martedì 28 febbraio 2006

Calligramma




Banca dei sentimenti,

organo che tutto puoi,

seguo i tuoi suggerimenti

perché mentirmi non puoi.



(Alessandro)

lunedì 27 febbraio 2006

Come

Questi versi che scrivo

e che mi escono dalle dita,

dal cuore e dalla testa:

come capelli che ho perso.

sabato 25 febbraio 2006

Soffio

In sogno, come ali di farfalla

le labbra tue sfioravano le mie.

Di baci allaccio una collana al collo tuo

fino a quel punto che sappiamo noi:

pioggia di brividi ti scende sulla schiena.

Le dita bastano a carezzar le palpebre,

il palmo aperto naviga le natiche

cercando rotte verso il tuo sicuro porto,

scuro triangolo di sensi e di trasporto.

Piede gelato il tuo sul mio punto bollente,

risveglia ataviche pulsioni e desideri sordidi.

Ti mordo, mi rimordi, ti avvinghio e tu mi avvinghi

e tutto intorno è nulla, e siamo dentro noi.

Danziamo senza musica, e siamo musica

suoniamo come organi all'unisono,

riempiamo il vuoto, ci svuotiamo l'anima,

torniamo e ritorniamo per sentieri candidi,

bollenti fiumi di lava a scorrerci la pelle.

E resta, senza più energia guardando il cielo

il mio sogno di fuoco e la dolcezza tua.

venerdì 24 febbraio 2006

La Torta

Corde si riflettono

tagliando

da parte a parte

fette sbilenche

di torte mai cotte.

lunedì 20 febbraio 2006

Nel frattempo

E nel frattempo t'amo,

nascondo nella mano

quel desiderio assurdo

celato nel mio sguardo.


Niente di materiale

percorre questo amore,

niente che faccia male

come tragedia vuole.


Aspetto che un dispetto

del Fato o del Destino

permetta di incontrarci

restando un po' vicino.


Immagino le mani,

immagino il sorriso,

e sogno quel domani:

mi sembra un Paradiso.


Tu ti schernisci e ridi,

non cedi alla passione,

ma vai per altri lidi,

celando un'emozione.


Come virgineo fiore

sbocciato a nuovo amore,

indossi la corona

Regina del mio cuore.


Come le cose vere,

come le cose belle,

rifletti nei tuoi occhi

la luce delle stelle.


E di adorarti l'anima

ancora non mi stanco

scaldandomi al tuo fuoco,

seduto a te di fianco.


Non so quale miracolo

per mano mi ha condotto

al punto di conoscerti:

ora rimango sotto.


E nel frattempo ancora

senza mai dubitare

continuerò ad amarti:

amare, amare, amare.

sabato 18 febbraio 2006

Pene di Penelope

Aspettando il ritorno del suo Ulisse

tesse la tela e soffre grandi pene,

ché ai Proci tante volte già lo disse

di raffreddare il sangue nelle vene.


Passano i giorni e Ulisse non si vede

ma lei dell'aspettarlo non si stanca:

sperando riabbracciarlo in quella sede,

non vuole sventolar bandiera bianca.


Ed ecco un dì l'intuito del suo cane

ritrova traccia dell'amato bene:

fuggono i Proci nelle loro tane


e la stanca Penelope ora tiene

stretta sul cuore quel suo amato Ulisse:

galeotto il sonetto e chi lo scrisse.

mercoledì 15 febbraio 2006

Batterie scariche

Riceverai questo messaggio quando attaccherai la spina del caricabatterie. È strano che una batteria, un piccolo oggetto chimico nascosto dentro un altro oggetto "tecnologico" possa interrompere, almeno per un po', i contatti fra due persone. Non c'è stato ancora niente di "diretto" fra noi, siamo appesi alla tecnologia delle telecomunicazioni: internet, telefono. Succede che quando ci sentiamo mi si blocca il cervello, e riesco raramente a dirti tutto quello che vorrei. Magari trovo la forza, e in quel momento mi passa vicino qualcuno, estranei che non mi va di fare neanche casualmente partecipi dei miei sentimenti. Non c'è privacy. Non c'è intimità. Parlo di sentimenti, di quanto unisce le nostre due anime, di ciò che soltanto noi due potremmo, se volessimo, distruggere così come l'abbiamo visto costruirsi, senza sapere bene quando e come.



L'anima non va a batterie.

martedì 14 febbraio 2006

Pari e dispari

Si gioca ai dadi,

o alle carte,

oppure a "pari o dispari":

non so.


Quante volte ho avuto in mano

punti di un gioco

senza spiegazioni.


Quante volte ho domandato:

"Pari o dispari ?"

Stavolta mi ha risposto:

"Pari e dispari".


Non è facile

far quadrare i conti

nemmeno

con tutti i numeri

del mondo.

sabato 11 febbraio 2006

Arcobaleno

Sciogli quei nodi

che ho alle spalle del cuore.

Usa il tuo fuoco

come sai fare

fin troppo bene.

Rendimi libero,

fammi volare,

ti porterò in una favola.

Raggio di sole sarò,

arcobaleno di nuvola.

venerdì 10 febbraio 2006

Di te

Voglio essere l'aria che respiri,

l'acqua che ora bevi,

il cibo che ogni giorno mangi.

Voglio essere la luce

che entra nei tuoi occhi,

la musica nelle tue orecchie,

il desiderio dentro al tuo piacere.

Voglio godere di sentirti godere,

sentirmi grande come tu mi vuoi

e perdermi nei più segreti

dei sentieri tuoi.

giovedì 9 febbraio 2006

Buongiorno

Buongiorno buongiorno,

senza biglietto di ritorno.


Buongiorno ai tuoi occhi,

buongiorno alla tua bocca,

buongiorno è la mia mano che ti tocca.


Buongiorno sotto le lenzuola,

buongiorno ai figli da portare a scuola,

buongiorno a una giornata di lavoro.


Buongiorno è una pentola di monete d'oro,

fatta del mio buongiorno appassionato,

piena di baci che per te ho coniato.

martedì 7 febbraio 2006

Una favola

L'Uomo di una certa età guardò la Donna, si scambiarono uno lampo d'intesa. Poi guardò la bambina e le chiese: "Vuoi che ti racconti una favola ?"


La bambina rispose, con la sua vocina dolce ma decisa: "Sì, certo !"


L'Uomo cominciò.



C'era una volta una Principessa, che era stata fatta prigioniera da un Mostro, che la teneva chiusa in un Castello. In realtà, il Mostro era stato un bel Principe, che però un giorno aveva fatto arrabbiare una Strega Cattiva, che lo aveva trasformato in Mostro. La nostra Principessa, dunque, trascorreva le sue giornate al Castello: usciva poco, solo per ciò che serviva a mandare avanti la vita quotidiana. Infatti, col passar del tempo, anche la servitù se ne era andata via dal Castello, cacciata dal Mostro o nauseata dalle continue vessazioni e maltrattamenti a cui era sottoposta. Così la Principessa a poco a poco si dovette occupare di tutto: dalla pulizia del Castello, alla preparazione dei pasti, perfino della salute e di un certo benessere del Mostro. Come tutte le Principesse che si rispettino, ella aveva dei Principini da allevare: per la precisione, due bei maschietti e una femminuccia. I principini crescevano in pace e armonia, studiando e dedicandosi alle loro attività preferite, fra cui la musica. Era la Principessa ad assicurare loro che potessero frequentare le scuole e i maestri adatti alle loro esigenze. Il Mostro a modo suo gli voleva bene, e non stentava certo a cercare di dimostrarlo. Ma si sa, i mostri hanno un cattivo carattere. E soprattutto fra il Mostro e la Principessa le cose non andavano affatto bene.


La Principessa era spesso triste e malinconica. Non aveva divertimenti e distrazioni: la sua gioia era dedicarsi ai suoi Principini, ma ogni tanto si ritirava nella Torre, al piano più alto, e si affacciava alla stretta finestra. Scioglieva i lunghi capelli ricci e biondi, e guardando lontano, sognava. Ascoltava le dolci note che provenivano dal piano di sotto: uno dei Principini si esercitava suonando. La mente della Principessa volava lontano, seguendo pensieri, sogni, desideri, e tutte le sue tristezze, le sue paure, gli angoli bui della sua vita sembravano rischiararsi come la pianura al sorgere del sole.


Un giorno, uno di quei giorni in cui l'aria sembra immobile e il tempo dà l'impressione di essersi fermato, o di essere volato via lontano, da quella finestra, laggiù oltre il fiume, la Principessa notò qualcosa. Era qualcuno, un Cavaliere, la cui armatura luccicava alla luce calda del tramonto. Si stava dirigendo verso il Castello.


Il Cavaliere Solitario stava come suo solito correndo dietro all'irrazionale desiderio del suo cavallo, piuttosto che inseguire una meta precisa. Era un bellissimo destriero, nero lucido, non l'avrebbe ceduto per niente al mondo. Era quasi tutto ciò che possedeva, a parte l'armatura e un gruzzoletto di monete d'oro depositate in luogo sicuro. Costeggiarono il fiume. L'aria era tiepida, nonostante la stagione invernale. Le foglie scricchiolavano sotto gli zoccoli del cavallo, che procedeva con una certa indolenza, quasi stesse seguendo un sentiero invisibile.


Il Cavaliere Solitario allungò lo sguardo e vide il Castello, che si stagliava nero e tetro sullo sfondo di un cielo così azzurro da fare invidia alle più belle pietre preziose. Gli parve persino di vedere qualcosa, come un riflesso dorato, lassù, a quella finestra della Torre.


Si avvicinarono ancora, e l'immagine divenne finalmente nitida: una deliziosa fanciulla con i biondi capelli sciolti sulle spalle stava affacciata alla finestra più alta della Torre, e guardava ... sembrava guardasse proprio verso il Cavaliere.


Con una breve corsa al galoppo, cavallo e Cavaliere si trovarono a bussare al pesante portone del Castello. Dapprima, nessuno rispose. Il Cavaliere bussò di nuovo. Si sentì rumore di catenacci, la massiccia porta fu scostata da un solo battente e, nel ristretto spazio inondato dalla luce proveniente dall'esterno, apparve ... la Principessa.


Il Cavaliere smontò dal cavallo, si tolse l'elmo, fece un profondo inchino, deponendo la sua spada ai piedi della Principessa, e disse: "Perdonate, mia Signora, il disturbo che Vi stiamo arrecando, il mio cavallo ed io. Sono il Cavaliere Solitario. Mi trovavo a passare da queste parti, quando ho notato il Vostro Castello. Il mio cavallo è stanco per il lungo peregrinare, la sera avanza, e per questo ho l'ardire di chiedervi, se la bontà Vostra vorrà concedercelo, asilo per la mia cavalcatura e per me stesso, soltanto per una notte. Una stalla basterà al mio destriero, mentre io sono ben avvezzo a passare la notte su un mucchio di paglia.


La Principessa sorrise, nascondendo un imporvviso rossore, e rispose: "Mio Cavaliere, siate il benvenuto. Voi e la vostra creatura sarete accolti con tutti gli onori, se vi accontenterete di quello che trovate. La stalla ormai da tempo è vuota, ma un po' di fieno e di paglia vi è sicuramente rimasto. Per quanto riguarda Voi, potrete accomodarvi in una delle tante stanze vuote del mio Castello. E spero vorrete onorarci della Vostra presenza per la cena che sto per servire in tavola personalmente".


Cenarono tutti insieme: la Principessa, il Mostro, il Cavaliere Solitario, i Principini. Non ci fu una gran conversazione, se si esclude la naturale curiosità dei Principini verso il Cavaliere e le sue avventure, e qualche incomprensibile intervento del Mostro. La Principessa ascoltava.


Arrivò il momento di andare a dormire: i Principini non volevano saperne, ma la Principessa fu molto ferma nel riuscire alla fine a convincerli, anche perché il Cavaliere promise loro di racontare altre delle sue avventure l'indomani. La Principessa accompagnò il Cavaliere verso una delle stanze fredde e vuote del Castello. Il Mostro rimase seduto alla tavola.


Il Cavaliere baciò la mano alla Principessa e disse: "O mia deliziosa, adorata Signora, vorrei che questo minuto durasse tutta la vita, e non mi basterebbe tutta la vita per farvi sentire che cosa provo per Voi: sono venuto qui spinto dal Destino, e ora vorrei avere il tempo per impararVi a memoria, perché so che prima di domani dovrò lasciarVi e non Vi rivedrò mai più. Ma voglio che sappiate che nessun'altra potrà prendere il Vostro posto nel mio cuore, nessuna voce udrò più melodiosa e cara della Vostra, nessuna modestia né grandezza d'animo mi colpirà di altra donna, perché in questo momento io sono l'Uomo e Voi la Donna, unici nell'Universo che tutto unisce dopo aver diviso".


La favola non dice che cosa accadde la mattina dopo ... se mai ci fu una mattina dopo !


L'Uomo sollevò lo sguardo, mentre la Donna cercava di nascondere le lacrime che calde le scendevano sulle guance. La bambina li riportò entrambi alla realtà: "Bella favola ! Quando me ne racconti un'altra ?"


"Quando avrò finito di imparare a memoria tua madre, o meglio, nel frattempo".



venerdì 3 febbraio 2006

L'albero dell'amore

Dal tronco sbocceranno fiori

e frutti arriveranno

a dissetar la fame di dolcezza

che ci fa aspettare.

giovedì 2 febbraio 2006

L'ultimo desiderio

Vorrei morire

amandoti ancora.

mercoledì 1 febbraio 2006

Amore perfetto

Lasciami un dubbio,

un granello di sabbia nell'occhio,

un chicco di sale per condire

il nostro amore perfetto.


Sbattimi in faccia

la verità, ma non darmi

l'idea che sia tutta qua.


Lasciami osare

nella fantasia

di questa anima mia.


Lasciami un dubbio,

un granello di sabbia,

un chicco di sale,

molecole amare del nostro

amore (im)perfetto.