Chissà se riuscirò, un giorno, a scrivere per scrivere. Non come faccio adesso, che un demone mi fruga dentro e vive, pretende, vuole essere sbattuto su una pagina bianca. Bianca come la neve, bianca come una notte passata senza dormire, senza sapere perché. Smettere, ricominciare. Rileggermi, quasi mai. Via come un fiume in piena, via fra dolci curve e rapide cascate, via fra quesi sassi, incurante dei fili d'erba inopportuni che si interpongono al mio violento passaggio, via. E sbatto, cado, rumoreggio, sbaglio, bestemmio e prego, invoco aiuto e non sopporto chi mi soccorre. Cambio, e resto lo stesso: come un Gattopardo, perché tutto cambia e tutto resta uguale. La vergogna, ahimé, ha perso la sua forza: nudo mi aggiro in un mondo di bellimbusti incravattati, "squillo" fra squilli di telefonini di ultima generazione. Non ho niente da offrire, oltre me stesso, niente da dare in cambio di quei quattro soldi che mi tengono in vita. Mi vendo, ma non vendo l'anima: nessuno sa chi sono veramente, nessuno sa se scrivo oppure mi possiede un demone che al mio posto usa le dita, che muove i fili di questa immonda marionetta che mi chiama "vita". Non vado neanche a capo, ché un discorso non ha né capo né coda, e per la coda si rischia di esser catturati. Non stacco neanche un po'. Dicono: "prenditi le vacanze". Da chi, da che dovrei fuggir lontano, da quale rimbombar di tuono, da che fulmine trovare riparo ? Nudo sotto il temporale assaporo gocce di tempo che mi scorrono addosso come se fossi trasparente, come se fossi un uomo.
E d'intorno è silenzio.