sabato 29 aprile 2006

Due paia di occhiali

Ho due paia di occhiali:

uno mi serve

per vedere la gente di fuori,

l'altro il dolore.


Indosso vestiti,

a volte armature,

sperando che bastino

a farmi normale

a farmi non-male.


Se piango in silenzio,

mi tolgo gli occhiali,

rimetto quegli altri,

normali, banali.


Indosso sorrisi,

a volte battute,

sperando che bastino

a far sopportare,

a farmi restare,

a farti scordare del male.


Ho due paia di occhiali:

uno l'ho messo

per stringermi un nodo scorsoio

al centro del cuore.

venerdì 28 aprile 2006

Vivendo senza amore

Non avrò baci

non avrò carezze

né occhi dentro gli occhi

né tenere certezze.


Consumerò i miei giorni

vivendo senza amore

commettendo convinto

quel piccolo delitto assurdo.

giovedì 27 aprile 2006

Umidità / Asciutto

Acqua invisibile

porta dolori

insistenti

come perduti amori.


Vecchia inquietudine

porta ricordi

trasparenti

come sottili dolori.


Umidità.



Sorsi assenti,

sete di umidità:

aridi gli occhi

come un cuore incastonato

in fredda pietra.


Nuova inquietudine,

ricordi lontani amori

come, ormai, secchi dolori.


Asciutto.


scritta a 4 mani con Carmen

lunedì 24 aprile 2006

Ringrazio un'amica

per avermi donato

le sue parole:




Se mi incateni

muoio,

se mi lasci

inaridisco.


E' un fiore

difficile quello

che ti dono.

E' un dono

non vincolante.

E' un dono.


Dimmi di no,

fallo !

Ti sfido, ma

ogni tua parola

segnerà il mio

cammino!

Incognito

Non te ne accorgerai

non lo saprai:

non metterò in parole

quello che sento

e che definitivamente

di me

hai rifiutato.

giovedì 20 aprile 2006

La bella addormentata nel parcheggio

Vado a cominciare.


Come ogni menestrello e cantastorie che si rispetti, attacco con un paio di strofe "a soggetto", cioè a cavolo, ma non troppo, accompagnate dal suono di un mandolino (forza, immaginate un mandolino !):



nel giardino d'internèt

crescono meraviglie virtuali,

illusioni-delusioni a volte reali


nel giardino d'internèt

meglio camminare che volare

non volendo porci con le ali





La bella addormentata nel parcheggio



C'era una volta, ma forse più di una volta ... una fanciulla, ignara di molte cose che esistono al mondo, ma avvezza a tenere gli occhi bene aperti.


Un giorno, dopo aver gettato un'occhiata senza speranza nel frigo desolatamente vuoto, decise che era arrivato il momento di andare al supermercato per fare la "spesa settimanale".


Lei odiava andare al supermercato: restare oltre mezz'ora chiusa in un ambiente umidiccio, rumoroso, malsano ! e poi tutte quelle luci al neon ! che mal di testa ! non poteva distendere lo sguardo, non poteva ascoltare la sua musica preferita, doveva destreggiarsi con un carrello cigolante fra corsie che certamente nascondevano il necessario, mentre non si vergognavano di invitare a comprare il superfluo, offrendo prodotti con quell'atteggiamento da prostituta neanche tanto convinta, ma piuttosto spaventata dalle minacce del protettore di turno. Già, sembrava di vederlo il "gestore", l'ennesimo impomatato aguzzino, forse un prestanome per oscuri personaggi che avevano soldi da "investire", da riciclare.


Tutto questo le passò per la mente in un attimo. Ma poi, scacciando quei tristi pensieri, si mise in macchina e si diresse verso il maledetto supermercato.


Arrivò in poco tempo. Il parcheggio era semideserto, vista l'ora. Chi si sarebbe sognato di andare là di mercoledì pomeriggio alle 3 ? Neanche i pensionati. E poi la "giornata del risparmio" riservata ai pensionati era il martedì. Faceva anche discretamente caldo, dentro la macchina. Prima di scendere, le venne in mente di cercare nella borsa una moneta, per il maledetto carrello. Guardò nel borsellino: niente. Nelle tasche laterali: niente. Allora si mise a cercare in tutte le tasche, taschine, vaschette e cassettini della macchina. Sapeva che da qualche parte uno stramaledettissimo euro doveva pure saltare fuori. Cominciò a sudare e a sentirsi strana. Si chinò per guardare se magari qualche moneta fosse scivolata sotto al sedile. Mentre sollevava la testa dopo aver frugato fin là sotto ... BAM !






L'appuntato Geraci aveva preso un faldone dall'armadio, come gli aveva ordinato il Maresciallo, e glielo stava portando sulla scrivania. Pratiche già archiviate dell'anno scorso, furti in appartamento. Ma il Comandante aveva chiesto le statistiche. Già: chissà perché ogni tanto, neanche tutti gli anni, ma solo a richiesta, arrivava un ordine "dall'alto" e bisognava mettersi a contare quanti furti c'erano stati, anzi per la precisione: quanti ne erano stati denunciati.


Poteva farlo benissimo l'appuntato Geraci, quel lavoro: avrebbe ammazzato la noia di quella mattina troppo vuota di eventi. Si sarebbe sentito parte dell'ingranaggio, avrebbe immaginato che quei numeri, i "suoi" numeri, sarebbero finiti in qualche bel rapporto ufficiale, e poi sulla scrivania del Ministro ... Ma queste sono cose che spettano a chi di dovere: e infatti il Maresciallo non perse l'occasione di riprendere l'appuntato Geraci, perché gli sembrò che fosse assorto in chissà quali pensieri, tanto che a momenti stava per inciampare e rovinare a terra con tutto il faldone dei furti. Appuntato Geraci ! ma che fa ! "Mi scusi Maresciallo ... ecco il faldone dei furti dell'anno scorso".


In quel momento, squilla il telefono. Il Maresciallo si fa subito scuro in volto. Prende la pistola e ordina all'appuntato di seguirlo: era stato segnalato qualcosa di sospetto nel parcheggio del supermercato. A quell'ora. Saranno state le 9, le 9 e trenta di mattina.


Con l'auto di servizio ma senza sirena arrivano al parcheggio: il custode del supermercato, col suo grembiule blu, sporco di grasso e polvere, li sta aspettando. E' agitatissimo. Laggiù, venite, nella macchina ! In un angolo un po' appartato del parcheggio c'è un'utilitaria, ferma, a motore spento. Sembra una delle tante macchine che ogni giorno transitavano da quel parcheggio, mezz'ora, un'ora, il tempo necessario per fare la spesa, ma ... I tre si avvicinano, quasi trascinati dal custode, che continua ad agitarsi, indicando la macchina. Dai finestrini si intravvede appena una giovane donna, riversa di lato sui sedili anteriori. E' immobile. Sembra morta.


Con consumata maestria, agevolata dalla scarsa resistenza della serratura dell'auto, il Maresciallo apre la portiera, mentre l'appuntato controlla intorno. Nessun movimento sospetto. A quell'ora i clienti del supermercato sono ancora pochissimi, essendo appena aperto. La donna giace immobile, come se, seduta al posto di guida, fosse caduta di fianco, accasciata verso destra. Ora, da così vicino, non sembra più ... il Maresciallo le sente il polso: debolissimo. Presto, un'ambulanza ! I due Carabinieri controllano: non c'è traccia di ferite, né di violenza. Cercano di rianimarla, con scarsi risultati.


I barellieri caricano la donna sull'ambulanza, che riparte subito a sirene spiegate.






"Mamma, come si scrive 'rinozauro' ?" la voce della bambina echeggia dalla sua stanzetta, attraverso il piccolo corridoio, fino alla cucina, dove la madre sta mettendo a posto la spesa, parte nel frigorifero e parte nei pensili. Il latte va in frigo. Carne e verdura pure. La farina la metto qui sul tavolo, dopo ci pensiamo. Dove si sono cacciati gli yogurt ? Finiscono sempre in fondo alla busta ! Eccoli qua: questi vanno subito in frigo ! vicino al latte.


Alzo la testa, giusto in tempo per sentire la voce della bambina che ripete insistente: "Allora ? 'rinoxauo' ?". "No, no ! Di-no-sau-ro ! Capito ? Di-no-sa-u-ro" ripeto, cercando di staccare le sillabe una dall'altra. Silenzio.


Meglio sbrigarsi a mettere tutto a posto. Com'è tardi ! Si perde sempre un sacco di tempo, ogni volta che andiamo a quel maledetto supermercato. Bisogna cominciare a cucinare: che fare per cena ? "Chiara, lo vuoi l'hamburger ?". Silenzio.


Dopo un attimo: "Di-no-zauro ? con la zeta ? come zanzara ?". Uffa. Basta gridare per tutta casa, non serve. Ora vado di là e glielo spiego. "Ti ho detto 'Di-no-sssaaa-u-ro' con la esse di serpente ! con la esse, capito ?". La bambina scrive lentamente 'dinosauro' sul quaderno, con grafia incerta ma convinta.


"Allora, va bene l'hamburger ?". Silenzio. Dopo un attimo, Chiara alza lo sguardo verso la madre: "che hai detto ?". La madre scuote la testa, spazientita: "ho detto se vuoi l' AM-BUR-GHER !" sibilando. Silenzio. "Boh, vabbè, fà quello che vuoi ... tanto non ho fame".


(continua ...)

martedì 18 aprile 2006

Miopi

Ma ti sembro uno che "si guarda intorno" ? Uno che sa riconoscere le "fortune" che gli capitano ?

Sì, lo so che sono fortunato, forse più fortunato della media. Ma che c'entra ? Sono nato miope, e i miopi come me, miopi nell'anima, non vedono al di là del loro naso. E allora diventano introversi: si convincono che l'Universo stia tutto dentro sé stessi, al di qua di quelle due finestre spalancate sulla nebbia perenne.

Ne ho avute di occasioni: le ho perse quasi tutte, per non dire tutte. Se non capisci questo, se non lo accetti, non capirai chi sono, non potrai amarmi, ma soltanto disprezzarmi, odiarmi perché non ti sono stato a sentire.

C'è qualcosa là fuori, forse qualcuno. Ma non saprò che cosa, se non capita abbastanza vicino. Ho passato tutta la vita a cercare di avvicinarmi, ora a questo, ora a quello, per cercare di vedere che cosa c'era là fuori.

Ora sono stanco, irrimediabilmente e assolutamente stanco. Allungo una mano, e quello che trovo sarà il mio mondo. Nient'altro. Non mi va neanche di allungare troppo il braccio. Fingerò di non potermi muovere. Non macinerò più chilometri e chilometri per andare incontro al nulla, al dubbio, all'incertezza, alle possibilità, alle critiche di perfezionisti senza specchi e senza pietà.

Ho passato tutta la vita a dar retta a chi mi diceva che potevo fare meglio, dare di più, essere meno egoista. Ora basta. Chi non riesco a vedere, non esiste. Chi vuole parlare con me, deve prima ascoltare quello che ho da dire, le storie che ho voglia di raccontare. E i miei silenzi. Lunghi, eloquenti, estenuanti silenzi.

Forse qualcuno capirà. Molti mi malediranno. Così sarò libero di andarmene all'inferno, che mi aspetta. Consoliderò un'abitudine.

Domanda e Risposta

Domanda: Esiste una donna che stia bene con me, non per una serata, non per un mese ... qualcosa di più !


Risposta (da un'amica):
Certo che c'è una donna che sta bene con te: è quella che ama discutere di ogni cosa, che adora parlare e anche infervorarsi, che non disdegna le carezze e i giochi. Colei che ama leggere, scrivere (forse), che quando guarda un quadro non vede i soli colori, che quando quarda una stella non vede una semplice luce ...

venerdì 14 aprile 2006

Sogno di Pasqua

Come "Augurio di Pasqua" ri-pubblico questa canzone che ho scritto quando avevo 16 anni.



Sogno d'un mondo impossibile

d'un utopia che non ci sarà,

dove la gente sorride e ti sa dire l'amore cos'è,

sogno di un'isola d'oro dove sia l'uomo padrone di sé,

sogno di un'isola bianca dove tu possa stare con me.


Sogno perduto nel verde di tanta erba che non c'è più,

sogno perduto nel cielo, che va scomparendo sempre di più,

sogno di un ambiente sano per i giochi di tutti i bambini,

sogno di una ciminiera che non dà fumo ma solo fiori.


Sogno di un mondo di pace, dove il sangue non scorre mai,

dove si fanno le guerre alla fatica e alla malattia,

dove si sogna ogni volta che si va a letto a dormire,

dove dispiace davvero quando un giorno si deve morire ...


dove dispiace davvero quando ... un giorno ...

giovedì 13 aprile 2006

Come ti vorrei

non sei come vorrei

e allora passi

fra le dita

di questa mia anima smarrita

come acqua di mare,

come sabbia che cade e scompare


Smoke on the water



e allora scendi, sali e ritorni

a tormentarmi i giorni

da lontano ti avvicini

a deliziarmi fino a straziarmi


Smoke on the water



non sei come vorrei

ma come ti vorrei

e come sei ?

m'interrogo e non so

rispondere non so


Smoke on the water



ti guardo

forse sì, ora ti vedo

forse no, m'illudo

ti ascolto

e perdo il conto


Smoke on the water



e perdo ciò che ho vinto

e vinco la diffidenza mia

ti tocco, non ti stringo

per timore di vederti svanire


Smoke on the water



allora, e ora, e ancora:

àncora che tiene ferma

questa barca nel mare,

anima fatti guardare

come sei, anche se

non sei come ti vorrei

forse ti voglio come sei


Smoke on the water


mercoledì 12 aprile 2006

Lingue di ghiaccio

Lingue di ghiaccio emergono

dal profondo inverno

a gelarmi la schiena:


ma non si gela il cuore.

Del sogno

Del sogno, bisognerebbe saper trattenere i momenti belli che ci ha comunque regalato, sognandolo !

martedì 11 aprile 2006

Nulla

Secca la lingua

di parole e muta

resta la penna,

inerme la tastiera.


Di sentimenti

all'ombra della sera

non posso più,

non voglio ricordare.


Strappo, rivolto zolle,

sperando di mutar

le sorti e invano

cerco dentro di me le melodie.


Unisono fu il suono

finché cessò d'un tratto,

e non capir m'è nera

condanna che subisco.


Silente m'allontano

e sto, con questo strano

pensiero o sensazione

del nulla tutto intero.

lunedì 10 aprile 2006

Forse quello

Donne che mi hanno cercato

per fare sesso sfrenato:

forse quello era amore ?


Donne che mi hanno voluto

per la sicurezza che ho dato:

forse quello era amore ?


Donne che mi hanno lasciato

per un pomeriggio annoiato:

forse quello era amore ?


Donne che mi hanno guardato

dalla superficie del cuore:

forse quello era amore ?


Donne, ricordi, speranze,

sapori, penombra di stanze,

donne effimera gioia,

donne scintille di vita,

donne dolore:

forse questo è l'amore ?

giovedì 6 aprile 2006

Il Cavaliere Solitario e la Corona d'oro

Il Cavaliere Solitario avanzava sul suo destriero al trotto lungo il fiume. La luce tagliente del mattino lo accompagnava filtrando fra il fogliame della vegetazione che cresceva spontanea sulla sponda. Non guardava vicino, né lontano il Cavaliere. Sembrava assorto nei suoi pensieri. Invece era prigioniero di un sentimento di profonda delusione. Ma come suo solito non lo dava a vedere, anche se lì intorno non c'era nessuno che potesse vedere. Certe sensazioni le nascondeva perfino a sé stesso: non per ipocrisia, ma per pudore. Spogliarsi l'anima o il corpo, anche in assenza di occhi che potessero vedere e quindi giudicare, era un gesto estremo per lui.


Fece ancora qualche passo, poi scese da cavallo e continuò a piedi. Fissava la superficie scintillante dell'acqua del fiume, che scorreva nella sua stessa direzione. In realtà, non stava andando in nessuna direzione, non aveva una meta precisa. Lasciava scorrere i suoi pensieri, così come un prigioniero esplora le pareti della cella cercando una possibile via di fuga. Ma per ora non aveva trovato nessuna via di fuga.


Gli tornò in mente quella corona. L'aveva fatta forgiare da quel suo amico artigiano, col metallo che aveva messo da parte durante le sue scorribande: oro zecchino, argento, un po' di platino, qualche pietra preziosa. Il suo amico ne aveva fatto un piccolo gioiello, degno dei migliori sovrani da lui conosciuti. Con quella corona era capitato in quel Castello, dove la Castellana dai lunghi capelli dorati lo aveva stregato col suo fascino dolce e misterioso. Non ripercorse tutta la storia, ma ricordò soltanto il momento in cui aveva offerto la corona alla Castellana, chiamandola "Regina". Anche se lui sapeva bene di non essere un Re, per lui lei era la sua Regina. La più importante. La più splendente. Lei. Per un po' gli era sembrato che la Castellana gradisse quella condizione, quel ruolo, gli sembrò che lei fosse entrata volentieri nel personaggio di quella favola.


Il cielo si fece più scuro. Non riusciva a farsi una ragione del perché di quel gesto, quando lei prese la corona, si avvicinò alla finestra e lanciò la corona fuori del castello, verso il fiume. Lui vide la corona cadere seguendo una perfetta parabola, illuminata dai raggi del sole, fino al momento in cui la vide inabissarsi nella corrente del fiume, laggiù nella valle.


Aveva tentato di chiedere ragione alla Castellana per quel suo gesto, senza risultato. Allora aveva preso il cavallo ed era uscito dal castello, forse per sempre.


Immaginò di essere un uomo moderno, del ventunesimo secolo. Si vide camminare in discesa lungo un anonimo marciapiede di una strada trafficata di una moderna metropoli. Quel cassonetto era lì, come ogni mattina. Un cassonetto qualsiasi, di plastica verde, di quelli in cui gli abitanti di una metropoli del ventunesimo secolo buttano i sacchetti della spazzatura. Nella borsa, oltre al computer portatile e alle scartoffie del lavoro, aveva quel libro, che aveva gelosamente custodito e nascosto in attesa di poterlo portare a ... Era impacchettato in una carta rossa, da regalo. Il libraio ci aveva messo anche un fiocchettino dorato, fissato con un adesivo luccicante. In un istante, estrasse il pacchetto col libro dalla borsa e lo gettò nel cassonetto. Richiuse la borsa e continuò a camminare a passo svelto. Il cuore gli batteva forte.


Il Cavaliere rimontò a cavallo e si lanciò al galoppo incontro al sole che si alzava. La Castellana, affacciata ad una finestra del castello, lo vide sparire all'orizzonte in una nuvola di polvere.

martedì 4 aprile 2006

Bolle di sapone

Iridescenti promesse

di una realtà che solo a volte è,

riflettono sogni infranti:

specchi sferici

deformanti.

lunedì 3 aprile 2006

APRILE (acrostico)

Ancora torni mio adorato mese,

Prendendo dal mio cuore le sorprese.

Restituisci splendide emozioni.

Il falso e vero verde tu disponi

Le novità a portar: la luce sul mio viso.

E rido senza senso, all'improvviso.