mercoledì 28 maggio 2008

Una sera

E ci sarà una sera

una di quelle normali

in cui ti guardi le mani

e dentro pensi: "domani".


E ci sarà una sera

una di quelle che non sai

in cui ti specchi - tu mai !

e non sarai domani.

sabato 24 maggio 2008

Fragole alle labbra

Non hanno fragole alle labbra

questi miei anni di stanchezza e rabbia.

Sale di solitudine e zucchero d'amore,

novità al limone e pelle d'albicocca,

un pizzico di zenzero, cioccolata a fiumi:

sei bella quando guardi gli occhi miei

con gli occhi tuoi ghirlanda d'emozioni.

E lascio che la vita mi perdoni

e vinca anche stavolta

infine nuda.

martedì 20 maggio 2008

Il Quarto Uomo

Eravamo in quattro - chi l'avrebbe mai detto. Carlo lo conosco abbastanza bene, per motivi di lavoro. Cristiana è sempre stata "la ragazza della stanza accanto": ha un aspetto giovane, anche se credo che abbia più anni di quelli che dimostra.


Il Quarto Uomo l'avevamo incontrato proprio là dentro, ma non c'era niente di strano: lui fa le pulizie "di fino", non quelle dei bagni, no. Lui lucida le maniglie satinate delle porte a vetri di quei "loculi" chiamati uffici, nel Palazzo Nuovo, e soprattutto le pulsantiere degli ascensori. Ci passa le ore, con le sue pezze e gli spray: mica pezze qualsiasi. Ne usa prima una un po' ruvida, per togliere i segnacci che inevitabilmente qualche centinaio di impiegati lasciano su quelle belle piastre di metallo lucente che circondano i pulsanti di chiamata degli ascensori. Poi spruzza il suo "prodottosegreto" e passa la pezza morbida. Asciuga quella specie di schiumetta bianca. Aspetta qualche secondo, poi ripassa con un'altra pezza asciutta e morbida. Alla fine osserva: se il risultato non è quello desiderato, ricomincia tutta la procedura. Contando che nelle quattro grandi ali del Palazzo Nuovo ci sono altrettante coppie di ascensori, si fa presto a capire come passa la giornata, il Quarto Uomo. Una pulsantiera esterna per ognuno dei sette piani del Palazzo, più la pulsantiera interna di ognuno dei due ascensori, moltiplicato quattro. Tutte con la stessa cura, con la stessa meticolosa procedura. Senza contare che, mentre pulisce, il nostro Quarto Uomo inevitabilmente tocca i pulsanti, e quindi provoca la fermata degli ascensori a tutti i piani, indipendentemente dall'impazienza degli impiegati che aspettano di salire o scendere nel Palazzo Nuovo.


Insomma, stavamo andando a mangiare in mensa. Non è che ci fossero grandi alternative, considerato il fatto che il Palazzo Nuovo sorge in una zona piuttosto isolata, dove il primo nucleo abitato, dove si può trovare qualcosa da mangiare, dista più di un chilometro. Insomma, io e Carlo avevamo fatto tardi per motivi di lavoro, e Cristiana ci aveva pazientemente aspettato per non andare a mangiare da sola, visto che nella sua stanza non c'erano altri colleghi, a causa della Cassa Integrazione e di altre assenze.


Arriva l'ascensore - i nostri uffici stanno all'ultimo piano del Palazzo Nuovo. C'è il Quarto Uomo dentro che sta impassibile come se avesse appena finito di lucidare la pulsantiera. Entriamo. Il pianoterra è già prenotato. L'ascensore chiude le porte automatiche e comincia a scendere. Ogni tanto un cigolio sininstro, ma ci siamo abituati. Questi ascensori cigolavano anche appena montati, pochi mesi fa', nel Palazzo Nuovo. Tutto è bello in apparenza, ma tutto lascia un po' a desiderare: come le coperture del passaggio che conduce alla mensa, che quando piove lasciano allegramente aperte qua e là pittoresche cascatelle, o la pavimentazione del cortile, che un po' si stacca e nelle solite antipatiche giornate di pioggia forma creativamente pozzanghere disseminate a caso, che costringono a leggiadri saltelli o slalom senza l'uso degli sci.


Nel frattempo l'ascensore scende, fermandosi quasi a tutti i piani, dove nessuno lo sta aspettando, quindi riparte. Ad un piano fa una fermata più lunga. Nessuno in vista. Riparte e quasi subito - BANG - si blocca.


Ci guardiamo in faccia e cerchiamo di "convincerlo" a ripartire, pigiando un po' a caso i diversi pulsanti dei piani. Ci piacerebbe che almeno si comportasse come altri ascensori "moderni" che, in caso di guasto, ti "depositano" al piano più vicino, muovendosi lentamente.


Niente. Il Quarto Uomo, con le sue manone, infierisce sulla pulsantiera. Momento di panico. Suoniamo l'allarme. Sentiamo il campanello che strazia i pianerottoli e le scale, ma non succede nulla. Anzi, non appena si smette di premere l'allarme, il campanello tace. Ci chiediamo se l'allarme sia almeno collegato con la Grande Portineria del Palazzo Nuovo. Visto che non arriva nessuno, ci sorge un dubbio.


Cristiana è un po' pallida e dice di aver preso l'insulina, e che se non mangia nel giro di 10-15 minuti entra in crisi ipoglicemica. Ci attacchiamo al pulsante di allarme. Non vorremmo vederla entrare in coma.


Finalmente si fa vivo qualcuno, che passava per le scale, visto che l'altro ascensore era fermo e questo pure, bloccato con noi dentro. Vanno a chiamare i nostri salvatori. Comincia a mancare l'aria. Il Quarto Uomo inveisce contro gli "ascensori moderni". Io e Carlo cerchiamo di rassicurare Cristiana, che presto saremo fuori. Riusciamo a forzare la porta interna: si vede il muro. L'aria ci manca ogni minuto di più.


Arrivano i Rangers. Mentre loro forzano la porta esterna e noi di nuovo quella interna, che si era richiusa, vediamo che c'è un piccolo passaggio in basso, verso la salvezza. Sedendosi sul fondo dell'ascensore e saltando giù, esce per primo il Quarto Uomo, poi Carlo, poi io e infine la povera Cristiana. Ringraziamo i nostri salvatori e ci avviamo verso la mensa.


Si è fatto tardi, ma per fortuna non piove. L'aria del cortile ci fa sentire "liberi". Al ritorno, si sale a piedi.

domenica 18 maggio 2008

Lontano

Il tempo che passa

lontano da te

colora le note

fruscio della seta

odora di polvere

al gusto di sete

di pioggia una goccia

una goccia una goccia:

il vento l'evapora

asciuga le notti

di vuoti silenzi

che segnano invano

il tempo che passo

lontano da te.

venerdì 16 maggio 2008

Parentesi g(i)raffe

Hanno colli lunghi

le parentesi giraffe,

(all'ufficio postale)

e girano girano

senza chiedere perché.


Tutta la notte girano

e tutto il dì,

e pure tutto l'effe

perché sono "gireffe".


Stranezze di natura

eccezionali "nezze"

se ne stanno a "nezz'aria"

e (tra parentesi) girano.


Sembrano pale

di ventilatori

come cinque latori

moltiplicato quattro.


Puoi star sicuro

(puoi *sicuro)

che resteranno là

finché non si

romperanno le pale,

quelle (ap)parent(es)i

g(i)raffe.

mercoledì 14 maggio 2008

Fra

Si sta

una corda tesa

come un senso di colpa

fra obbligo e dovere.

domenica 4 maggio 2008

Belle scuse

Belle scuse

sono proprio belle scuse

per non farti da mangiare

per non lasciare il letto

per coccolare la pigrizia

e ritornare dentro te stesso.


Belle scuse

ne hai sentite tante

di storie raccontate

per dare i soliti due colpi

alla botte e al cerchio

per non ferire o per lasciare

tutto come va.


Belle scuse

tengono insieme il tempo

della lontananza e dell'attesa

come il consumarsi

di una candela accesa

come il fumo di cera

che accelera la sera

in chiesa.


Belle scuse

a farsi belli

ognuno per suo conto

e non bastano spiccioli

per saldare nessun conto

se non ce li ha

signora

lasci pure.


Ma resta sul palato quel sapore

di metallo arrugginito

belle scuse.