonto

Luce tagliente del tramonto
che spezzi palazzi,
che passi e strapazzi
pensieri di oggi,
speranze di ieri:
rimandami l'ora legale
di quando era bene, era male,
di quando era ancora possibile
amare o forse
soltanto sperare.

Passata la soglia,
rimane quel grigio,
quel vago ricordo
di gioia, di voglia:
residuo di un conto
sbirciato alla luce
di un altro tramonto.

sabato 21 ottobre 2006

Il bagno

Ti lasciavo il bagno libero, al mattino,
per non farti fare tardi.

Non amavo discutere con te
delle piccole cose di ogni giorno.

Ero sempre disponibile, un aiuto
non te l'ho mai negato, in ogni campo.

Non è stato sufficiente,
forse non era giusto
quell'amore che volevi.

giovedì 19 ottobre 2006

Piacere

Con labbra ardenti
affonderò
le labbra tue
nel gorgo del piacere.

Dimenticando pene
penetrerò
le tue profondità
accoglienti.

Insieme danzeremo
l'eterno tango
focoso
degli amanti.

domenica 15 ottobre 2006

Sabatomattina

In mezzo ai rumori di una solitudine voluta,
tengo lontani sentimenti e battiti:
non più, mio cuore,
permetterò che possa illuderti la vita,
farti volare in alto
lasciandoti cadere all'improvviso.

Giocattolo degli altri non sarai,
non sarò più, lo giuro.
Sordo egoista m'improvviserò,
nulla è dovuto, nulla pagherò in contanti,
dopo tanti conti saldati troppo in fretta.

Chi viene, chi torna, chi per nuove strade
condurrà il destino avanti a questi occhi:
tutti e tutto saprò tener lontano da te,
unico tesoro, motore immobile del mio tempo strano,
folletto saltellante che mi porto dentro: cuore.

Altri sapran parlar d'amore,
altri di altrui faran le mosse che nascondono
inconfessabili destini e voglie:
non coinvolgetemi in queste ipocrisie,
non me, non più.

Ho creduto in quello che vedevo
e non ho visto quello che nascondevate.
Non me ne pento, ma non pretendete
da me allegria, gioia e sollazzo,
dopo che avete riempito d'inganni
e furti questo mio vivere,
e avete rotto il cazzo.

Come vedete resto,
seduto come un mendicante,
su questo marciapiede
sporco e maleodorante.
Non chiedo carità,
non voglio pasti caldi
né ricovero la notte:
ormai so sopravvivere
a insulti, sputi e botte.

Lamento i miei malanni,
e i miei lamenti saran per voi
maledizioni che dureranno anni.
E i secoli a seguire non sapranno
di che morte fui capace di morire,
senza perder coscienza,
ad occhi aperti.

Lascio tutto me stesso al mondo,
che non saprà che farsene,
di questo folle non-banale attore
passato in questa vita
soltanto col suo cuore.

venerdì 13 ottobre 2006

Il Sapore del Tempo

Scivolo
da un lunedì all'altro,
appeso al suono
di una sveglia arcigna.

Ogni suono mi parla,
entra nel sonno,
mi tortura e fugge,
lasciandomi incosciente.

Giro e rigiro
vorticosamente,
criceto nella giostra,
finché alla fine
arriverò a quel punto.

Assaporo i silenzi.

lunedì 9 ottobre 2006

Essere e Avere

Nulla di ciò che "abbiamo"
ci appartiene.
Meno che mai
la nostra vita stessa.

sabato 7 ottobre 2006

Chiara non sa - parte terza

Era uscita un momento sul balcone, a prendere qualcosa. "Chiara non sa" pensò all'improvviso. Ma erano davvero tante le cose che Chiara non sapeva, che non poteva sapere. E ancora di più quelle che lei non le avrebbe mai detto. Mai. Le venne da ridere, pensando a quel suo amico lontano che considerava prive di significato quelle due parole: "mai" e "sempre". Chissà quante volte aveva sentito frasi come "non ci lasceremo mai" o "sei mia per sempre". Ma quella volta ... Non fu una sola volta: in quel periodo si sentiva come abbandonata, poteva contare i minuti della sua vita che scorrevano via trascinandola lontano dal suo sogno. Non era un sogno qualsiasi, il suo: era un Grande Sogno. Non erano soldi, successo, lunga vita, felicità. Certo, la felicità arrivava di conseguenza. Tutto il resto tornava comodo, ma non era quello. Per una volta riuscì a ripeterselo: il suo Grande Sogno era di avere una bambina. Una figlia, e poi magari un figlio. Non sapeva spiegarsene i motivi, ma che motivi bisogna arrivare a spiegare per avere un sogno ? E dopo, quegli uomini conosciuti per breve tempo, anzi sconosciuti ... non fu premeditazione. Non ricordava neanche esattamente quanti erano stati. Nebbia fitta. A parte essere svenuta qualche tempo dopo in quel parcheggio del supermercato.

Se Chiara le avesse chiesto ... già, prima o poi le avrebbe chiesto: si sa, a scuola, gli altri bambini sono curiosi, a volte crudeli. "Mamma, chi è mio padre ? E dove sta adesso ? Perché non vive con noi ?". Tutte domande a cui non avrebbe saputo rispondere. Tutta colpa di un sogno.

"Mamma, posso giocare col Lego ?". La vita quotidiana pone altre domande. "Non adesso, Chiara: è quasi ora di cena. Vai a lavarti le mani, che fra poco si mangia".

venerdì 6 ottobre 2006

Lupo solitario

"Sei un asociale !".

L'hai detto come fosse una colpa: per me non è un difetto. Chissà come mai gli "altri" pretendono di trovare sempre una giustificazione ai loro comportamenti, al loro modo di essere, mentre io dovrei sentirmi costantemente e ripetutamente in colpa.

Peccato che non lo faccio: difetti ne ho tanti, ma "colpe" non credo di averne molte. Arrangiatevi. Sono nato in mezzo a qualche miliardo di altri esseri umani, ma non l'ho mica scelto. Senza gli "altri" non potrei fare la vita che faccio ? Chissà, forse potrei farne una migliore. Sicuramente sarebbe diversa. Vorrei avere la possibilità di provarla, la prossima volta.

Ma quale prossima volta, non prendiamoci in giro ! Le "volte" di cui possiamo essere coscienti sono ... una soltanto ! Malgrado quanto vadano affermando tutti i grandi esperti dell'aldilà. E questo genera tutto il bene e il male del mondo. C'è chi "fa il santo", per alleviare le sofferenze del vivere all'umanità o parte di essa. C'è chi si comporta da edonista-egoista, cercando solo di trarre il massimo per sé stesso, di solito a scapito della restante parte di umanità o di gran parte di essa.

A questo punto, molto meglio essere "asociale", no ?

giovedì 5 ottobre 2006

Aspettando

Viviamo come treni
lanciati all'impazzata
lungo binari morti
aspettando
lo schianto.

venerdì 29 settembre 2006

Cielo

"Some dance to remember, some dance to forget."

Quel frammento di cielo
stretto fra i grattacieli,
mi ricorda quel vento
quel profumo di ieri:
ero appena arrivato
o neanche partito,
ero caldo, gelato,
ero senza vestito.

Non esistono labbra
per parlare di noi,
non esistono palpebre
da bagnare se vuoi:
ogni bel sentimento
si trasforma in canzone
e si perde nel vento
come quell'aquilone.

Nei frammenti di cielo,
stretto fra grattacieli
mi respiro quel vento
e i ricordi di ieri.

martedì 26 settembre 2006

Ri(n)tocchi

Teatro, a volte
in-co-mu-ni-ca-bi-le:
scorrono personaggi,
cambiano le scene
e tutto sembra
ancora una volta
uguale.

Non c'è fine
al vivere banale.

Commedie degli equivoci,
strane incomprensibili
tragedie:
tutto arriva o ritorna,
tutto si allontana
come rintocchi
di una vecchia campana.

lunedì 25 settembre 2006

Un altro passo ...

Ancora una volta
mi coinvolgi, vita,
in quel tuo gioco di bambole
e ballerine volanti,
nani sui trampoli
e circo-stanze,
belve senza domatori,
tende, piste
e rientranze
a togliermi il respiro:
e mi fa male il cuore.

sabato 23 settembre 2006

Eterna / Eterea

Eterna
ci sembra
la nostra esistenza,
finché non arriva
qualcosa
a fermarne la corsa.

È terna
di amici o di amiche
che spesso accompagnano
il nostro procedere
rapido, lento.

E presto
svanisce
la mera apparenza,
rivela la vera natura sua:
eterea.

domenica 10 settembre 2006

Essenza

L'assenza,
dovuta o forzata.
non cambia
l'essenza
di questa giornata.

E senza
le voci che ormai
considero amiche
procedo, sapendo
che restano.

Essenza.

martedì 29 agosto 2006

Dolce magia

Come una dolce magia
arriva a me la tua voce
a trasportarmi profumi,
atmosfere, sogni o fantasie,
tutte cose che il cuore non dice
ma fra le parole tradisce.

Strana la nostra amicizia
calda e cristallina delizia,
come un fragile fiore,
incantesimo ormai senza tempo.

Tutto a posto, tranquillo, normale,
tutto così eccezionale,
di una bellezza che dona sé stessa,
di una continua emozione.

A trasportarmi profumi,
atmosfere di sogno e fantasia
arriva così la tua voce
come una dolce magia.

Il Problema

E se sapessi
quale strada prendere
non starei qui a parlarne,
interrogativi non avrei.

La soluzione ce l'ho,
ma quale problema la richiede ?
Questo non so.

lunedì 28 agosto 2006

Altro colore

Non poco mi pesa, sai
questa distanza
con te che non mi sei distante:
sapere delle tue difficoltà
senza poter lenire quel dolore.

Il mio tramonto assume
altro colore, quando penso
che di croci se ne portano
più in vita,
e non si muore.

Ed è silenzio, il mio
per non ferire,
per non dimenticare
gli occhi che guardai
e mi guardarono
così, senza parlare.

venerdì 25 agosto 2006

Polvere

D'improvviso un pensiero arrivò a rendere più chiaro il suo pensiero: "Non sai come ora, in questo momento, avrei bisogno delle tue parole, di quelle parole che sembrano mie, perché nascono in te, mia anima gemella".

Considerava vari aspetti del suo essere qui-ed-ora, di come poteva esserci arrivato, di come ne sarebbe uscito, ma soprattutto di come si sentiva nel presente. Perché aveva imparato che i sogni vivono nel futuro, i rimpianti nel passato, ma nulla è più importante della vita presente, se non si pone come obiettivo ma come realtà: l'unica che esiste, effimera, nel suo qui-ed-ora.

Pensò di nuovo una delle poche cose di cui era veramente convinto: "Sono un cattivo compratore, e un pessimo venditore. Compro per necessità, e vendo per errore e comunque senza accorgermene. Anche me stesso. E quelli che credono di avermi "comprato", restano feriti e delusi quando scoprono che non sono disponibile a diventare proprietà di chiunque altro. Non mi adatto, vado dritto per la mia strada. Sbaglio, a volte, e i miei sbagli li pago in contanti".

Pensò che era di nuovo tempo di ricominciare da capo. Mise i rimpianti nel solito baule, si scrollò di dosso la polvere e ...

mercoledì 23 agosto 2006

Il Mostro

Il mondo mi assale.
La vita consuma
non solo parole.

Rimango, resito,
mi attacco coi denti,
mi spacco le unghie,
ma gli occhi piangenti
non svelo,
in pasto al terribile Mostro
non svendo.

Esposto o nascosto
rimango, resisto.
Soltanto un minuto
più a lungo del Mostro.

venerdì 18 agosto 2006

Il dono

Ti lascio un pensiero,

non parole

e tutto il mio cuore.

mercoledì 9 agosto 2006

A prestissimo ...




Al momento sto un po' impicciato ...

giovedì 3 agosto 2006

Memorie

Quando ero ragazzo i telefoni erano brutti, e neri, e avevano un disco con 10 buchi numerati da 0 a 9 che dovevi far girare col dito, e avevano un filo che finiva dentro al muro, in una borchia nera, e la cornetta era nera anch'essa, e pesante, e aveva due "cosi" che si potevano svitare e saltava fuori una pasticcona metallica piena di carbone nero. La suoneria faceva solo "driiiinn". Il segnale di "libero" era: "tu-tuuuu" e occupato faceva "tu-tu-tu-tu". E la teleselezione (telefonare "col prefisso") era un lusso di pochi.


Marco ed io, dopo pranzo, stavamo al telefono per ore (costava 1 solo "scatto" !) a raccontarci le cose di scuola, a spiegarci i compiti e tutto il resto. Quando eravamo stufi, ci davamo appuntamento da me, al capolinea dell'81 o sotto casa sua e attraversavamo Roma a piedi. In centro c'erano tante macchine, almeno così ci sembrava. Il gelato da Giolitti era buono, anche se un po' caro. Passando a Fontana di Trevi bevevamo un po' d'acqua, immersi fra i turisti americani: di giapponesi nemmeno l'ombra. I borseggiatori intorno alla Stazione erano tutti italiani, e non correvamo il rischio di incontrare spacciatori. La pizza a taglio si comprava in una rosticceria vicino a Piazza Vittorio, e poi facevamo quello scherzo stupido di fermarci in due o tre a guardare verso un punto di un cornicione, indicando con la mano e aspettando che si radunasse una piccola folla di curiosi: poi andavamo via e ripassavamo dopo un'oretta, trovando ancora qualcuno che discuteva cercando di capire da quale piano si sarebbe buttato il suicida.


Avevamo la tessera del tram (gratis per gli studenti, per una linea) e coprendo un numero, con la tessera del 38 prendevamo anche il 3 e l'8 (Marco). Io con quella del 14 prendevo anche il 4.


Le case erano quasi tutte in affitto, e spesso dovevamo cambiare casa perché l'affitto era diventato troppo alto. Siccome la nostra casa era piccola, io dormivo nel tinello, però il letto era dal verso sbagliato e il comodino era da piedi. La mattina dalla finestra filtrava il sole e mi svegliavo senza l'odioso suono della sveglia. I miei pelouches tutti spelacchiati mi facevano la guardia dalle mensoline: la scimmietta Tyco, l'orsetta Bubba e poi non ricordo gli altri nomi, ma le facce sì.


Quando arrivava giugno ero triste perché l'estate rimanevo più solo del normale, finita la scuola. Andavo nel giardinetto condominiale a veder correre le formiche da una buca all'altra. A volte ne schiacciavo alcune, e poi pensavo: io per loro sono come le catastrofi naturali immense e imprevedibili. Io sono dio e loro forse mi temono.


A settembre guardavo dal balcone due cani che si rincorrevano e poi montavano uno sopra l'altro: sempre lo stesso sopra l'altro, poi quel cane si agitava ritmicamente e alla fine arrivava mia madre a chiamarmi che era pronta la cena.


Di notte facevo un sacco di sogni, a volte incubi, qualcuno ricorrente: fuga in ascensore, che poi si trasformava in trenino e correva sui palazzi. Altre volte invece mi alzavo da terra come fanno nei cartoni animati e volteggiavo a mezz'aria a gran velocità. Diverse volte sono caduto dal letto: meno male che era basso.


Anche allora avevo paura della morte, ma poi pensavo: se mi va bene, verrà fra tanto tempo, ci penserò quando sarà il momento. E tornavo a fare il ragazzo. Del buio invece non ho mai smesso di avere paura: la situazione peggiore è un garage solitario di notte, con la luce a tempo, che improvvisamente si spegne. Dev'essere come la morte.

martedì 1 agosto 2006

Nonostante

Nessuno circonda

l'impassibile assenza,

né ombra, né onda.


Si piega

la voglia di vento

al muto scontento.


E poi nonostante

rimango.

mercoledì 26 luglio 2006

Sogno d'estate

Quando sembra

di toccarsi

è già il momento:


andare via come

comete nello spazio.


E resta qualche goccia

di sudore

sulla pelle.

lunedì 24 luglio 2006

Gite estive nel pensiero anarchico

Escursioni

a volte

termiche,

stati

della mente,

ingovernabili.

venerdì 21 luglio 2006

Principessa

Principessa dei miei sogni

sono io ed ero io,

brillante nel sole,

invisibile sotto la pioggia:

posso trovarmi al solito posto,

quando mi cerco.


A volte vado, corro, non so:

aria calda, ora più fredda

corre intorno a me.


Mi consola

sapermi

intero.


Tra spirito e cuore c'è un'enorme differenza

Il primo se lo perdi lo ritrovi...l'altro no! (T.Ferro)

mercoledì 19 luglio 2006

Sinapsi

Zac - zac !

Si scarica il neurone

addosso al suo fratello

lì vicino.


Grr ...

Riprende eccitazione,

aspetta e poi:

zac - zac !


Quante meccaniche celesti

servono a fare in modo

che le mie passioni

restino in bilico

fra l'anima ed il nulla,

fra la materia

e questa eterna culla

di sensi, di pensieri,

di emozioni ...


Zitti ! Arriva la Regina

che tutti sottomette

e a tutti pone un limite:


l'Immaginazione !

martedì 18 luglio 2006

Lievemente

Con passo lieve

e con movenze accorte,

tu danzi nello spazio

fra i sentimenti e l'anima.


Seguendo la tua musica

che solo tu ricevi,

restituisci gocce

d'armonia e di pace.


Ogni tuo passo

è sogno d'Universo,

e lievemente illumini

i tuoi contorni magici.


lunedì 17 luglio 2006

Sono

Lascia stare tutto quello che non vedi

È inutile fissarsi

Andare con lo sguardo oltre le montagne

Del quadro che hai davanti

Se vuoi vittoria avrai vittoria

Se vuoi sconfitta avrai sconfitta

Ma poi destino e naftalina, mai

Non chiuderlo in soffitta


Sono ciò che vedo, che sento, che vivo.

Sono i ricordi di ieri, le emozioni di oggi, le speranze di domani.

Sono: l'unica certezza della mia vita.

sabato 15 luglio 2006

A un altro tavolo

Strana davvero

la memoria,

quella dei sentimenti

soprattutto.


Quando le ferite

si richiudono,

quando alla fine

smetto di chiedermi

perché,

perché non hai voluto,


all'improvviso

non esisti più,

all'improvviso

sei svanita,

come se

non fossi mai

esistita.


L'amore è un gioco,

e tu giocavi

a un altro tavolo.


Strana davvero

la memoria,

strana ma onesta.

venerdì 14 luglio 2006

Ovunque in nessun posto

Come l'aria,

non-sono ovunque,

in nessun posto

sono.


Come il fuoco,

etereo, immateriale,

impenetrabile

vado.

giovedì 13 luglio 2006

Fiammata

Fiammata di un cerino,

la vita di ognuno

si consuma

fra inutili cattiverie

e beffe della mente.

lunedì 10 luglio 2006

Nudo

Canto sopra una cetra

muta di pianto

e volgo lo sguardo

altrove.


Danzo impossibili

giri di giostra

e venero

mostri di cera,

affacciato alla finestra.


Questo teatrino attende

il suo pubblico

ogni sera

ogni giorno

ogni minuto.


Cerco i miei panni

e resto ancora

nudo.

venerdì 7 luglio 2006

Da consumarsi preferibilmente ...

Non si può mettere da parte il tempo che ci avanza e utilizzarlo quando ci serve.


Con questo pensiero in testa, camminava con i pugni in tasca, non sapendo che pensare. Tutta una vita passata ad aspettare: aspettare di diventare grande, per poter fare quello che gli sarebbe piaciuto fare; aspettare un lavoro decente, per non avere problemi di sopravvivenza; aspettare un amore ... quello poi !


Non sapeva mettersi in relazione con gli altri, o meglio lasciava che le cose accadessero, senza curarsi di modificarne il corso, se non riguardavano lui stesso in prima persona.


Aprì il frigorifero, prese la busta del latte: era scaduto. Versò il contenuto nel lavandino. Si sentì improvvisamente scaduto senza essere stato consumato.


Avrebbe voluto sparire anche lui nello scarico del lavandino, come il latte.

giovedì 6 luglio 2006

Poesie d'amore

Non so più scrivere poesie d'amore.


Che sindrome sarà ? "Mania del disamore" ? "Ossessione anti-sentimentale" ? O più semplicemente: mancanza d'ispirazione.


Perché per scrivere, intendo qualcosa che dia piacere a essere letto, non dico a tutti ma almeno a qualcuno, per scrivere dicevo serve qualcosa di prezioso, e raro, e concupito da chi vorrebbe veramente "scrivere": cioè, l'ispirazione. Quel sottile senso di follia creativa, che arriva all'improvviso, spesso nei momenti meno opportuni, praticamente parlando.


A me succede spesso quando sono arrabbiato o profondamente triste. Anche quando sono davvero felice, se mai lo fossi.


Negato l'amore nel presente, negato perfino al mio passato, di quale amore potrei ancora scrivere ? Di quello forse che mi porto dentro, di quello che credevo di saper distribuire al mondo, incurante del suo scherno, degli strali e dell'avversa sorte ? Vedrai che non esiste, alla fine, questo amore di cui tanti poeti parlano. Cuori infiammati, meglio curarli in cardiologia. Lacrime amare, meglio lavarle subito con acqua tiepida. Petti squarciati: affare da pronto soccorso. Senza l'amato bene manca il respiro ? Presto, una bombola di ossigeno.


Per chi dovrei poi scriverle, queste benedette poesie d'amore ? Mi siedo e aspetto. Non arriverà nessuna.

Grigie nubi

Grigie nubi parlate

con frasi a goccia:

ma sopra di voi

libero il cielo

azzurro splende

e non si stanca

di volermi bene.


Ed io rinasco

in un respiro.

lunedì 3 luglio 2006

Mai sazio

Non è mai sazio il mio andare: procedo fra rovi e spine invisibili, graffi sulla mia pelle che di serpente non ha la scorza, ma vulnerabile si volge, e sanguina. E di gengive rosse, e del sapore ferruginoso di denti stretti giorno e notte mi nutro. La testa sempre alta, in avanti, a cercare l'impatto coi muri di fango e pietra, coi muri di cemento, con le impossibili chimere senza tempo.

Non è mai stanco il mio piede, e la gamba che lo spinge, e i chilometri a macinare stelle e raggi di sole all'improvviso, ed orizzonti, e mare. Ancora non si sa, ancora andare.

Un sorriso mi ferma, una carezza innocente di bimba, solo per un istante. Distante è la tenerezza, sognata e poco o niente avuta o data.

Un grido di gabbiano, un volo d'aquila, di mare e montagna uniscono il ricordo, di gallerie, di corse sulla spiaggia, di provvidi tramonti colorati, di brezze respirate, solo, ad abbracciar me stesso.

Un dolore, o forse un desiderio, come una sciatica del cuore, da portarsi dentro, e non lo so come si vive, e non ho voglia di impararlo adesso.

Dieci anni per volta, volano e non tornano: dieci, vent'anni fa', trent'anni, ed oltre. Stende la coltre di polvere il passaggio. Sbiadiscono i volti, le emozioni restano.

Egoistico pegno di un prestito mai restituito.

Passato, presente ...

Passato

Che si gioca per vincere e chi vince è perduto

Con una chiave ed un numero in mano

Tutta la notte aspettare un saluto

E a pensare: “ti amo”


Sembrava non sarebbe mai finito,

non doveva cadere nel macinatoio del passato.

Sembrava fuoco nel fuoco,

e per un po' lo è stato.

Presente

Chi raccoglie conchiglie dopo la mareggiata

E il cielo è ancora scuro, ma la notte è passata

E macina la sabbia dentro i mulini a vento

E che non ha mai fretta e che non ha mai tempo


Ora mi osservo l'orizzonte

del mare e delle onde,

e sento il canto delle sirene

dietro le spalle

e non di fronte.

Futuro

Futuro lontano che avanzi

a grandi passi,

ti avvicini e non guardi:

non ti interessa che io passi.

martedì 27 giugno 2006

L'Ultimo Desiderio

Vorrei morire

amandoti ancora.

venerdì 23 giugno 2006

Scivola

Si accende il sole

e scivola in silenzio

su una lama affilata di dolore.

mercoledì 21 giugno 2006

Sogno

Sogno una donna

senza paura,

che arrivi a sigillarmi

le labbra con le sue.


Sogno una donna

che non mi chieda

da dove vengo,

che sia curiosa

e attenta e piena

di fantasia.


Sogno una donna

matura e calma,

sicura, serena,

poco terrena.


Sogno una donna

che lanci un dardo

per far volare

le nostre anime,

in alto, nel cielo

più bello del cielo.


Sogno e mi basta

il mio sogno.

lunedì 19 giugno 2006

Così è, se vi pare

Non c'è niente da fare - pensava - bisogna mettersi l'anima in pace: ognuno ama a modo suo. C'è chi sente l'amore principalmente a livello fisico, ormonale. C'è chi ama le situazioni, le relazioni che si vengono a creare. C'è chi ama quasi esclusivamente "di testa".


E in tutta questa varietà sentimentale risulta infinitamente difficile che s'incontrino due che hanno lo stesso modo di amare. Ancora più difficile che s'innamorino, dopo essersi incontrati: può esserci qualche intoppo, magari qualche situazione importante, oppure semplicemente il caso avverso.


Non deve meravigliare quindi che molte persone chiamino "amore" un sentimento qualsiasi, trovato nel corso della vita e mantenuto perché non c'era niente di meglio.


Né deve sorprendere che qualcun altro, magari estremamente coerente e sincero con sé stesso, arrivi ad una certa età, e improvvisamente veda davanti agli occhi questo pensiero: ma il mio amore quando arriva ?

venerdì 16 giugno 2006

Ogni suo battito

Mi abbandono

a questo andare,

ma le redini del cuore,

quelle no:

le tengo strette,

e controllo

ogni suo battito.

mercoledì 14 giugno 2006

Il caleidoscopio




Guardavi curiosa

nel caleidoscopio

le immagini tutte a colori

cangianti, girando

l'effimero gioco

fra le tue mani:

ed io ti ammiravo

tacendo.


Miracoli della memoria,

stagioni del cuore

che a volte ritornano.


Alla mia Anima Gemella ritrovata

martedì 13 giugno 2006

Cammino

Tac, toc.

Tac, toc.


Silenzio--samente

cammino

su quel marciapiede.


Tac, toc.

I passi del cuore

risuonano

un po' troppo svelti.


Toc.

Si fermano, a volte

a guardare:

trattengo il respiro.


Ti-toc, ti-tac,

toc, toc, toc.

Asimmetrico

imprevedibile

battito.

lunedì 12 giugno 2006

Colonna sonora

O come un ladro da quattro soldi

lo butti giù per le scale

perché nel buio non l'avevi visto

ma lo sentivi respirare,

e ti teneva sveglia per ore….

Perché nel buio non lo volevi,

ma ti teneva sveglia per ore…


Regina del tempo

della sabbia e del vetro

della fine di tutti i numeri

e dell'inizio dell'alfabeto,

dimmelo adesso, dimmelo ora

dove posso lasciare il vestito

come posso asciugare la pioggia

che bagna il tappeto.





Correvo incontro a quelle maestose montagne, correvo in quella stupenda mattina di marzo, o forse era aprile. Avevo negli occhi e nel sangue la bella impazienza di chi corre incontro alla vita. Avevo nel cuore la strana inquietudine di un giorno che sembra speciale, di un'eco d'amore.

Nelle orecchie avevo la colonna sonora di chi in queste cose ci crede, di chi non perde la fede che un giorno la vita ci possa portare più in alto, là dove ogni cosa risplende, là dove ogni salto è un salto di gioia ...

E infatti bucai le montagne, e scesi giù al mare: la Ninfa Regina negli occhi, per non molto tempo, negli occhi mi spinsi a guardare. Ero là, era là, quel giorno eravamo nel sole.

Colonna sonora di un giorno, sonora per sempre, che si lascia ascoltare, per chi vuole ancora ascoltare.

(29/03/2006)

venerdì 9 giugno 2006

Sole

Splende un sole

anche quando

nessuno lo vuole.


Scaldano i pensieri

l'anima più segreta

senza bisogno di parole.


Chi vuole entrare entri

da questa porta sempre aperta

che molti hanno paura

di varcare.


Sorridendo, tranquillamente

aspetto.

giovedì 8 giugno 2006

Ti ho visto

Ti ho visto tornare

diverso da com'eri partito:


follie indescrivibili

ti hanno portato

là dove neanche sapevi

che saresti mai andato.


Un attimo solo

un fetido istante

ha fatto di te

un eroe nonostante.


Ti ho visto passare

veloce in quell'auto,

nella gelida bara,

sotto quel tricolore:

espressione soltanto di orrore.


(al c.m. A.Pibiri, morto per una guerra non sua, né di nessuno)

mercoledì 7 giugno 2006

Tutto e nulla

Ho perso tutto. Non mi manca nulla.


Se guardo indietro, posso sentire il fragore dei rimpianti: lavoro, affetti, denaro, senso della vita ... e tanto altro.


Però non mi manca nulla, neanche i miei desideri. Sono vivo. Penso. Mi sento immerso nella Natura e ci sto bene. Soffro ? La sofferenza è solo la consapevolezza di non essere dove si vorrebbe. Chi mai è dove vorrebbe essere ? Diventare incosciente per non soffrire: mai.


Mi piace muovermi e fermarmi a piacimento, non a comando. Quante scelte ho compiuto semplicemente per smentire facili previsioni su di me ! Stupire. Distruggere la banalità. A costo della vita, della mia vita.


Testardaggine, quante volte additata come il mio maggior difetto: indomabile come un cavallo pazzo. Come un cavallo. E quella mania di scrivere, spesso senza usare i verbi. Azione, compromesso del Pensiero. Sconfitta della Mente a vantaggio del Corpo. Anima ridotta in Materia.


Tutto si può immaginare con la fantasia, e il contrario di tutto. Pochissimo si può fare, ancora meno si può sperimentare direttamente. La vita è una meteora, troppo breve per essere significativa, troppo lunga per essere innocua a sé stessi. La Vita è un esperimento che un dio bambino ha fatto con la scatola del suo "Piccolo Chimico". La Coscienza, l'Anima invece ... potessero almeno esistere senza molecole organiche, carbonio, ossigeno, fosforo. Ignoranza e buio totale, strutturale.


Posso vedere i confini del Mondo, dal Big Bang al Buco Nero che ci inghiottirà di nuovo: mi dà un certo fastidio pensare che sarò costretto di nuovo a condividere un punto dello Spazio con altri. E che, peggio ancora, l'ho già fatto, chissà quanto tempo fa'.


Niente posso perdere, perché niente mi appartiene.






Queste parole sono state ritrovate, scritte con inchiostro blu, su un foglietto di quaderno accanto al cadavere di un uomo sulla cinquantina, deceduto per cause ancora sconosciute: si sospetta il suicidio, anche se non si esclude la morte naturale. L'autopsia forse chiarirà il mistero.

martedì 6 giugno 2006

Anima e corpo

Esiste una difficoltà oggettiva nel definire il concetto di "anima": o meglio, ognuno si forma un suo proprio concetto, e la maggior parte di quanto è stato scritto in Filosofia discende dai continui equivoci su questo argomento.


Viceversa, mi sembra abbastanza facile definire che cosa appartiene alla sfera del "corpo", e del corpo umano in particolare: a partire dalle esperienze sensoriali si può elencare tutto ciò che è "fisico", o che almeno tale ci appare attraverso l'esperienza. Nel mondo corporeo non esiste l'impossibile: se qualcosa esiste è perché sappiamo che esiste, perché l'abbiamo direttamente sperimentata almeno una volta. Certo, esistono "cose" che possono essere immaginate, oppure percepite attraverso ausili tecnologici come la televisione o internet: queste, comunque possono essere ridotte ad esperienze corporee, come trasposizione fra gli oggetti originari (una sedia, una guerra) e la rappresentazione di tali oggetti (il disegno di una sedia, il servizio televisivo che parla di una guerra).


Esistono al contrario esperienze umane (e quanto siano umane non ho bisogno di sottolinearlo) che esulano completamente dalla sfera materiale e coprorea: parlo di mondi puramente immaginari e "impossibili", parlo di sentimenti (la maggior parte dei sentimenti sono impraticabili nella realtà, nella loro forma originaria). Un'Utopia è la creazione di una "realtà" assolutamente irreale: così come un amore impossibile (veramente impossibile, non semplicemente "non corrisposto").

lunedì 5 giugno 2006

Pessimismo

Quindi lei non è pessimista ?
Non apertamente. Un po' devo esserlo, se voglio scrivere poesie, perché è molto più facile parlare in maniera efficace dell'infelicità, dell'abbandono, della fine degli amori ... (Roald Hoffmann - Premio Nobel per la Chimica 1981)


Si fa presto a dire "pessimista": la vita porta ciascuno di noi ad essere in un modo o nell'altro. In questo mondo "liquido", pieno di materia che riempie il vuoto o che cerca selvaggiamente di riempirlo, si fa una certa fatica a rimanere "solidi". Bisogna continuamente difendersi su tutti i fronti: personale, professionale, occasionale, perfino affettivo.

Ma, alla fine dei conti, ne vale la pena.

giovedì 1 giugno 2006

Usa-e-getta

Accendi la tua sigaretta.


Così volevi accendermi

ignorando i sentimenti.

Non sono un uomo usa-e-getta.


Accendi un'altra sigaretta.

martedì 30 maggio 2006

Cercando

Si corre,

si scorre,

ma niente

ci dice

la vita

felice

dov'era,

dov'è.


Se dentro

di me

risuona

il silenzio,

se fuori

rimbalzan

rumori,

la vita

continua,

perpetua

mattina

di un giorno

ormai spento.


Cercando,

ritento.

sabato 27 maggio 2006

La casa dei miei versi

Non sono un senzatetto,

ho un posto dove scrivere i miei versi,

so dove li metto.


Forse saranno strani,

forse saranno brutti:

ma non chiedo l'applauso di tutti.


Chiedo un po' d'attenzione,

pretendo rispetto:

condivido battiti del petto.


Ma gli ipocriti no,

stiano lontani:

facciano di sé stessi i menagrami.


Finché si scherza è gioco,

ma ogni bambino sa

che in ogni gioco è intrisa

massima serietà.

mercoledì 24 maggio 2006

Delirio urbano

Sembra che il mondo là fuori sia improvvisamente diventato familiare. Capovolge bene le immagini, il cervello. Oh sì, ha imparato a farlo a poche settimane dalla nascita: sù, giù, oplà.


Panorama urbano: palazzi, strade, macchine.


Perché mi trovo in questo posto ? Dove sto andando ? Qualcosa ronza nella testa: parole, un linguaggio, frammenti di discorsi scivolati via come acqua sul marmo di quelle statue che ho ammirato, molte volte, nelle piazze del centro. Monumenti all'effimero. Ogni notte porta via la realtà circostante, ogni mattina ne costruisce una nuova, identica. Finché.


Ci sono giorni dispari, o forse ce n'è uno solo all'inizio e un altro alla fine. Non tutto è comprensibile, anzi quasi nulla. Nei rimanenti giorni pari si cerca di restare in pari con la vita: uno a me, uno a te. Il gioco si ripete, uguale, immutabile. Non se ne conoscono le regole. Comprendere: può farlo solo un contenitore. Bisognerebbe aver definito i confini, i limiti. L'inarrivabile infinito è sempre là, in agguato, con la sua trappola mortale: non si lascia comprendere.


Fuggire. Da "qui" a dove ? Vita mimetica. Nascondersi in ciò che sta intorno. Intorno vuol dire confini, frontiere, di nuovo limiti, infiniti spazi finiti incompatibili fra loro.


Dentro, fuori. Da che ? Da chi ? Osservo le mie mani, osservo le parole che si compongono sotto le mie mani, ma non osservo nulla. Fuori, dentro. C'è separazione o contatto ? Continuità o spazio vuoto ? Causa, effetto. Chi o che cosa ha causato "me" ? Che cosa ho causato nel mondo ? Fin troppo, fin troppo ! Smetto di respirare. Sento il battito del cuore. Chiudo gli occhi. Non posso chiudere le orecchie. I miei dolori sono ancora lì.


Come si cambia, come si resta uguali. In ogni caso, inutili. In ogni tempo dannosi a sé e agli altri. Quali altri ? Quelli proiettati dentro un sé che non sa bene dove collocarsi. Quello stesso sé proiettato fuori in mezzo agli altri, che nella migliore delle ipotesi non sanno che farsene.


E si fa sera.

lunedì 22 maggio 2006

Gelo-sia

La mia gelosia nasce dalla paura della privazione: come c'è differenza fra un bambino che piange perché vuole un giocattolo e uno che piange perché aveva un giocattolo e qualcuno gliel'ha tolto, io mi dispero perché ho paura che qualcuno o qualcosa mi tolga il sentimento che credo di aver conquistato.



Ricordo quando andava ancora tutto bene e lei mi diceva "Lo sai che quando tutto questo finirà, soffriremo", e mi prendeva il panico a pensare che sarebbe potuto finire, pensavo a quando sarebbe sicuramente finita la nostra storia mai cominciata, e mi prendeva un gelo dentro ... appunto: Gelo-sia !

sabato 20 maggio 2006

Anche se qualcuno dice che è finito

Ho fame. Ma non dei soliti crackers che mi avvelenano il pasto tutti i giorni della mia odiata dieta.

Ci vorrebbe qualche biscotto buono, no meglio la cioccolata.

Guardo nella dispensa, in cucina: quattro diversi pacchi di merendine. Guardo nell'armadio delle provviste, in salone: due pacchi di crackers (chiusi), altri pacchi di merendine, qualche triste caramella sciolta (in tutti i sensi).

Sul tavolo della cucina c'è un pacco di crackers, aperto. Ne prendo un paio e comincio a sgranocchiare. La lavastoviglie ha terminato il suo ciclo, con un rantolo. I letti sono ancora da rifare.

Si chiama matrimonio, anche se qualcuno dice che è finito. L'aspirapolvere può attendere.

giovedì 18 maggio 2006

Sole

Sole che asciughi

ogni traccia residua

di negative gocce,

sole che splendi

libero e sincero,

tu che scaldi

indistintamente

il giusto e l'ingiusto:

bevo la luce che doni.


Oso bucare il tuo cielo

guardandoti, in alto.


mercoledì 17 maggio 2006

Con i tuoi occhi verdi

Chissà come mi vedi

con i tuoi occhi verdi

quando chiedi e non dici,

quando ti do

tutto quel che ho.


Chissà se cambierai

crescendo,

chissà se scorderò

le notti insonni,

passate con te in braccio

per farti addormentare.


Ti ho vista nascere,

fragile novità

per niente attesa:

da allora molto amata,

adorata e difesa,

contrasto al mondo ostile.


Tu piccola, cresciuta

all'ombra del mio amore

stai pur sicura:

non scorderò

le notti insonni

ad insegnarti il nome:

"Papà".

lunedì 15 maggio 2006

Quando arriverai

Al mio amore, non ancora nato.


Quando arriverai, forse non ti vedrò. Reso cieco dagli sputi velenosi di chi credeva di avermi in pugno.


Quando arriverai, sentirò come un vento, forte, profumato, caldo. Ma non ti vedrò. Per paura di ferirti, e di ferirmi, farò finta di non aver sentito. Starò immobile, nella mia cecità, nascosto nel riflesso più accecante del sole, in questa città da Far West abbandonata alla polvere.


Mutilato di ogni sentimento, non avrò la forza di farne rinascere altri. Neanche per te che forse li meriteresti. Darò soddisfazione ai miei aguzzini, se ancora saranno capaci di provarne.


Fermo, immobile. Solo il vento e la polvere a graffiarmi gli occhi ormai inutili, perversi nella loro celeste fissità, non più specchio dell'anima, o forse ancora, ancor meglio.


Sudare, so farlo bene, anche da fermo. Ma non significa sentire. Fermerò il battito del mio cuore, lo fermerò per lunghissimi istanti. Nessuno potrà sentirlo.


Solo tu potresti forse sospettare che ancora vivo, ma non ti farò del male confessandotelo.


Quando arriverai, me ne sarò già andato. Troverai la mia sedia a dondolo, vuota.

Sogno nonostante

Vorrei dirti mille cose

semplicemente guardandoti negli occhi.

Vorrei ascoltare la tua voce,

scaldarmi il cuore alla tua bocca.

Vorrei restare ad ammirare il mare

che viene e va e resta sempre uguale.

Vorrei che tu ci fossi nonostante

la nebbia, il sole o il temporale.

sabato 13 maggio 2006

Porte

Ho chiuso molte porte alle mie spalle:
ricordo, a volte rimpiango, ma non torno.


Ho sorpreso, deluso, contrariato
chi mi credeva definitivamente conquistato
senza curarsi dell'anima che ho dentro,
senza chiedersi quello che davvero sento.


Ho tagliato molti ponti sugli abissi:
c'erano orrori, errori ed altri mostri.


Ho avuto oro, gloria, castelli e principesse:
niente che fosse degno veramente
delle battaglie, delle mie ferite,
niente e nessuno con cui deporre l'armatura.


Adesso vado, non ho più paura
neanche del buio che mi sta aspettando.

lunedì 8 maggio 2006

La bella addormentata nel parcheggio - capitolo 2

Non avrebbe mai ritenuto la bambina colpevole della sua infelicità: aveva inseguito quel sogno per lunghi anni della sua vita, e quando in quel prontosoccorso le avevano detto che ... Quando, protetta solo da un bianco separè da prontosoccorso, il medico (era giovane, e sorrideva) le aveva detto, avvicinandosi confidenzialmente, ma con la voce non tanto bassa: "Signora, non si preoccupi, va tutto bene ! Il feto è vivo e vitale". Il feto ? aveva pensato - quale feto ? Fu quel giorno che scoprì di essere incinta. Mille pensieri frullarono improvvisamente nella sua testa. Tornò a casa sulle sue gambe, anzi su un vecchio taxi che qualcuno le aveva fatto chiamare. Come aveva fatto - pensava - a restare svenuta in quel parcheggio tutto il pomeriggio e tutta la notte senza che nessuno si accorgesse ... be', da un lato, meno male ! Ora però era arrivato il momento di pensare al bambino che stava arrivando. Certo, non era stata mai fortunata con gli uomini: troppo interessati alla sua soprannaturale bellezza, troppo attratti materialmente e troppo poco legati a lei per rendersi conto che dentro quel corpo meravigliosamente femminile albergava un'intelligenza sottile, una sensibilità straordinaria e soprattutto una capacità di sognare sogni divini, scenari da favola fatta realtà.


Dentro quella realtà desiderata con tratti di favola a lei piaceva vivere, sognando ad occhi aperti ogni minuto in cui non era banalmente occupata a preoccuparsi della sopravvivenza quotidiana e di tutte le piccole grandi magagne di un mondo imperfetto, troppo imperfetto per essere vero o anche soltanto sopportabile. Così lo vedeva, così ne soffriva. Compresi i suoi uomini: non avrebbe certo voluto cambiarne così tanti. Aveva ormai smesso di chiedersi perché il Principe Azzurro non si fosse ancora fatto vivo: chissà dov'era lontano, invischiato in chissà quale stupida battaglia che lo teneva al di fuori della sua vita, ancora per chissà quanto tempo ! Credeva ogni tanto di averlo intravisto, in questo o quel ragazzo che la corteggiava. Anche perché, ad essere ragazzo, a meno di avere una forte volontà ed essere fortemente impegnato in un solido legame altrove, non era certo difficile aver voglia di corteggiarla. Molto contava l'aspetto fisico, ma anche il comportamento, il modo di muoversi e di parlare, specialmente con le persone conosciute da poco.


Quell'uomo, invece, non era uno conosciuto da poco. Per lungo tempo avevano lavorato fianco a fianco, ma erano rimasti soltanto buoni amici. Non riusciva neanche a ricordare il momento esatto in cui ... A parte questo, le cose erano andate bene per un po', fino a quando non si trattò di decidere se andare a vivere insieme, magari sposarsi. Avevano fatto lunghi discorsi, entrambi, tutti estremanente razionali e tutti abbastanza concordi: avrebbero cominciato a convivere, ma nel frattempo avrebbero fatto tutto il necessario per arrivare ragionevolmente presto al matrimonio. Sembrava tutto così tranquillo.


"Mamma, è pronto l'amburgher ? Ho fame !" La voce dolce e squillante di Chiara arrivò ad interrompere il corso dei suoi pensieri, facendola precipitare senza paracadute nella realtà quotidiana, cruda, reale fino alla nausea. "Fra poco, fra poco" rispose ancora un po' assorta. E cominciò a spadellare in cucina.

venerdì 5 maggio 2006

Luce di Primavera

Questa mia Primavera

che allontana l'Estate,

questa luce più vera

contro il buio stantio

che impedisce la vista,

che rimanda all'oblio.


Tutto ora cambia

perché nulla cambia

nel cuore o di fuori:

classificare gli amori

non è mia abitudine.


Muoversi restando fermi

o irrompere

nell'Universo,

scagliandosi

in linea retta:

una scelta comunque imperfetta.

mercoledì 3 maggio 2006

Demonio

Con parole oscene

ti farò vergognare

di averle ascoltate.


Con la punta delle dita

farò bruciare la tua pelle,

col sale sulle labbra

ti darò un brivido lungo

lungo la schiena.


La mia lingua si farà serpente,

superando le porte delle tue

grandi labbra,

e ti farà gridare piacere

una volta, due volte,

mille volte,

finché riuscirai

infine

a fermarmi.


Col tuo sapore nella gola

ti percorrerò in ogni cielo,

fuori e dentro,

dentro e fuori,

da ogni apertura proibita,

per trovarti l'anima

e stringerla contro la mia,

per fonderle, unica, dannata:

finalmente insieme.

sabato 29 aprile 2006

Due paia di occhiali

Ho due paia di occhiali:

uno mi serve

per vedere la gente di fuori,

l'altro il dolore.


Indosso vestiti,

a volte armature,

sperando che bastino

a farmi normale

a farmi non-male.


Se piango in silenzio,

mi tolgo gli occhiali,

rimetto quegli altri,

normali, banali.


Indosso sorrisi,

a volte battute,

sperando che bastino

a far sopportare,

a farmi restare,

a farti scordare del male.


Ho due paia di occhiali:

uno l'ho messo

per stringermi un nodo scorsoio

al centro del cuore.

venerdì 28 aprile 2006

Vivendo senza amore

Non avrò baci

non avrò carezze

né occhi dentro gli occhi

né tenere certezze.


Consumerò i miei giorni

vivendo senza amore

commettendo convinto

quel piccolo delitto assurdo.

giovedì 27 aprile 2006

Umidità / Asciutto

Acqua invisibile

porta dolori

insistenti

come perduti amori.


Vecchia inquietudine

porta ricordi

trasparenti

come sottili dolori.


Umidità.



Sorsi assenti,

sete di umidità:

aridi gli occhi

come un cuore incastonato

in fredda pietra.


Nuova inquietudine,

ricordi lontani amori

come, ormai, secchi dolori.


Asciutto.


scritta a 4 mani con Carmen

lunedì 24 aprile 2006

Ringrazio un'amica

per avermi donato

le sue parole:




Se mi incateni

muoio,

se mi lasci

inaridisco.


E' un fiore

difficile quello

che ti dono.

E' un dono

non vincolante.

E' un dono.


Dimmi di no,

fallo !

Ti sfido, ma

ogni tua parola

segnerà il mio

cammino!

Incognito

Non te ne accorgerai

non lo saprai:

non metterò in parole

quello che sento

e che definitivamente

di me

hai rifiutato.

giovedì 20 aprile 2006

La bella addormentata nel parcheggio

Vado a cominciare.


Come ogni menestrello e cantastorie che si rispetti, attacco con un paio di strofe "a soggetto", cioè a cavolo, ma non troppo, accompagnate dal suono di un mandolino (forza, immaginate un mandolino !):



nel giardino d'internèt

crescono meraviglie virtuali,

illusioni-delusioni a volte reali


nel giardino d'internèt

meglio camminare che volare

non volendo porci con le ali





La bella addormentata nel parcheggio



C'era una volta, ma forse più di una volta ... una fanciulla, ignara di molte cose che esistono al mondo, ma avvezza a tenere gli occhi bene aperti.


Un giorno, dopo aver gettato un'occhiata senza speranza nel frigo desolatamente vuoto, decise che era arrivato il momento di andare al supermercato per fare la "spesa settimanale".


Lei odiava andare al supermercato: restare oltre mezz'ora chiusa in un ambiente umidiccio, rumoroso, malsano ! e poi tutte quelle luci al neon ! che mal di testa ! non poteva distendere lo sguardo, non poteva ascoltare la sua musica preferita, doveva destreggiarsi con un carrello cigolante fra corsie che certamente nascondevano il necessario, mentre non si vergognavano di invitare a comprare il superfluo, offrendo prodotti con quell'atteggiamento da prostituta neanche tanto convinta, ma piuttosto spaventata dalle minacce del protettore di turno. Già, sembrava di vederlo il "gestore", l'ennesimo impomatato aguzzino, forse un prestanome per oscuri personaggi che avevano soldi da "investire", da riciclare.


Tutto questo le passò per la mente in un attimo. Ma poi, scacciando quei tristi pensieri, si mise in macchina e si diresse verso il maledetto supermercato.


Arrivò in poco tempo. Il parcheggio era semideserto, vista l'ora. Chi si sarebbe sognato di andare là di mercoledì pomeriggio alle 3 ? Neanche i pensionati. E poi la "giornata del risparmio" riservata ai pensionati era il martedì. Faceva anche discretamente caldo, dentro la macchina. Prima di scendere, le venne in mente di cercare nella borsa una moneta, per il maledetto carrello. Guardò nel borsellino: niente. Nelle tasche laterali: niente. Allora si mise a cercare in tutte le tasche, taschine, vaschette e cassettini della macchina. Sapeva che da qualche parte uno stramaledettissimo euro doveva pure saltare fuori. Cominciò a sudare e a sentirsi strana. Si chinò per guardare se magari qualche moneta fosse scivolata sotto al sedile. Mentre sollevava la testa dopo aver frugato fin là sotto ... BAM !






L'appuntato Geraci aveva preso un faldone dall'armadio, come gli aveva ordinato il Maresciallo, e glielo stava portando sulla scrivania. Pratiche già archiviate dell'anno scorso, furti in appartamento. Ma il Comandante aveva chiesto le statistiche. Già: chissà perché ogni tanto, neanche tutti gli anni, ma solo a richiesta, arrivava un ordine "dall'alto" e bisognava mettersi a contare quanti furti c'erano stati, anzi per la precisione: quanti ne erano stati denunciati.


Poteva farlo benissimo l'appuntato Geraci, quel lavoro: avrebbe ammazzato la noia di quella mattina troppo vuota di eventi. Si sarebbe sentito parte dell'ingranaggio, avrebbe immaginato che quei numeri, i "suoi" numeri, sarebbero finiti in qualche bel rapporto ufficiale, e poi sulla scrivania del Ministro ... Ma queste sono cose che spettano a chi di dovere: e infatti il Maresciallo non perse l'occasione di riprendere l'appuntato Geraci, perché gli sembrò che fosse assorto in chissà quali pensieri, tanto che a momenti stava per inciampare e rovinare a terra con tutto il faldone dei furti. Appuntato Geraci ! ma che fa ! "Mi scusi Maresciallo ... ecco il faldone dei furti dell'anno scorso".


In quel momento, squilla il telefono. Il Maresciallo si fa subito scuro in volto. Prende la pistola e ordina all'appuntato di seguirlo: era stato segnalato qualcosa di sospetto nel parcheggio del supermercato. A quell'ora. Saranno state le 9, le 9 e trenta di mattina.


Con l'auto di servizio ma senza sirena arrivano al parcheggio: il custode del supermercato, col suo grembiule blu, sporco di grasso e polvere, li sta aspettando. E' agitatissimo. Laggiù, venite, nella macchina ! In un angolo un po' appartato del parcheggio c'è un'utilitaria, ferma, a motore spento. Sembra una delle tante macchine che ogni giorno transitavano da quel parcheggio, mezz'ora, un'ora, il tempo necessario per fare la spesa, ma ... I tre si avvicinano, quasi trascinati dal custode, che continua ad agitarsi, indicando la macchina. Dai finestrini si intravvede appena una giovane donna, riversa di lato sui sedili anteriori. E' immobile. Sembra morta.


Con consumata maestria, agevolata dalla scarsa resistenza della serratura dell'auto, il Maresciallo apre la portiera, mentre l'appuntato controlla intorno. Nessun movimento sospetto. A quell'ora i clienti del supermercato sono ancora pochissimi, essendo appena aperto. La donna giace immobile, come se, seduta al posto di guida, fosse caduta di fianco, accasciata verso destra. Ora, da così vicino, non sembra più ... il Maresciallo le sente il polso: debolissimo. Presto, un'ambulanza ! I due Carabinieri controllano: non c'è traccia di ferite, né di violenza. Cercano di rianimarla, con scarsi risultati.


I barellieri caricano la donna sull'ambulanza, che riparte subito a sirene spiegate.






"Mamma, come si scrive 'rinozauro' ?" la voce della bambina echeggia dalla sua stanzetta, attraverso il piccolo corridoio, fino alla cucina, dove la madre sta mettendo a posto la spesa, parte nel frigorifero e parte nei pensili. Il latte va in frigo. Carne e verdura pure. La farina la metto qui sul tavolo, dopo ci pensiamo. Dove si sono cacciati gli yogurt ? Finiscono sempre in fondo alla busta ! Eccoli qua: questi vanno subito in frigo ! vicino al latte.


Alzo la testa, giusto in tempo per sentire la voce della bambina che ripete insistente: "Allora ? 'rinoxauo' ?". "No, no ! Di-no-sau-ro ! Capito ? Di-no-sa-u-ro" ripeto, cercando di staccare le sillabe una dall'altra. Silenzio.


Meglio sbrigarsi a mettere tutto a posto. Com'è tardi ! Si perde sempre un sacco di tempo, ogni volta che andiamo a quel maledetto supermercato. Bisogna cominciare a cucinare: che fare per cena ? "Chiara, lo vuoi l'hamburger ?". Silenzio.


Dopo un attimo: "Di-no-zauro ? con la zeta ? come zanzara ?". Uffa. Basta gridare per tutta casa, non serve. Ora vado di là e glielo spiego. "Ti ho detto 'Di-no-sssaaa-u-ro' con la esse di serpente ! con la esse, capito ?". La bambina scrive lentamente 'dinosauro' sul quaderno, con grafia incerta ma convinta.


"Allora, va bene l'hamburger ?". Silenzio. Dopo un attimo, Chiara alza lo sguardo verso la madre: "che hai detto ?". La madre scuote la testa, spazientita: "ho detto se vuoi l' AM-BUR-GHER !" sibilando. Silenzio. "Boh, vabbè, fà quello che vuoi ... tanto non ho fame".


(continua ...)

martedì 18 aprile 2006

Miopi

Ma ti sembro uno che "si guarda intorno" ? Uno che sa riconoscere le "fortune" che gli capitano ?

Sì, lo so che sono fortunato, forse più fortunato della media. Ma che c'entra ? Sono nato miope, e i miopi come me, miopi nell'anima, non vedono al di là del loro naso. E allora diventano introversi: si convincono che l'Universo stia tutto dentro sé stessi, al di qua di quelle due finestre spalancate sulla nebbia perenne.

Ne ho avute di occasioni: le ho perse quasi tutte, per non dire tutte. Se non capisci questo, se non lo accetti, non capirai chi sono, non potrai amarmi, ma soltanto disprezzarmi, odiarmi perché non ti sono stato a sentire.

C'è qualcosa là fuori, forse qualcuno. Ma non saprò che cosa, se non capita abbastanza vicino. Ho passato tutta la vita a cercare di avvicinarmi, ora a questo, ora a quello, per cercare di vedere che cosa c'era là fuori.

Ora sono stanco, irrimediabilmente e assolutamente stanco. Allungo una mano, e quello che trovo sarà il mio mondo. Nient'altro. Non mi va neanche di allungare troppo il braccio. Fingerò di non potermi muovere. Non macinerò più chilometri e chilometri per andare incontro al nulla, al dubbio, all'incertezza, alle possibilità, alle critiche di perfezionisti senza specchi e senza pietà.

Ho passato tutta la vita a dar retta a chi mi diceva che potevo fare meglio, dare di più, essere meno egoista. Ora basta. Chi non riesco a vedere, non esiste. Chi vuole parlare con me, deve prima ascoltare quello che ho da dire, le storie che ho voglia di raccontare. E i miei silenzi. Lunghi, eloquenti, estenuanti silenzi.

Forse qualcuno capirà. Molti mi malediranno. Così sarò libero di andarmene all'inferno, che mi aspetta. Consoliderò un'abitudine.

Domanda e Risposta

Domanda: Esiste una donna che stia bene con me, non per una serata, non per un mese ... qualcosa di più !


Risposta (da un'amica):
Certo che c'è una donna che sta bene con te: è quella che ama discutere di ogni cosa, che adora parlare e anche infervorarsi, che non disdegna le carezze e i giochi. Colei che ama leggere, scrivere (forse), che quando guarda un quadro non vede i soli colori, che quando quarda una stella non vede una semplice luce ...

venerdì 14 aprile 2006

Sogno di Pasqua

Come "Augurio di Pasqua" ri-pubblico questa canzone che ho scritto quando avevo 16 anni.



Sogno d'un mondo impossibile

d'un utopia che non ci sarà,

dove la gente sorride e ti sa dire l'amore cos'è,

sogno di un'isola d'oro dove sia l'uomo padrone di sé,

sogno di un'isola bianca dove tu possa stare con me.


Sogno perduto nel verde di tanta erba che non c'è più,

sogno perduto nel cielo, che va scomparendo sempre di più,

sogno di un ambiente sano per i giochi di tutti i bambini,

sogno di una ciminiera che non dà fumo ma solo fiori.


Sogno di un mondo di pace, dove il sangue non scorre mai,

dove si fanno le guerre alla fatica e alla malattia,

dove si sogna ogni volta che si va a letto a dormire,

dove dispiace davvero quando un giorno si deve morire ...


dove dispiace davvero quando ... un giorno ...

giovedì 13 aprile 2006

Come ti vorrei

non sei come vorrei

e allora passi

fra le dita

di questa mia anima smarrita

come acqua di mare,

come sabbia che cade e scompare


Smoke on the water



e allora scendi, sali e ritorni

a tormentarmi i giorni

da lontano ti avvicini

a deliziarmi fino a straziarmi


Smoke on the water



non sei come vorrei

ma come ti vorrei

e come sei ?

m'interrogo e non so

rispondere non so


Smoke on the water



ti guardo

forse sì, ora ti vedo

forse no, m'illudo

ti ascolto

e perdo il conto


Smoke on the water



e perdo ciò che ho vinto

e vinco la diffidenza mia

ti tocco, non ti stringo

per timore di vederti svanire


Smoke on the water



allora, e ora, e ancora:

àncora che tiene ferma

questa barca nel mare,

anima fatti guardare

come sei, anche se

non sei come ti vorrei

forse ti voglio come sei


Smoke on the water


mercoledì 12 aprile 2006

Lingue di ghiaccio

Lingue di ghiaccio emergono

dal profondo inverno

a gelarmi la schiena:


ma non si gela il cuore.

Del sogno

Del sogno, bisognerebbe saper trattenere i momenti belli che ci ha comunque regalato, sognandolo !

martedì 11 aprile 2006

Nulla

Secca la lingua

di parole e muta

resta la penna,

inerme la tastiera.


Di sentimenti

all'ombra della sera

non posso più,

non voglio ricordare.


Strappo, rivolto zolle,

sperando di mutar

le sorti e invano

cerco dentro di me le melodie.


Unisono fu il suono

finché cessò d'un tratto,

e non capir m'è nera

condanna che subisco.


Silente m'allontano

e sto, con questo strano

pensiero o sensazione

del nulla tutto intero.

lunedì 10 aprile 2006

Forse quello

Donne che mi hanno cercato

per fare sesso sfrenato:

forse quello era amore ?


Donne che mi hanno voluto

per la sicurezza che ho dato:

forse quello era amore ?


Donne che mi hanno lasciato

per un pomeriggio annoiato:

forse quello era amore ?


Donne che mi hanno guardato

dalla superficie del cuore:

forse quello era amore ?


Donne, ricordi, speranze,

sapori, penombra di stanze,

donne effimera gioia,

donne scintille di vita,

donne dolore:

forse questo è l'amore ?

giovedì 6 aprile 2006

Il Cavaliere Solitario e la Corona d'oro

Il Cavaliere Solitario avanzava sul suo destriero al trotto lungo il fiume. La luce tagliente del mattino lo accompagnava filtrando fra il fogliame della vegetazione che cresceva spontanea sulla sponda. Non guardava vicino, né lontano il Cavaliere. Sembrava assorto nei suoi pensieri. Invece era prigioniero di un sentimento di profonda delusione. Ma come suo solito non lo dava a vedere, anche se lì intorno non c'era nessuno che potesse vedere. Certe sensazioni le nascondeva perfino a sé stesso: non per ipocrisia, ma per pudore. Spogliarsi l'anima o il corpo, anche in assenza di occhi che potessero vedere e quindi giudicare, era un gesto estremo per lui.


Fece ancora qualche passo, poi scese da cavallo e continuò a piedi. Fissava la superficie scintillante dell'acqua del fiume, che scorreva nella sua stessa direzione. In realtà, non stava andando in nessuna direzione, non aveva una meta precisa. Lasciava scorrere i suoi pensieri, così come un prigioniero esplora le pareti della cella cercando una possibile via di fuga. Ma per ora non aveva trovato nessuna via di fuga.


Gli tornò in mente quella corona. L'aveva fatta forgiare da quel suo amico artigiano, col metallo che aveva messo da parte durante le sue scorribande: oro zecchino, argento, un po' di platino, qualche pietra preziosa. Il suo amico ne aveva fatto un piccolo gioiello, degno dei migliori sovrani da lui conosciuti. Con quella corona era capitato in quel Castello, dove la Castellana dai lunghi capelli dorati lo aveva stregato col suo fascino dolce e misterioso. Non ripercorse tutta la storia, ma ricordò soltanto il momento in cui aveva offerto la corona alla Castellana, chiamandola "Regina". Anche se lui sapeva bene di non essere un Re, per lui lei era la sua Regina. La più importante. La più splendente. Lei. Per un po' gli era sembrato che la Castellana gradisse quella condizione, quel ruolo, gli sembrò che lei fosse entrata volentieri nel personaggio di quella favola.


Il cielo si fece più scuro. Non riusciva a farsi una ragione del perché di quel gesto, quando lei prese la corona, si avvicinò alla finestra e lanciò la corona fuori del castello, verso il fiume. Lui vide la corona cadere seguendo una perfetta parabola, illuminata dai raggi del sole, fino al momento in cui la vide inabissarsi nella corrente del fiume, laggiù nella valle.


Aveva tentato di chiedere ragione alla Castellana per quel suo gesto, senza risultato. Allora aveva preso il cavallo ed era uscito dal castello, forse per sempre.


Immaginò di essere un uomo moderno, del ventunesimo secolo. Si vide camminare in discesa lungo un anonimo marciapiede di una strada trafficata di una moderna metropoli. Quel cassonetto era lì, come ogni mattina. Un cassonetto qualsiasi, di plastica verde, di quelli in cui gli abitanti di una metropoli del ventunesimo secolo buttano i sacchetti della spazzatura. Nella borsa, oltre al computer portatile e alle scartoffie del lavoro, aveva quel libro, che aveva gelosamente custodito e nascosto in attesa di poterlo portare a ... Era impacchettato in una carta rossa, da regalo. Il libraio ci aveva messo anche un fiocchettino dorato, fissato con un adesivo luccicante. In un istante, estrasse il pacchetto col libro dalla borsa e lo gettò nel cassonetto. Richiuse la borsa e continuò a camminare a passo svelto. Il cuore gli batteva forte.


Il Cavaliere rimontò a cavallo e si lanciò al galoppo incontro al sole che si alzava. La Castellana, affacciata ad una finestra del castello, lo vide sparire all'orizzonte in una nuvola di polvere.

martedì 4 aprile 2006

Bolle di sapone

Iridescenti promesse

di una realtà che solo a volte è,

riflettono sogni infranti:

specchi sferici

deformanti.

lunedì 3 aprile 2006

APRILE (acrostico)

Ancora torni mio adorato mese,

Prendendo dal mio cuore le sorprese.

Restituisci splendide emozioni.

Il falso e vero verde tu disponi

Le novità a portar: la luce sul mio viso.

E rido senza senso, all'improvviso.

venerdì 31 marzo 2006

Il primo e l'unico

Se mi ami, voglio essere

il primo fra i tuoi pensieri,

l'unico nel tuo cuore.


Se ti amo, sarai

la prima nei miei pensieri,

l'unica nel mio cuore.

giovedì 30 marzo 2006

Il vento nei capelli

Mentre correvo da te, quella mattina,

pensavo di non essere più innamorato:

e quanto mi sbagliavo !




Il vento nei capelli,

nuvola d'oro mi venivi incontro,

e non volevo, e non sapevo dirti.


Come una sigaretta,

accesa e dopo spenta

come la maledetta

emozione dentro, violenta

che spegnersi non vuole

e se si spegne, duole.


Ne abbiamo preso

di sole, e tanto vento,

il mare a testimone

del mio sentimento

che non volevo, e non sapevo dirti.


Il vento nei capelli,

nuvola d'oro

sei rimasta dentro,

come un tesoro che si non scioglie al vento.

lunedì 27 marzo 2006

Autostrade

Autostrade, che portano e vanno:

molto spesso compagne di viaggi

che del "viaggio" frammenti si fanno.


Autoradio che cantano piano,

quei chilometri di solitudine

accompagnano quasi per mano.


Occhi e fari: la nebbia dirada.

Con la mente si affrontan le curve,

con il cuore si tiene la strada.

mercoledì 22 marzo 2006

Infanzia bruciata

Infanzia bruciata in un momento,

adulti in un lampo,

maturi senza scampo:

sogno di vita regalato al vento.

martedì 21 marzo 2006

Aforisma della Timidezza

Quello che apprezzo maggiormente nel rapporto con una donna è condividere la tenerezza reciproca, avere il coraggio e la timidezza di restare anime "nude" uno di fronte all'altra: e purtroppo è cosa rara !

lunedì 20 marzo 2006

Barcellona, ti amo

Ho il piacere di pubblicare (con autorizzazione) le impressioni di un'amica appena tornata da un viaggio a Barcellona, città che ho visitato molti anni fa' e che è rimasta nel mio cuore: la amo nello stesso identico modo descritto qui, e quindi ...






Barcellona mi ha fatto innamorare. Innamorare di me.


Barcellona mi ha accolta con un abbraccio tiepido e l'odore del mare, con i colori di Gaudì, le sue atmosfere da fiaba in un mosaico di sfumature, il suo alto sguardo, il suo tendere al suo ottimo anche con la consapevolezza di non riuscire a vederne la realizzazione. Il fatalismo, il destino che non è mai inellutabile, ma in continuo progressivo possibile probabile cambiamento.


Barcellona ti immerge negli artisti da strada della rambla con il suo incedere lento e quasi svogliato, ti trascina docilmente fino al mare, ti regola i ritmi secondo un lento, calmo, sereno passo di mille anni fa'. Ti fa girare intorno, e poi ti assale con il quartiere gotico dove le ampie strade della rambla scompaiono per far posto a viuzze strette, piccole, contorte, inanellate, bizzarre, attraenti, magnetiche e confuse in cui i ristoranti più chic, più esclusivi condividono il marciapiede con le botteghe degli artisti fantasiosi ed eccentrici, dove ti siedi a terra a mangiare i tacos, e alzi lo sguardo che si spezza sulle altissime guglie della cattedrale: che emozione ! ne ho ancora i colori negl'occhi, colore che si intona con i quadri di Picasso che rappresentano appieno il non-sense.


Forse ho amplificato le atmosfere e acceso i colori, forse ho visualizzato in rosa l'oceano increspato e il vociare che non infastidisce.


Barcellona, io ti amo.

Ossimori

Uomo fedele,

donna onesta:

rarissimi ossimori.


Ancor cerco la mia

per farci la rima.

sabato 18 marzo 2006

La Pazienza

Per la fretta di cogliere un fiore si dimentica a volte di annaffiarlo, lasciarlo crescere e sbocciare.


Quando ci si accorge di quello che è accaduto, è troppo tardi !

venerdì 17 marzo 2006

Sono uscito

Sono uscito. Non ci sono per nessuno.




Ero uscito di casa per questo; percepire il frammento di un silenzio come dolore, o il buio, che confonde dopo un improvviso bagliore, e poi scivolare di nuovo nella luce consueta. Il risveglio da un sogno, per un secondo, per poi riaddormentarsi e continuare a sognare. Dal momento del risveglio per la paura, lasciare che un inciampo nella regolarità del battito cardiaco rifluisca nella consueta regolarità o lasciar sfuggire l’istante di un bacio lontano in uno sguardo, nell’abituale solitudine senza corpo.

(Thomas Strittmatter).

lunedì 13 marzo 2006

La scadenza

Arde il fuoco all'inizio

quasi volesse essere un incendio

che tutto brucia e tutto

sulla propria via divora.

Non sente ragione

né vuole aver padroni:

non vede il suo domani,

non chiede del suo ieri,

vive nell'oggi e luce

consuma quanta ne produce.

Arriva inevitabilmente un muro,

un'ostacolo, un fiume, una montagna:

s'arresta il fuoco e non sa dove andare.

Soffoca e grida e poi con alte fiamme

cerca sopravvivenza

trovando invece solo la scadenza.

domenica 12 marzo 2006

Il bacio della buonanotte



Troverai un altro, magari in una chat notturna, che non ti farà sentire sola, "amante in un angolo". Forse troverai perfino chi ti dà il bacio della buonanotte (io non ne ho mai dati a nessuna), chi guarda con te le vetrine (a me non piace lo shopping).



Il libro e il disco che avevo preso per te, insieme coi cinque CD con la musica che ti avevo preparato finiranno in un cassonetto della spazzatura.



Lo stesso cassonetto in cui tu hai gettato per sempre il mio cuore e in cui ho gettato il tuo, solo per un istante.


Dentro me stesso

Resto dentro me stesso

a ricordar chi ho amato.


E non rallento il passo:

chi guarda non vedrà

le lacrime che bruciano,

nessuno sentirà

le urla silenziose

che straziano il dolore

fra notti di follia

e giorni vuoti e vani.


Ricorderò domani.

L'importanza di essere ingenuo

Algernon e Jack sono due amici di vecchia data. Il primo abita in città ed il secondo in campagna, ma sovente si incontrano. Entrambi, infatti, vivono una "vita segreta": Algernon finge di avere un vecchio amico malato in campagna, mentre Jack finge di avere un fratello scapestrato in città. Questo espediente permette loro di assentarsi dalle rispettive case e famiglie quando meglio credono.


Jack ama Gwendolen, cugina di Algernon, e vorrebbe sposarla. La donna ricambia il sentimento, ma nasce un problema: Gwendolen è convinta che l'uomo che ama si chiami Ernest. Jack, infatti, si fa chiamare Ernest quando arriva in città con la scusa di visitare il suo fantomatico fratello. Avrà il coraggio di svelare alla donna amata la verità?


La storia si complica quando, con un sotterfugio, Algernon si presenta alla casa di campagna di Jack, e si spaccia per Ernest, il fratello scapestrato di questi. Conosce e si innamora di Cecily, la pupilla di Jack, la quale quindi è convinta di amare un uomo di nome Ernest.


Nessuno dei due uomini è veramente "Earnest" (onesto), né "Ernest", ma forse stavolta vorranno diventarlo.




Oscar Wilde - L'importanza di chiamarsi Ernesto



Sono ingenuo, e me ne vanto. Sotterfugi, bugie dette per ottenere qualcosa non fanno per me. Per colmo di sventura, quando dico qualcosa seriamente, nessuno mi crede. Viceversa, quando mento sapendo di mentire, tutti prendono le mie parole per oro colato. Questo è ridicolo.


Sono ingenuo, ma non sprovveduto. Sono sincero per scelta, non per necessità. Infatti, se voglio, so mentire benissimo. So anche simulare e dissimulare. Soltanto che nella mia vita privata non lo faccio, perché non voglio. Sul lavoro è un altro discorso: a volte mi pagano per dire bugie. Finché pagano bene, posso continuare a dirle. Ma nella mia vita privata, in quella sfera di relazioni e sentimenti che sono solo e soltanto miei, allora no. Neanche se mi pagano. Neanche se mi ricattano. Anche a costo di far male con le mie scomode verità. Senza nascondere. Eh sì, perché spesso nascondere, non dire, equivale a mentire. Anche parlare in ritardo, fuori tempo, è una specie di bugia.


Molti mi odiano per questo. Alcuni mi ammirano. Quasi tutti mi temono. Sono più pericoloso di un pentito di Mafia. Anzi, in un clima mafioso divento una mina vagante. E credo che l'ipocrisia e la mentalità mafiosa vadano a braccetto. L'ipocrisia, quella che pretende di presentarsi con la faccia pulita, quando invece nasconde il marcio più marcio. Quella che ostenta innocenza essendo colpevole.


Così combatto, così mi diverto. Piccole cose ? Che altro c'è di più grande se non la soddisfazione di averla vinta continuando ad essere ingenuo. E sincero con me stesso e con gli altri.

venerdì 10 marzo 2006

Sette giorni

Sette giorni mi separano

da una speranza.


L'attesa di una gioia

non è mai abbastanza.


Si consumano i minuti

come fossero emozioni.


Vivo e non vivo:

mi meraviglio e penso.


Il fuoco brucia

e non consuma il cuore.


Aspettami, io ci sarò.

martedì 7 marzo 2006

Guarir da questa pena

Naviga il mio guscio di noce,

sbattuto dalle onde.


Col cuore in quarantena,

non so guarir da questa pena.


E non vorrei.

Estasi e pene

Passerà del tempo

prima ch'io possa

infilare un pezzo della mia carne nella tua.


Passeranno eterni

quei minuti in cui

ti farò sentire quel tuo godimento smisurato.


Resteremo fermi

a guardare il cielo

a chiederci se è veramente vero.


Con inchiostro d'amore

traccerò sulla tua pelle

schizzi di candido stupore e gioia.


Estasi e pene.

lunedì 6 marzo 2006

Neve

Cade, delicata e bianca

e ci separa

nella coscienza dolorosa

che sono tuo,

che un giorno sarai forse mia.


E ci resta un sospiro

dell'anima

come un soffio di vita

a raccontarci favole

come fiocchi di neve.

sabato 4 marzo 2006

Profumo

Il profumo di una rosa

mi ha svegliato stamattina:

al di sopra di ogni cosa

bacerò la mia Regina.

martedì 28 febbraio 2006

Calligramma




Banca dei sentimenti,

organo che tutto puoi,

seguo i tuoi suggerimenti

perché mentirmi non puoi.



(Alessandro)

lunedì 27 febbraio 2006

Come

Questi versi che scrivo

e che mi escono dalle dita,

dal cuore e dalla testa:

come capelli che ho perso.

sabato 25 febbraio 2006

Soffio

In sogno, come ali di farfalla

le labbra tue sfioravano le mie.

Di baci allaccio una collana al collo tuo

fino a quel punto che sappiamo noi:

pioggia di brividi ti scende sulla schiena.

Le dita bastano a carezzar le palpebre,

il palmo aperto naviga le natiche

cercando rotte verso il tuo sicuro porto,

scuro triangolo di sensi e di trasporto.

Piede gelato il tuo sul mio punto bollente,

risveglia ataviche pulsioni e desideri sordidi.

Ti mordo, mi rimordi, ti avvinghio e tu mi avvinghi

e tutto intorno è nulla, e siamo dentro noi.

Danziamo senza musica, e siamo musica

suoniamo come organi all'unisono,

riempiamo il vuoto, ci svuotiamo l'anima,

torniamo e ritorniamo per sentieri candidi,

bollenti fiumi di lava a scorrerci la pelle.

E resta, senza più energia guardando il cielo

il mio sogno di fuoco e la dolcezza tua.

venerdì 24 febbraio 2006

La Torta

Corde si riflettono

tagliando

da parte a parte

fette sbilenche

di torte mai cotte.

lunedì 20 febbraio 2006

Nel frattempo

E nel frattempo t'amo,

nascondo nella mano

quel desiderio assurdo

celato nel mio sguardo.


Niente di materiale

percorre questo amore,

niente che faccia male

come tragedia vuole.


Aspetto che un dispetto

del Fato o del Destino

permetta di incontrarci

restando un po' vicino.


Immagino le mani,

immagino il sorriso,

e sogno quel domani:

mi sembra un Paradiso.


Tu ti schernisci e ridi,

non cedi alla passione,

ma vai per altri lidi,

celando un'emozione.


Come virgineo fiore

sbocciato a nuovo amore,

indossi la corona

Regina del mio cuore.


Come le cose vere,

come le cose belle,

rifletti nei tuoi occhi

la luce delle stelle.


E di adorarti l'anima

ancora non mi stanco

scaldandomi al tuo fuoco,

seduto a te di fianco.


Non so quale miracolo

per mano mi ha condotto

al punto di conoscerti:

ora rimango sotto.


E nel frattempo ancora

senza mai dubitare

continuerò ad amarti:

amare, amare, amare.

sabato 18 febbraio 2006

Pene di Penelope

Aspettando il ritorno del suo Ulisse

tesse la tela e soffre grandi pene,

ché ai Proci tante volte già lo disse

di raffreddare il sangue nelle vene.


Passano i giorni e Ulisse non si vede

ma lei dell'aspettarlo non si stanca:

sperando riabbracciarlo in quella sede,

non vuole sventolar bandiera bianca.


Ed ecco un dì l'intuito del suo cane

ritrova traccia dell'amato bene:

fuggono i Proci nelle loro tane


e la stanca Penelope ora tiene

stretta sul cuore quel suo amato Ulisse:

galeotto il sonetto e chi lo scrisse.

mercoledì 15 febbraio 2006

Batterie scariche

Riceverai questo messaggio quando attaccherai la spina del caricabatterie. È strano che una batteria, un piccolo oggetto chimico nascosto dentro un altro oggetto "tecnologico" possa interrompere, almeno per un po', i contatti fra due persone. Non c'è stato ancora niente di "diretto" fra noi, siamo appesi alla tecnologia delle telecomunicazioni: internet, telefono. Succede che quando ci sentiamo mi si blocca il cervello, e riesco raramente a dirti tutto quello che vorrei. Magari trovo la forza, e in quel momento mi passa vicino qualcuno, estranei che non mi va di fare neanche casualmente partecipi dei miei sentimenti. Non c'è privacy. Non c'è intimità. Parlo di sentimenti, di quanto unisce le nostre due anime, di ciò che soltanto noi due potremmo, se volessimo, distruggere così come l'abbiamo visto costruirsi, senza sapere bene quando e come.



L'anima non va a batterie.

martedì 14 febbraio 2006

Pari e dispari

Si gioca ai dadi,

o alle carte,

oppure a "pari o dispari":

non so.


Quante volte ho avuto in mano

punti di un gioco

senza spiegazioni.


Quante volte ho domandato:

"Pari o dispari ?"

Stavolta mi ha risposto:

"Pari e dispari".


Non è facile

far quadrare i conti

nemmeno

con tutti i numeri

del mondo.

sabato 11 febbraio 2006

Arcobaleno

Sciogli quei nodi

che ho alle spalle del cuore.

Usa il tuo fuoco

come sai fare

fin troppo bene.

Rendimi libero,

fammi volare,

ti porterò in una favola.

Raggio di sole sarò,

arcobaleno di nuvola.

venerdì 10 febbraio 2006

Di te

Voglio essere l'aria che respiri,

l'acqua che ora bevi,

il cibo che ogni giorno mangi.

Voglio essere la luce

che entra nei tuoi occhi,

la musica nelle tue orecchie,

il desiderio dentro al tuo piacere.

Voglio godere di sentirti godere,

sentirmi grande come tu mi vuoi

e perdermi nei più segreti

dei sentieri tuoi.

giovedì 9 febbraio 2006

Buongiorno

Buongiorno buongiorno,

senza biglietto di ritorno.


Buongiorno ai tuoi occhi,

buongiorno alla tua bocca,

buongiorno è la mia mano che ti tocca.


Buongiorno sotto le lenzuola,

buongiorno ai figli da portare a scuola,

buongiorno a una giornata di lavoro.


Buongiorno è una pentola di monete d'oro,

fatta del mio buongiorno appassionato,

piena di baci che per te ho coniato.

martedì 7 febbraio 2006

Una favola

L'Uomo di una certa età guardò la Donna, si scambiarono uno lampo d'intesa. Poi guardò la bambina e le chiese: "Vuoi che ti racconti una favola ?"


La bambina rispose, con la sua vocina dolce ma decisa: "Sì, certo !"


L'Uomo cominciò.



C'era una volta una Principessa, che era stata fatta prigioniera da un Mostro, che la teneva chiusa in un Castello. In realtà, il Mostro era stato un bel Principe, che però un giorno aveva fatto arrabbiare una Strega Cattiva, che lo aveva trasformato in Mostro. La nostra Principessa, dunque, trascorreva le sue giornate al Castello: usciva poco, solo per ciò che serviva a mandare avanti la vita quotidiana. Infatti, col passar del tempo, anche la servitù se ne era andata via dal Castello, cacciata dal Mostro o nauseata dalle continue vessazioni e maltrattamenti a cui era sottoposta. Così la Principessa a poco a poco si dovette occupare di tutto: dalla pulizia del Castello, alla preparazione dei pasti, perfino della salute e di un certo benessere del Mostro. Come tutte le Principesse che si rispettino, ella aveva dei Principini da allevare: per la precisione, due bei maschietti e una femminuccia. I principini crescevano in pace e armonia, studiando e dedicandosi alle loro attività preferite, fra cui la musica. Era la Principessa ad assicurare loro che potessero frequentare le scuole e i maestri adatti alle loro esigenze. Il Mostro a modo suo gli voleva bene, e non stentava certo a cercare di dimostrarlo. Ma si sa, i mostri hanno un cattivo carattere. E soprattutto fra il Mostro e la Principessa le cose non andavano affatto bene.


La Principessa era spesso triste e malinconica. Non aveva divertimenti e distrazioni: la sua gioia era dedicarsi ai suoi Principini, ma ogni tanto si ritirava nella Torre, al piano più alto, e si affacciava alla stretta finestra. Scioglieva i lunghi capelli ricci e biondi, e guardando lontano, sognava. Ascoltava le dolci note che provenivano dal piano di sotto: uno dei Principini si esercitava suonando. La mente della Principessa volava lontano, seguendo pensieri, sogni, desideri, e tutte le sue tristezze, le sue paure, gli angoli bui della sua vita sembravano rischiararsi come la pianura al sorgere del sole.


Un giorno, uno di quei giorni in cui l'aria sembra immobile e il tempo dà l'impressione di essersi fermato, o di essere volato via lontano, da quella finestra, laggiù oltre il fiume, la Principessa notò qualcosa. Era qualcuno, un Cavaliere, la cui armatura luccicava alla luce calda del tramonto. Si stava dirigendo verso il Castello.


Il Cavaliere Solitario stava come suo solito correndo dietro all'irrazionale desiderio del suo cavallo, piuttosto che inseguire una meta precisa. Era un bellissimo destriero, nero lucido, non l'avrebbe ceduto per niente al mondo. Era quasi tutto ciò che possedeva, a parte l'armatura e un gruzzoletto di monete d'oro depositate in luogo sicuro. Costeggiarono il fiume. L'aria era tiepida, nonostante la stagione invernale. Le foglie scricchiolavano sotto gli zoccoli del cavallo, che procedeva con una certa indolenza, quasi stesse seguendo un sentiero invisibile.


Il Cavaliere Solitario allungò lo sguardo e vide il Castello, che si stagliava nero e tetro sullo sfondo di un cielo così azzurro da fare invidia alle più belle pietre preziose. Gli parve persino di vedere qualcosa, come un riflesso dorato, lassù, a quella finestra della Torre.


Si avvicinarono ancora, e l'immagine divenne finalmente nitida: una deliziosa fanciulla con i biondi capelli sciolti sulle spalle stava affacciata alla finestra più alta della Torre, e guardava ... sembrava guardasse proprio verso il Cavaliere.


Con una breve corsa al galoppo, cavallo e Cavaliere si trovarono a bussare al pesante portone del Castello. Dapprima, nessuno rispose. Il Cavaliere bussò di nuovo. Si sentì rumore di catenacci, la massiccia porta fu scostata da un solo battente e, nel ristretto spazio inondato dalla luce proveniente dall'esterno, apparve ... la Principessa.


Il Cavaliere smontò dal cavallo, si tolse l'elmo, fece un profondo inchino, deponendo la sua spada ai piedi della Principessa, e disse: "Perdonate, mia Signora, il disturbo che Vi stiamo arrecando, il mio cavallo ed io. Sono il Cavaliere Solitario. Mi trovavo a passare da queste parti, quando ho notato il Vostro Castello. Il mio cavallo è stanco per il lungo peregrinare, la sera avanza, e per questo ho l'ardire di chiedervi, se la bontà Vostra vorrà concedercelo, asilo per la mia cavalcatura e per me stesso, soltanto per una notte. Una stalla basterà al mio destriero, mentre io sono ben avvezzo a passare la notte su un mucchio di paglia.


La Principessa sorrise, nascondendo un imporvviso rossore, e rispose: "Mio Cavaliere, siate il benvenuto. Voi e la vostra creatura sarete accolti con tutti gli onori, se vi accontenterete di quello che trovate. La stalla ormai da tempo è vuota, ma un po' di fieno e di paglia vi è sicuramente rimasto. Per quanto riguarda Voi, potrete accomodarvi in una delle tante stanze vuote del mio Castello. E spero vorrete onorarci della Vostra presenza per la cena che sto per servire in tavola personalmente".


Cenarono tutti insieme: la Principessa, il Mostro, il Cavaliere Solitario, i Principini. Non ci fu una gran conversazione, se si esclude la naturale curiosità dei Principini verso il Cavaliere e le sue avventure, e qualche incomprensibile intervento del Mostro. La Principessa ascoltava.


Arrivò il momento di andare a dormire: i Principini non volevano saperne, ma la Principessa fu molto ferma nel riuscire alla fine a convincerli, anche perché il Cavaliere promise loro di racontare altre delle sue avventure l'indomani. La Principessa accompagnò il Cavaliere verso una delle stanze fredde e vuote del Castello. Il Mostro rimase seduto alla tavola.


Il Cavaliere baciò la mano alla Principessa e disse: "O mia deliziosa, adorata Signora, vorrei che questo minuto durasse tutta la vita, e non mi basterebbe tutta la vita per farvi sentire che cosa provo per Voi: sono venuto qui spinto dal Destino, e ora vorrei avere il tempo per impararVi a memoria, perché so che prima di domani dovrò lasciarVi e non Vi rivedrò mai più. Ma voglio che sappiate che nessun'altra potrà prendere il Vostro posto nel mio cuore, nessuna voce udrò più melodiosa e cara della Vostra, nessuna modestia né grandezza d'animo mi colpirà di altra donna, perché in questo momento io sono l'Uomo e Voi la Donna, unici nell'Universo che tutto unisce dopo aver diviso".


La favola non dice che cosa accadde la mattina dopo ... se mai ci fu una mattina dopo !


L'Uomo sollevò lo sguardo, mentre la Donna cercava di nascondere le lacrime che calde le scendevano sulle guance. La bambina li riportò entrambi alla realtà: "Bella favola ! Quando me ne racconti un'altra ?"


"Quando avrò finito di imparare a memoria tua madre, o meglio, nel frattempo".



venerdì 3 febbraio 2006

L'albero dell'amore

Dal tronco sbocceranno fiori

e frutti arriveranno

a dissetar la fame di dolcezza

che ci fa aspettare.

giovedì 2 febbraio 2006

L'ultimo desiderio

Vorrei morire

amandoti ancora.

mercoledì 1 febbraio 2006

Amore perfetto

Lasciami un dubbio,

un granello di sabbia nell'occhio,

un chicco di sale per condire

il nostro amore perfetto.


Sbattimi in faccia

la verità, ma non darmi

l'idea che sia tutta qua.


Lasciami osare

nella fantasia

di questa anima mia.


Lasciami un dubbio,

un granello di sabbia,

un chicco di sale,

molecole amare del nostro

amore (im)perfetto.

lunedì 30 gennaio 2006

Spaziandoti

Riempirei di te

tutto lo spazio intorno a me.

Avrò

Avrò mani a raccontarti

i giorni miei

passati nel desiderio di te,

delle tue mani su di me.

Avrò pazienza

di aspettare la tua bocca

a cui impaziente anelo,

avrò cuore e calore

da scaldarti il cuore.

Avrò pietà per questo sentimento

da consumarsi preferibilmente

entro la scadenza dell'amore.

giovedì 26 gennaio 2006

No sunshine



Ain't no sunshine when she's gone

And this house just ain't no home

Anytime she goes away

(Bill Withers - Ain't No Sunshine)



Quando da me te ne vai,

quando da te vado via,

e mi lasci, e ti lascio

senza parole, senza compagnia,

sento un vuoto nello stomaco,

uno strappo giù nell'anima,

e di colpo schizzo via,

da me stesso volo via.

So che tu per me ci sei,

so che pensi solo a me,

so che sai quello che penso

e che senti ciò che sento:

e volo via e vado via,

seguo questa musica tua e mia,

che porta dolore e poesia,

che brucia e riscalda,

che mi riempie l'anima

della mancanza di te.

Di te, che ci sei

ovunque qui intorno

a questi piccoli versi miei,

pieni d'insana speranza,

aspettando che ci sei.