domenica 15 ottobre 2006

Sabatomattina

In mezzo ai rumori di una solitudine voluta,
tengo lontani sentimenti e battiti:
non più, mio cuore,
permetterò che possa illuderti la vita,
farti volare in alto
lasciandoti cadere all'improvviso.

Giocattolo degli altri non sarai,
non sarò più, lo giuro.
Sordo egoista m'improvviserò,
nulla è dovuto, nulla pagherò in contanti,
dopo tanti conti saldati troppo in fretta.

Chi viene, chi torna, chi per nuove strade
condurrà il destino avanti a questi occhi:
tutti e tutto saprò tener lontano da te,
unico tesoro, motore immobile del mio tempo strano,
folletto saltellante che mi porto dentro: cuore.

Altri sapran parlar d'amore,
altri di altrui faran le mosse che nascondono
inconfessabili destini e voglie:
non coinvolgetemi in queste ipocrisie,
non me, non più.

Ho creduto in quello che vedevo
e non ho visto quello che nascondevate.
Non me ne pento, ma non pretendete
da me allegria, gioia e sollazzo,
dopo che avete riempito d'inganni
e furti questo mio vivere,
e avete rotto il cazzo.

Come vedete resto,
seduto come un mendicante,
su questo marciapiede
sporco e maleodorante.
Non chiedo carità,
non voglio pasti caldi
né ricovero la notte:
ormai so sopravvivere
a insulti, sputi e botte.

Lamento i miei malanni,
e i miei lamenti saran per voi
maledizioni che dureranno anni.
E i secoli a seguire non sapranno
di che morte fui capace di morire,
senza perder coscienza,
ad occhi aperti.

Lascio tutto me stesso al mondo,
che non saprà che farsene,
di questo folle non-banale attore
passato in questa vita
soltanto col suo cuore.