sabato 17 dicembre 2016

L'ispirazione

L'ispirazione: il grande mistero.
Oggi vorrei parlare dell'ispirazione, questa preziosa sfuggevole creatura cara a tutti gli artisti e anche a chi scrive.
La si cerca spesso, ma arriva solo quando vuole. È una essenza libera, che non si lascia mai comandare. Impossibile non amarla, una volta che si è fatta la sua conoscenza. Quando va via, lascia sempre quel desiderio di "ancora", quando arriva prende possesso di tutto il nostro essere.
Per chi scrive, l'ispirazione è l'atto stesso di scrivere. Chi mai prenderebbe la penna o la tastiera in mano se non fosse spinto da un irrefrenabile impulso a mettere "nero su bianco" una marea di parole, frutto del proprio pensiero, delle proprie emozioni, a volte dei ricordi, spesso figlie della fantasia.
Non credo sia possibile determinare "a freddo" l'oggetto dell'ispirazione. Certo, alcuni scrittori prediligono parlare di certi argomenti, descrivono certi ambienti piuttosto che altri, raccontano un certo tipo di storie, sempre con un certo "stile" riconoscibile. Ne sanno qualcosa i critici letterari, abituati ad analizzare le forme espressive dei diversi autori.
Ma questa è solo la superficie, la forma, appunto. L'ispirazione va più a fondo, l'ispirazione è invasiva (mai invadente), l'ispirazione pretende e non ammette repliche.
Per chi, come me, scrive usando molto la fantasia, l'ispirazione è essenziale per produrre qualcosa di leggibile. Ogni scrittore ambisce di diventare universale, di avere un pubblico quanto mai allargato. Ma ciò non è possibile, se non a costo di scrivere cose banali. Ogni scrittore deve quindi adattarsi ad essere incompreso da molti: ci sono scrittori che addirittura sono stati compresi ed amati molto tempo dopo aver creato le loro opere. Semplicemente, il loro tempo, la loro ispirazione li aveva spinti molto avanti rispetto ai loro contemporanei.
L'aspetto più difficile relativamente all'ispirazione è non farsela sfuggire. Per questo gli scrittori usano spesso alcuni stratagemmi, come appuntare le idee appena si manifestano, evitare le distrazioni e associare l'ispirazione a qualcosa o qualcuno che appartiene al loro mondo concreto. Ma a volte tutto ciò non è sufficiente, e allora non resta che aspettare che l'ispirazione torni a rapire il cuore dello scrittore con la sua imprevedibile grazia.

Quando si scrive

Quando si scrive.
Non lo so, in generale: non voglio tracciare una teoria e nemmeno un'ipotesi sui processi mentali e materiali che determinano la "voglia di scrivere".
Mi limiterò a dire che cosa accade nel mio caso, e secondo le mie percezioni soggettive.
Credo che la Fantasia giochi un ruolo determinante in tutto ciò che scrivo, ma soprattutto nella disposizione d'animo che determina la mia "voglia di scrivere". La realtà, ciò che accade nella mia vita, deve essere filtrata (stavo per dire "sublimata") da una buona dose di Fantasia, e da una fantasia di buona qualità, che soddisfi la mia esigente aspettativa di vita-sogno.
Gran parte di quello che scrivo finisce per essere cancellato e distrutto. Una piccola parte costituisce la base su cui tessere trame narrative o più semplicemente oniriche.
Non mi assale mai la domanda se ciò che scrivo potrebbe mai interessare qualcuno. Il (potenziale) lettore rimane per me un fantasma misconosciuto. Niente affatto disprezzato, semplicemente ignoto.
Si potrebbe dire (come già altri ben più grandi di me come scrittori hanno notato, riguardo alla loro produzione letteraria) che scrivo per me stesso. Tanto basta.
Per la mia storia personale, scrivere, e produrre un testo abbastanza lungo è stata una difficile evoluzione della mia naturale tendenza ad essere piuttosto laconico. E questo viaggio, iniziato molto tempo fa, non credo che sia ancora arrivato a compimento.

martedì 8 novembre 2016

Il libro!

Ho pubblicato una mia raccolta di brevi racconti, in gran parte frutto della Fantasia.

Potete leggerne un'anteprima e se vi piace, potete acquistarlo, sia in formato cartaceo che e-book, qui: Leggi anteprima.

A presto e buona lettura!

venerdì 19 agosto 2016

Beatrice

Beatrice era certamente una Dea. 


L'avevo conosciuta a distanza senza riconoscerla. Era stata lei a invitarmi, precisando subito di essere molto selettiva nelle sue scelte. E non aveva sbagliato affatto: come può una Dea compiere un errore in confronto a un umano?



Mi lasciai trasportare, e fu bellissimo. Con la naturalezza di un colpo di vento in una giornata estiva ci ritrovammo amici. O meglio, io ero in perenne adorazione di tanta divinità e lei mi voleva bene. All'inizio furono molte parole fra noi, poi un po' meno: ci capivamo anche senza scrivere. Scoprii che le piacevano le cose complicate, e questo fu un altro motivo per adorarla.


Tutto scorrevole, tutto naturale: così dev'essere un'amicizia, di quelle che durano. Un ponte gettato sull'abisso che normalmente divide due esistenze, sostenuto da entrambe le parti con la stessa determinazione.

Queste poche parole sono a lei dedicate, nel giorno del suo compleanno, per dirle: "sono contento che esisti proprio così come sei, sono contento di averti incontrata, anche se non ti chiami Beatrice".

sabato 25 giugno 2016

Carla B. / 2

Il tempo passava, e anche quell'indimenticabile inverno passò in fretta. Non presi nemmeno l'influenza: sarà stato grazie alle nuotate in piscina?

Cominciò la stagione calda, finì il nostro abbonamento in piscina, e progettammo una gita al mare. Scegliemmo le Cinque Terre, per la precisione la spiaggia di Monterosso. Sarebbe anche stata una meta romantica, ma eravamo in tre, tutti amici.

Arrivammo abbastanza presto, la mattina: Carla era una che sapeva organizzare perfettamente queste uscite, compresi viveri, beveraggi e cremine solari. Infatti la prima cosa che ci impose di fare, appena arrivati, scelto l'angolo di spiaggia e tolti i vestiti da città, sotto i quali avevamo già i costumi, fu lo spargimento delle cremine solari. Ognuno fece da sé per quanto possibile, ma naturalmente ci offrimmo di spalmarle la crema nei punti dove non poteva arrivare da sola. Lei fu ben contenta di queste attenzioni. L'avevo sempre vista, in piscina, col suo costume olimpionico blu e la cuffia, ma per il mare invece aveva scelto un bel bikini variopinto, sui toni del rosso: per nascondere il color gambero che le sarebbe venuto dopo la giornata al sole, disse. Indossava anche un cappellino, un paio di occhiali da sole scurissimi e una protezione per il naso: sembrava un po' un'aliena, ma di quelle da sposare immediatamente.

La mattinata trascorse tranquilla, incluso un bagno nelle acque ancora piuttosto freschine. Mangiammo con gusto le scarne provviste che avevamo portato nella borsa frigo, riparandoci all'ombra forse di un muretto. Dopo pranzo, ancora sole e chiaccherate. Quando il sole si fece meno violento, Carla si tolse il pezzo di sopra del costume e naturalmente si spalmò la cremina per bene sul seno. Aveva decisamente un bel fisico, proporzionato e aggraziato. Eravamo amici, dovetti ripeterlo mentalmente varie volte quel pomeriggio.

Al tramonto raccogliemmo le nostre cose, ci rivestimmo soffrendo un po' per le inevitabili scottature e salutammo il mare con un sospiro, riprendendo la via di casa. Il viso di Carla splendeva, in tutti i sensi, le sue lentiggini regnavano incontrastate un po' ovunque, e il suo sguardo ci trafisse il cuore con una nostalgia infinita.

Per fortuna in macchina avevo un bel po' di musica allegra.

giovedì 23 giugno 2016

Carla B.

Carla l'avevo conosciuta come tanti altri, e altre: era venuta a lavorare anche lei dove lavoravo io. Avevo circa trent'anni, lei ventisei. Fisicamente era una ragazza piccolina, magra ma non esile, si sarebbe detto atletica, a suo modo. Aveva i capelli rossi, ma non rosso-rame, piuttosto di un colore rosso-scuro, che a volte lasciava intravvedere un po' di castano: però erano inconfondibilmente rossi.

Gli occhi nocciola, anzi color castagna, vivissimi, la pelle chiara punteggiata di efelidi, specialmente intorno al naso, e il viso dolce e triangolare completavano il quadro. Già, perché sembrava uscita da un quadro di un pittore toscano rinascimentale. Parlava con un accento spiccatamente fiorentino, e velocissimo. Per questo, forse, alla fine di ogni frase faceva una piccola pausa, come per aspettare che io capissi ciò che aveva detto.

Rideva spesso, ironicamente, così come ironica era la sua bocca quando si atteggiava a sorriso. Non portava trucco né rossetto: diceva di essere allergica. Ma quello che mi aveva colpito di lei non era l'aspetto fisico. Aveva la capacità di trafiggere con lo sguardo e, all'occorrenza, con le parole.

Cominciammo a vederci spesso, dopo il lavoro, a cena e oltre. Usai il mio logoro cavallo di battaglia per avvicinarmi ancora un po': l'astrologia. Mi disse che era della Bilancia, ma che era nata settimina. Mi disse anche il giorno, ma non ricordo. Feci un rapido calcolo e decisi che era un Sagittario. Glielo dissi, e mi inchiodò con una delle sue risate, e lo sguardo un po' di traverso. Mi diede piena fiducia e diventammo amici, così intensamente come mi era riuscito con poche altre persone.

Mi confessò di essere credente, e di voler arrivare vergine al matrimonio. Mi disse anche che era stata una campionessa di nuoto nella sua categoria, pochi anni prima: questo chiariva molte cose della sua muscolatura e struttura fisica. Mi parlò della sua famiglia, di suo padre, che adorava come il padre più buono dell'Universo. Decidemmo che all'inizio dell'inverno ci saremmo iscritti all'unica piscina coperta disponibile, e cominciai a tremare pensando che non avrei potuto reggere il confronto.

Mi disse di non preoccuparmi, che ci saremmo preparati attraverso un preciso programma di ginnastica, che lei conosceva perfettamente. Entrai seriamente nel panico.

Col senno di poi, devo dire che ebbe ragione anche stavolta. Tre o quattro giorni a settimana veniva lei a casa mia con tutto il necessario (tappetini e qualche peso), poiché la mia casa era grande e vuota, mentre la sua era piccola e affollata da coinquilini non molto collaborativi.

Dopo la ginnastica, facevamo la doccia. Separatamente, prima lei poi io. Non facevo mai mancare un morbido accappatoio bianco, preso apposta per lei. Ci rivestivamo alla svelta e andavamo a fare un giro in centro, a volte la spesa al supermercato.

Come previsto, all'inizio della stagione fredda ci iscrivemmo in piscina: orario da cani, dalle otto alle nove di sera, ma così eravamo sicuri di non trovare quasi nessuno. Infatti solo qualche volta incontrammo una o due persone, che si perdevano nello spazio di quella piscina olimpionica.

La prima volta che entrammo in acqua, ciscuno nella sua corsia, ebbi la conferma di aver incontrato un essere sovrumano, una specie di Dea dell'elemento liquido. Mentre io arrancavo col mio stile goffo, lei era già arrivata in fondo e stava tornando indietro, apparentemente senza sforzo. Ad ogni svolta cambiava stile, e sembrava sempre perfettamente in sintonia con l'acqua. Come una Sirena.

Alla fine dell'ora, uscimmo e lei mi accolse col suo sorriso più dolce: io non sapevo da che parte guardare, ma lei mi rassicurò, dicendo che se lo aspettava e che potevamo restare amici lo stesso.

L'attività in piscina ci aveva messo addosso una gran fame, e ci precipitammo a casa sua, dove era pronta la cena che avevamo predisposto prima di uscire. Mangiammo velocemente e in silenzio, fra il russare dei suoi inutili coinquilini.

mercoledì 22 giugno 2016

Come una preghiera

Sono andato ad ubriacarmi 
dell'odor dei tigli. 
E l'azzurro del lago in lontananza 
e i bordi delle colline 
taglienti come il coltello del pane. 
E il loro pane è il cielo.

mercoledì 8 giugno 2016

Passi

Come il mio passo
mi sincronizza il cuore,
né troppo lento né troppo svelto,
ogni tanto un'extrasistole
per dare più intensità alla vita,
più amore a tutti i miei amori.

Così il sorriso dei tigli
mi entra nel naso
e giù per le segrete vie
delle emozioni
mi riporta lontano,
dove non sono stato mai.

Estate non si annuncia,
entra senza bussare
e tu mi spendi il tuo pensiero
sopra i pensieri miei
mai stanchi di te,
di un'illusione ancora.

mercoledì 4 maggio 2016

Hotel Eden

Hotel Eden.

Saranno ormai più di due anni che l'Hotel Eden è chiuso. 

Ogni volta che ci passo davanti provo una strana sensazione. Chissà quante emozioni sono state vissute là dentro: gioia, amore, odio, invidia, tristezza, noia... 

Ma non sono le emozioni che mi parlano. Mi pare di sentire come un'orchestra che suona in lontananza: sono i pensieri di tutti quelli che sono passati lì. Il cuoco impegnato nel suo lavoro, attento a ogni dettaglio: dicono che si mangiasse bene al ristorante annesso all'hotel. Le "femmes de chambre" indaffarate a cambiare lenzuola e asciugamani e pulire le stanze e i servizi igienici: alcune silenziose, pensando ai figli, alla casa da mandare avanti, agli anziani genitori, altre più allegre e ciarliere, lavorando cantavano. La receptionist, alle prese con le prenotazioni, gli arrivi, il computer che non funziona, le fatture. 

E infine gli ospiti: un vocio fitto e continuo di pensieri, alcuni espressi ad alta voce, la maggior parte trattenuti nella mente di ognuno di loro. Pensieri allegri, assurdi, tristi, realistici. Fantasie o desideri impercettibili, progetti luccicanti, consuntivi consunti. Un infinito viavai di suoni mentali, un'orchestra che accorda gli strumenti, ognuno distinto e ognuno parte di un insieme in qualche modo coerente, per coincidenza di spazio e tempo. 

Mi allontano, ma quei suoni mi rincorrono, cercano di ghermire la mia attenzione, come se non volessero spegnersi nel grande nulla dell'oblio. E in qualche modo sento che mi sono grati, perché anche solo per un attimo, li ho fatti rivivere.

lunedì 11 aprile 2016

Haiku a modo mio

Oggi il cielo azzurro improbabile
e le foglie sugli alberi color verde-falso
come le tue parole.

sabato 2 gennaio 2016

Cenere e fumo

Avrei voluto scriverti una mail lunga, lunghissima, una di quelle mail che poi una dice: "Ma quante parole ha trovato questo qui per scrivermi quello che voleva scrivermi?" e poi si scopre che nessuna di quelle parole era inutile, superflua. Avrei voluto, ma non ho potuto, perché non ho il tuo indirizzo mail. Tu invece non hai voluto, perché il mio ce l'hai. Non è l'unica asimmetria che potrei farti notare, fra noi, e che dovrebbe farmi riflettere, e potrebbe farti riflettere. Io sono convinto che sia intenzionale, come tutte le altre: è inutile ormai che tu ti nasconda dietro al dito delle azioni fatte per leggerezza, senza pensare, delle omissioni casuali. Pensieri, parole, opere, omissioni: dovresti saperlo che si può peccare secondo quattro modalità diverse. Forse io l'ho fatto, nei tuoi confronti, secondo tutte queste modalità: pochissimo -finora- con le parole, ma sto cercando di rimediare adesso. Sono convinto che a un certo punto tu abbia avuto paura: vedi come e quanto non ti comprendo? Avresti -per ipotesi- potuto domandarmi se mi ero innamorato di te: non avrei potuto mentire, né tacere. Ma non l'hai fatto, e posso solo tacere, lasciandoti coi tuoi dubbi e le tue paure. Inutili. Ma è la tua vita, non la mia, e non pretendo di interpretarla, né tanto meno di farla uscire dai suoi binari. Non è il mio modo. Vorrei solo arrivarti al cuore, perché è dal cuore che partono tutte le mie mosse verso di te, anche se sembro estremamente razionale, molto più teorico della tua stessa poesia. E resterò col dubbio di non esserci riuscito: è la mia punizione, il fuoco eterno in cui tutto verrà consumato e finirà in cenere, cenere e fumo. Come una sigaretta fumata per nervosismo, o per vizio.