venerdì 16 dicembre 2011

sala d'attesa

Non sono certo belle sensazioni quelle che si provano nella sala d'attesa di un ambulatorio medico. Ansia, noia per il tempo che si perde, incertezza su quello che ci verrà detto e su quello che dovremo fare, dopo. E più si prolunga l'attesa e più monta il disagio, il malessere, quel senso di "non ancora", "non si sa" che prende alla gola e stringe, soffoca. Ogni minuto che passa è una pietra al collo. Quando finalmente arriva il nostro turno, quasi non ci sembra vero, ci gira la testa e non siamo quasi più in grado di comprendere quello che ci viene detto, che pure è importante per il nostro futuro. Si esce dall'ambulatorio più che frastornati, scossi, svuotati, con quel foglietto in mano su cui c'è scritto il verdetto, a volte la condanna, quasi sempre una pena.

martedì 29 novembre 2011

Affogandoci nebbie

Le parole servivano complete
a sottolineare imperfezioni
ed atti impuri
di anime accostate senza mèta.

Eravamo arrivati e non partimmo,
stavamo fermi a velocità impossibili
e fuori il vento
ci portava sapori d'altro tempo.

Superlativamente pieni d'aggettivi
stavamo rimirando ogni espressione
d'etere alieno
e non volgemmo gli occhi a questa luna.

Arando cuori ed altre relazioni
andavamo infelici degli onori,
ed ogni luogo
ci scopriva immergendoci nel buio
di altre frasi non dette e di colori.

Alla fine del viaggio ci perdemmo,
abbacinati e pieni di ricordi
senza rimpianto:
e la vita riprese il suo cammino
affogandoci nebbie sul cuscino.

giovedì 24 novembre 2011

Trasloco

Ecco qua. Ho traslocato da quella piattaforma là... come si chiama? ah, sì! qualcosa come "spider", "slunder". Insomma, 7 anni della mia vita online. Può darsi che nel trasloco qualcosina sia andato perso, ma chissenefrega. Tanto alle blogfest non ci andavo più da tempo.

giovedì 17 novembre 2011

A valle

Non mi sorprende più
il mutar delle stagioni:
come l'acqua del fiume
anticipa la riva
mi curvo,
l'assecondo,
sbatto,
m'immergo
e torno nel vortice
a rituffarmi a valle.

lunedì 31 ottobre 2011

Il missionario

In autunno, non c'è cosa migliore di una bella panchina al sole per riscaldare la schiena.

Ero seduto da nemmeno cinque minuti, la giornata era calma, pochissime automobili in giro, nessun bambino urlante. Non li avevo visti arrivare. Erano in due, un uomo e una donna, sulla quarantina. Lui portava in mano un libro con una copertina tutta nera. Si avvicinarono come per chiedere un'informazione: dopo tutto, di turisti ce n'è sempre tanti, e a volte fa piacere rendersi utili.

"Buongiorno" fece lui "scusi se la disturbo". Dopo queste parole, avevo già cambiato opinione su quei due: certamente non erano turisti. "Non si preoccupi, non siamo 'Testimoni'..." evidentemente si riferiva ai Testimoni di Geova. "Io sono G. e questa è mia moglie J. - piacere". Piacere, uhm: vediamo che cosa 'vendono'.

"Noi siamo stati mandati dall'Inghilterra (sic!), siamo missionari". E giù tutto un discorso sulle umane difficoltà, sulle circostanze della vita. Pensai: ecco che chiedono soldi. Invece no.

Seguì una mezz'ora di pacato discorso di contenuto "teologico". Notai che il tizio - la moglie intanto si era allontanata - cercava di farmi dire cose riguardanti la mia vita: se avevo parenti in difficoltà, se ero stato coinvolto in dolorose separazioni, se vivevo da solo. Scantonai abilmente tutta questa inquisizione e riuscii a buttare là qualche frase di sicuro impatto biblico. Il libro nero che aveva in mano era infatti una Bibbia, che il tizio apriva e chiudeva per sottolineare parti del suo discorso. Mentii sul mio vero nome (ah, santa Internet! quante cose ci insegni!) e dissi qualcosa che gli fece sembrare che io fossi un ex insegnante.

Alla fine, ma senza fretta, dissi che dovevo andare. Lui piazzò un paio di frasi adulatorie sul piacere di aver fatto questa chiacchierata con me, e poi estrasse dalla Bibbia un fogliettino stampato, su cui erano riportati vari paragrafetti edificanti e, in fondo, i recapiti telefonici a cui avrei potuto contattarlo per continuare la chiacchierata, se avessi voluto.

Dopo i saluti, mi allontanai dalla parte opposta a quella verso cui lui si dirigeva, e pensai quasi subito che no, quella chiacchierata non avrei voluto continuarla. Così, senza un particolare motivo.

domenica 30 ottobre 2011

Una pioggia sottile

Eravamo usciti perché in quella casa cominciava a mancarci l'aria. Pasquale camminava restando un po' indietro, ogni tanto parlava. Era di poche parole, Pasquale, detto Lillino, ma di solito era un ragazzo allegro.

Cominciò a piovere, e forse fu un bene. Le lacrime sue non si vedevano più, le mie dovevano forse ancora arrivare. Girammo a vuoto per il quartiere vuoto. Non ci sembrava più lo stesso, ora che zio era morto. Ci lasciammo inzuppare dalla pioggia che scendeva sottile, come il male di vivere.

sabato 1 ottobre 2011

tempo

per sognare ci vuole tempo, e il tempo è solo un sogno

mercoledì 28 settembre 2011

Resti

Cosa resta di me?
Poche fotografie,
un libro di poesie
mai pubblicato,
un filo da bucato,
un piatto, una forchetta,
un contorno di fretta,
nessun gatto,
una strana voglia
di essere intero,
un giallo di foglia,
un mio pensiero.

martedì 27 settembre 2011

Ferro

Non sarà la ruggine sul tronco
e sui miei rami
a fermare i miei colpi
finché avrò ferro
per combattere.

lunedì 26 settembre 2011

Fuori piove

Fuori piove come quando
non ci siamo mai incontrati.

Ogni goccia del mio tempo
del tuo tempo non ricorda.

Fuori forse, forse altrove,
non comunque, non adesso.

Nel frattempo, vedi, piove
ferma il tempo, l'ora, il dove.

sabato 10 settembre 2011

Le cose che contano

I giorni tutti uguali,
vestire d'ironia quella tristezza dentro
perché nessuno veda e senta,
perché nessuno.

Finta socialità
come da solo
ogni passo, ogni sguardo,
ogni parola
al vento.

Ma le cose che contano
contarle sempre sullo stesso dito
di quella mano
tua.

sabato 9 luglio 2011

Foglia

Ero foglia appena nata
in primavera
alla curiosa scoperta del mondo.

Sono foglia d'estate
e godo al vento
del sole
e il canto delle cicale
mi culla
questo dolce
far niente.

Sarò foglia in autunno
pronta a cadere
quando verrà
il mio momento
per ritornare
terra
albero
foglia.

sabato 28 maggio 2011

Rondini

Forse ero rondine

e non lo sapevo.

venerdì 15 aprile 2011

Impronte

Ci saranno rimaste le mie impronte digitali, su quei fogli - pensò. Poco male, tanto nessuno andrà a cercarle. Esplorare, invece, il cuore degli altri, quello sì, gli era sempre piaciuto. Anche di nascosto, anche senza scopo.


Allungò lo sguardo fuori della finestra. Il cielo grigio uniforme sembrava non finire mai, come il freddo di quella primavera fredda. Pensava ai merli, sempre indaffarati a cercare invisibili tracce di cibo, sempre curiosamente distratti nella loro svanita concentrazione.


Non c'erano rumori, là fuori. Le attività degli esseri umani sembravano rispettare il suo bisogno di riflessione. La natura tratteneva il respiro, in attesa di che. Cercò di immaginare il futuro: è cosa che gli uomini fanno più di quanto vogliano riconoscere. Si percorre una strada. Piano, a piedi. Ci fa compagnia il paesaggio, il sogno.


Voler conoscere e toccare, come un cieco, l'anima altrui era stata la sua più grande ossessione. Più che un'ossessione, l'obiettivo di una vita. Non si può misurare una vita, se non dal di fuori. Non si può abbattere quel mistero che dice "tu-io", nemmeno con la conoscenza.


Volò via prima che il gatto potesse accennare una mossa. Le sue impronte rimasero sui fogli, invisibili ai più.

lunedì 4 aprile 2011

sensazionale

posso resistere a tutto, tranne che alle sensazioni

venerdì 18 marzo 2011

Verdeazzurro

Il vento ha arrotolato

tutto il verde alle bandiere.


Il cielo del suo azzurro si bea

poi si vergogna a nuvole.

giovedì 3 marzo 2011

Mario è caduto

La Silvia aveva appena cominciato a scrivere le mie ricette. Non capisco perché all'incirca ogni mese devo tornare dal dottore per farmi "segnare" sempre le stesse quattro medicine: sono malato cronico, ho l'esenzione e una diagnosi praticamente permanente da oltre cinque anni. In realtà, il dottore manco mi vede: se la sbriga la segretaria, la Silvia: cerca, scrive, stampa, poi va dal dottore e torna con le ricette firmate. Stamattina, all'improvviso SDRENG! Un rumore di qualcosa che cadeva, di là, nel corridoio. È stato un attimo. Siamo corsi a vedere, io e la Silvia. C'era un uomo per terra, semidisteso fra due sedie. Le due stampelle erano lì vicino. Abbiamo chiesto se stava male. Mario ha maledetto la sua sclerosi. L'abbiamo tirato su e messo a sedere su una delle sedie. Mentre la Silvia andava a cercare qualcuno, Mario mi raccontava a mezze frasi della sua malattia, che gli bloccava una gamba, ogni tanto.


Dopo pochi minuti, insieme con la Silvia arrivò un uomo del 118, con una sedia a rotelle. Lo sistemammo lì sopra. Mario volle andare a casa con la sua macchina. Era parcheggiata lì fuori, disse. "Ma ce la fai a guidare?". "Sì sì, i piedi funzionano."


Lo vidi andare via guidando con sicurezza.


Mario vive da solo, nella stessa strada dove vivo io. Infatti l'ho rivisto, tornando. Era caduto di nuovo, scendendo dalla macchina. Con l'aiuto di un vicino, lo tirammo su. Lo vidi sparire nel portone di casa sua, portato a spalle da due vicini.


Mario è caduto. E resta solo.

martedì 15 febbraio 2011

realistica

mi meraviglio, ogni volta, di svegliarmi e trovare tutte le cose intorno, allo stesso posto in cui le avevo lasciate addormentandomi: chiunque abbia progettato la realtà, l'ha fatto in modo davvero realistico: armadio, comodino, pantofole, governo...


anche uscendo di casa: trovo sempre la stessa via, le stesse case, l'arco, la pasticceria, la piazza, nella piazza il vigile (sempre lo stesso), più in là la posta, l'incrocio, il bar dove prendo il caffè


ecco: il caffè sembra sempre lo stesso, ma sospetto che cambi da un giorno all'altro (mi riferisco al liquido scuro, non al locale)...

martedì 1 febbraio 2011

Visioni d'infanzia

Dalla finestra di casa di nonna si vedevano i lavori di costruzione di un palazzo. Scavatrici e ruspe facevano un buco grande, rettangolare, nel terreno. Camion andavano e venivano, portando via la terra. Ogni camion era riempito in cinque minuti circa, poi lasciava il posto al successivo.


In seguito altri macchinari scavavano altri buchi, piccoli e profondi. Per le fondamenta, mi dissero.


Dopo un po' di giorni cominciavano i lavori col cemento. Grosse betoniere versavano quella specie di fluido grigiastro dentro un imbuto, e poi un meccanismo, una specie di pompa, portava il cemento dentro le forme di legno che erano state costruite. Passavo le giornate ad osservare gli operai che costruivano quelle forme, che avrebbero dato vita a pilastri, traverse e altri pezzi di cemento.


Quando il cemento si era solidificato, gli operai si davano da fare per distruggere le loro magnifiche opere in legno. Era arrivato il momento dei mattoni. Grandi camion di mattoni lasciavano il loro carico, ancora impacchettato, sul terreno, e la gru sollevava e trasportava pacchi di mattoni là dove servivano. Opportunamente sistemati, quei mattoni diventavano muri e solette per pavimenti, appoggiandosi al cemento appena costruito.


Non vidi le fasi successive della costruzione di quel palazzo, e forse non riconobbi nemmeno il palazzo stesso, molti anni dopo. Ma quella costruzione è rimasta nella mia memoria come un bel ricordo infantile, un sogno, forse un'allegoria.

domenica 30 gennaio 2011

I giorni freddi

Nei giorni più freddi

si sogna il sole


e tutto sembra teso

al futuro infinito.


Silenzi all'esterno

e dentro rumori


come segni di vita

nonostante.