lunedì 31 ottobre 2011

Il missionario

In autunno, non c'è cosa migliore di una bella panchina al sole per riscaldare la schiena.

Ero seduto da nemmeno cinque minuti, la giornata era calma, pochissime automobili in giro, nessun bambino urlante. Non li avevo visti arrivare. Erano in due, un uomo e una donna, sulla quarantina. Lui portava in mano un libro con una copertina tutta nera. Si avvicinarono come per chiedere un'informazione: dopo tutto, di turisti ce n'è sempre tanti, e a volte fa piacere rendersi utili.

"Buongiorno" fece lui "scusi se la disturbo". Dopo queste parole, avevo già cambiato opinione su quei due: certamente non erano turisti. "Non si preoccupi, non siamo 'Testimoni'..." evidentemente si riferiva ai Testimoni di Geova. "Io sono G. e questa è mia moglie J. - piacere". Piacere, uhm: vediamo che cosa 'vendono'.

"Noi siamo stati mandati dall'Inghilterra (sic!), siamo missionari". E giù tutto un discorso sulle umane difficoltà, sulle circostanze della vita. Pensai: ecco che chiedono soldi. Invece no.

Seguì una mezz'ora di pacato discorso di contenuto "teologico". Notai che il tizio - la moglie intanto si era allontanata - cercava di farmi dire cose riguardanti la mia vita: se avevo parenti in difficoltà, se ero stato coinvolto in dolorose separazioni, se vivevo da solo. Scantonai abilmente tutta questa inquisizione e riuscii a buttare là qualche frase di sicuro impatto biblico. Il libro nero che aveva in mano era infatti una Bibbia, che il tizio apriva e chiudeva per sottolineare parti del suo discorso. Mentii sul mio vero nome (ah, santa Internet! quante cose ci insegni!) e dissi qualcosa che gli fece sembrare che io fossi un ex insegnante.

Alla fine, ma senza fretta, dissi che dovevo andare. Lui piazzò un paio di frasi adulatorie sul piacere di aver fatto questa chiacchierata con me, e poi estrasse dalla Bibbia un fogliettino stampato, su cui erano riportati vari paragrafetti edificanti e, in fondo, i recapiti telefonici a cui avrei potuto contattarlo per continuare la chiacchierata, se avessi voluto.

Dopo i saluti, mi allontanai dalla parte opposta a quella verso cui lui si dirigeva, e pensai quasi subito che no, quella chiacchierata non avrei voluto continuarla. Così, senza un particolare motivo.

domenica 30 ottobre 2011

Una pioggia sottile

Eravamo usciti perché in quella casa cominciava a mancarci l'aria. Pasquale camminava restando un po' indietro, ogni tanto parlava. Era di poche parole, Pasquale, detto Lillino, ma di solito era un ragazzo allegro.

Cominciò a piovere, e forse fu un bene. Le lacrime sue non si vedevano più, le mie dovevano forse ancora arrivare. Girammo a vuoto per il quartiere vuoto. Non ci sembrava più lo stesso, ora che zio era morto. Ci lasciammo inzuppare dalla pioggia che scendeva sottile, come il male di vivere.

sabato 1 ottobre 2011

tempo

per sognare ci vuole tempo, e il tempo è solo un sogno