giovedì 30 novembre 2006

Vedrai che starai meglio

Era tutto così improbabile da sembrare un sogno. Vero, era vero. Lo sentiva sulla pelle, ma soprattutto sotto la pelle. Lo sentiva nella testa, dietro agli occhi, dentro al cuore. O almeno, dalle parti dove pensava di avere il cuore. Spesso prendeva il volo, quel suo stupido cuore, lasciandolo lì come un cretino, ad aspettare che tornasse, a contare i giorni, le ore, i minuti, che sembravano ormai senza fiato. E quando tornava erano guai. Ma c'era abituato, ormai. Ricominciare: gli sfuggì una risata, che nessuno sentì, perché lì intorno non c'era nessuno. Anche questo era strano: poteva trovarsi nei posti più affollati, ma intorno era come se non ci fosse nessuno. Poteva perfino trovarsi nel mezzo di una tranquilla conversazione e non riuscire a vedere, a sentire nessuno intorno. Vuoto e luce, aria e vuoto, e nient'altro. Così era fatta la sua anima. Ma era anche il suo segreto: non lo avrebbe svelato a nessuno, per nessun motivo, tanto era sicuro che nessuno l'avrebbe scoperto. A meno che. Ma era del tutto improbabile incontrare quella persona, sì proprio quella, l'unica che avrebbe potuto capire, entrare dentro senza bussare, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se non fosse mai stata lontana da lì, da lui.

"Ma quanto mi sforzo di farmi odiare da te" disse, senza sapere bene che cosa volesse dire. "Ma io non ti odio, puoi provare all'infinito" rispose lei. "Allora facciamo così: io smetto di tentare di farmi odiare".
"Vedrai che starai meglio" fu la risposta. "Non è che ora sto male" disse voltandosi verso di lei, ma ... non c'era nessuno. Certo, nessuno poteva capire, nessuno sarebbe potuto entrare senza bussare. Da lontano sentì arrivare una musica sottile, come di uno strumento a corda, forse una chitarra, forse altro, accompagnato da un'orchestra, un ritmo rock, a tratti elettronico "... here comes the rain again ...".

La Musica, quella sì, contava moltissimo: il linguaggio dell'anima, una delle sue tre "emme". L'unica che riuscisse a fargli un po' di compagnia. Mise pezzi un po' a caso: no, non faceva quasi niente per caso. Irrazionalmente sì, ma non a caso. In certi momenti, per esempio, meglio lasciarsi cullare dal ritmo, senza seguire troppo le parole. Le labbra erano ferme, le gambe accavallate, ma la sua anima ballava e cantava a squarciagola "I never really loved you anyway...".