Sparsi,
forse dispersi:
sempremai
disperai
o forse
sperai
farse
farsi
arsi
assi
d'un poker
da poco
finito.
La mano
del baro.
lunedì 26 febbraio 2007
In questa notte
Che altro vorresti, tu,
che altro vorresti:
tutto il mondo ai tuoi piedi,
e non ti basta.
Non sai fermarti
e vuoi fermare il tempo.
No, non voltarti,
non ti servirà a capire.
Cammina, o siediti,
se vuoi,
su questo sasso.
Guarda quell'orizzonte
che ora sai
di non poter raggiungere.
Chiudi i tuoi occhi al sole,
e poi
riaprili.
Bagliori o tenui fiamme
portano a te
ogni luce del mondo.
E il mondo gira,
e questa notte
piange.
che altro vorresti:
tutto il mondo ai tuoi piedi,
e non ti basta.
Non sai fermarti
e vuoi fermare il tempo.
No, non voltarti,
non ti servirà a capire.
Cammina, o siediti,
se vuoi,
su questo sasso.
Guarda quell'orizzonte
che ora sai
di non poter raggiungere.
Chiudi i tuoi occhi al sole,
e poi
riaprili.
Bagliori o tenui fiamme
portano a te
ogni luce del mondo.
E il mondo gira,
e questa notte
piange.
venerdì 23 febbraio 2007
Una donna
Aveva sogni infiniti e una volontà ferrea di affermare la Giustizia, mia madre.
Aveva un'adolescenza negata, annegata nella Guerra, mentre lavorava in un sottoscala e sorrideva, parlando col suo amico topo che veniva a trovarla in quel groviglio di carte contabili ogni pomeriggio alla stessa ora.
Aveva passato notti a raccogliere cicoria nei campi, perché erano tempi in cui non si trovava nient'altro da mangiare. E altre notti giù nel rifugio, cercando scampo dai bombardamenti che minacciavano una Città che qualcuno aveva definito "Aperta", e non lo era. Altre ancora sul terrazzo a guardare quegli strani fuochi d'artificio, laggiù, oltre l'Aniene, verso San Lorenzo ... Tanto, pensava, era inutile andarsi a nascondere in quel rifugio puzzolente di piscio: se doveva arrivare, la bomba, che arrivasse pure e addio.
Aveva sperato che il mondo potesse essere migliore, dopo la Guerra. Aveva continuato a lavorare fra le scartoffie, senza topi, ma in mezzo a tante iene.
Aveva dato un nome e un volto al suo sogno romantico: quel giovane ragioniere, fregato anche lui dalla Guerra e sbattuto in mezzo alla Vita come orfano, con una dose di ingenuità inferiore alle sue delusioni.
Aveva costruito una Famiglia, così come credeva fosse giusto avere una Famiglia.
Aveva avuto un Figlio, troppo bello e forte e biondo per essere vero. E aveva visto il più cocente dei dolori, non riuscendo a partorirne un altro vivo, come era convinta fosse giusto per lei: una coppia di Figli rende i Genitori più felici.
Aveva cresciuto quel solo Figlio inseguendo il suo Sogno di Perfezione, di Felicità, di Amore, in fondo di Giustizia. Aveva cercato in ogni modo di proteggerlo da ciò contro di cui nessuno può essere protetto: la sua propria esistenza.
Aveva amato gli ideali dell'Uomo che teneva accanto. Ne aveva condiviso le disgrazie e le difficoltà, lottando con tenacia e con dolcezza perché la Famiglia, la sua Famiglia riuscisse a mantenere un'esistenza decorosa.
Aveva visto cambiamenti assoluti, e chissà quante volte aveva ricominciato a rimettere in ordine tutto da capo, silenziosamente.
Aveva, infine, una passione profonda per tutto ciò che è umano, per i sentimenti e l'arte. Non era riuscita ad esprimerlo, questo suo amore, ma l'aveva trasmesso al Figlio.
Il quale cominciò ben presto a scrivere di ciò che aveva dentro ...
Aveva un'adolescenza negata, annegata nella Guerra, mentre lavorava in un sottoscala e sorrideva, parlando col suo amico topo che veniva a trovarla in quel groviglio di carte contabili ogni pomeriggio alla stessa ora.
Aveva passato notti a raccogliere cicoria nei campi, perché erano tempi in cui non si trovava nient'altro da mangiare. E altre notti giù nel rifugio, cercando scampo dai bombardamenti che minacciavano una Città che qualcuno aveva definito "Aperta", e non lo era. Altre ancora sul terrazzo a guardare quegli strani fuochi d'artificio, laggiù, oltre l'Aniene, verso San Lorenzo ... Tanto, pensava, era inutile andarsi a nascondere in quel rifugio puzzolente di piscio: se doveva arrivare, la bomba, che arrivasse pure e addio.
Aveva sperato che il mondo potesse essere migliore, dopo la Guerra. Aveva continuato a lavorare fra le scartoffie, senza topi, ma in mezzo a tante iene.
Aveva dato un nome e un volto al suo sogno romantico: quel giovane ragioniere, fregato anche lui dalla Guerra e sbattuto in mezzo alla Vita come orfano, con una dose di ingenuità inferiore alle sue delusioni.
Aveva costruito una Famiglia, così come credeva fosse giusto avere una Famiglia.
Aveva avuto un Figlio, troppo bello e forte e biondo per essere vero. E aveva visto il più cocente dei dolori, non riuscendo a partorirne un altro vivo, come era convinta fosse giusto per lei: una coppia di Figli rende i Genitori più felici.
Aveva cresciuto quel solo Figlio inseguendo il suo Sogno di Perfezione, di Felicità, di Amore, in fondo di Giustizia. Aveva cercato in ogni modo di proteggerlo da ciò contro di cui nessuno può essere protetto: la sua propria esistenza.
Aveva amato gli ideali dell'Uomo che teneva accanto. Ne aveva condiviso le disgrazie e le difficoltà, lottando con tenacia e con dolcezza perché la Famiglia, la sua Famiglia riuscisse a mantenere un'esistenza decorosa.
Aveva visto cambiamenti assoluti, e chissà quante volte aveva ricominciato a rimettere in ordine tutto da capo, silenziosamente.
Aveva, infine, una passione profonda per tutto ciò che è umano, per i sentimenti e l'arte. Non era riuscita ad esprimerlo, questo suo amore, ma l'aveva trasmesso al Figlio.
Il quale cominciò ben presto a scrivere di ciò che aveva dentro ...
mercoledì 21 febbraio 2007
Le tue parole
Mi piacerebbe, sai mi piacerebbe tanto
riuscire a esprimermi così come fai tu
con quelle tue parole ben precise,
piene di tutte quante le emozioni,
ricche delle atmosfere colorate,
profonde, belle, come appena nate.
Mi piacerebbe, e sai come m'incanto
leggendo e rileggendo quelle righe ...
non posso e non vorrei uscirne tanto,
non voglio e non potrei non condividerle.
Ogni frase che scrivi, ogni concetto sento
come un massaggio al cuore, una canzone
che da lontano arriva fino in fondo
e mi rimette in sesto, e mi rimette al mondo.
riuscire a esprimermi così come fai tu
con quelle tue parole ben precise,
piene di tutte quante le emozioni,
ricche delle atmosfere colorate,
profonde, belle, come appena nate.
Mi piacerebbe, e sai come m'incanto
leggendo e rileggendo quelle righe ...
non posso e non vorrei uscirne tanto,
non voglio e non potrei non condividerle.
Ogni frase che scrivi, ogni concetto sento
come un massaggio al cuore, una canzone
che da lontano arriva fino in fondo
e mi rimette in sesto, e mi rimette al mondo.
alla mia Amica Assoluta
martedì 20 febbraio 2007
Non è successo niente
Cronaca emotiva di un'esperienza virtuale durata da un caldo giorno di maggio 2005 a un gelido giorno di febbraio 2007.
Non è successo niente:
parole vanno e vengono,
amici, conoscenze,
incontri, convergenze,
improbabili emozioni,
visi, sogni, illusioni.
Mi perdo fra la gente,
poi suona la sveglia:
non è successo niente.
Non è successo niente:
parole vanno e vengono,
amici, conoscenze,
incontri, convergenze,
improbabili emozioni,
visi, sogni, illusioni.
Mi perdo fra la gente,
poi suona la sveglia:
non è successo niente.
domenica 18 febbraio 2007
sabato 17 febbraio 2007
giovedì 15 febbraio 2007
Il Cerchio di Fuoco
Salta, perdìo !
Salta
nel mio cerchio
di fuoco !
Non ho altro
da darti:
emozioni.
Non ho altro
da regalarmi
adesso.
Salta
nel mio cerchio
di fuoco !
Non ho altro
da darti:
emozioni.
Non ho altro
da regalarmi
adesso.
Palcoscenico
Di che potrei scrivere, se non di me stesso. Almeno avessi un lume, o un barlume di quella che chiamano Coscienza. E invece eccomi qui, su questo palcoscenico, nell'ora in cui si recita la prova: il momento più duro, quello senza pubblico, che ti applaude o ti fischia forse a sproposito, quando non te lo aspetti, o magari ti ignora.
E invece no. Dietro le quinte, nessuno. Giù in sala, nessuno. Qui su queste assi, soltanto io e la mia Coscienza, a dialogare il solito duetto: "Chi sei, com'è la tua vita ?"
Vita, rispondo io - quella mi è data e quella cerco di vivere. Non ho fatto granché. Ma se mi fermo, anche per un istante, a fare il resoconto di ciò che ho detto, fatto, vissuto, vinto, perso e sbagliato ... mi pare grande come l'Universo.
Dice la mia Coscienza: "Sei soddisfatto, sei stato mai felice, hai ancora sogni a cui dare un cuore ?"
Sai, cara mia, "felice", "soddisfatto" son parole grosse: bisognerebbe confrontarsi, e non c'è metro o misura che io possa accettare, se non quello del divertimento, dell'essere buffone fino in fondo, per rendere lo schiaffo d'esser nato, a qualcosa ... non so.
Domande tante, ma risposte quasi niente. E dire che mi urge ormai l'odioso tichettio del tempo che scandisce le residue possibilità, scarsa materia ancora disponibile per finir l'opera, o almeno tentare.
Che fai ? Sei ammutolita ? Non poni più domande ? Oppure credi di aver esaurito gli argomenti "forti" ... Potrei raccontarti che cosa mi piace, come spendo il mio tempo a navigar sulle onde di una musica che amo, a perdermi per ore nei pensieri che uniscono l'immensamente piccolo con l'incommensurabilmente grande, per quanto ne so. Potrei dirti che mi sento ancora "nato troppo presto", per la curiosità di vivere il futuro, e non per ingordigia di prolungare un'esistenza pur che sia.
Discorsi irrazionali, sì lo so. Chissà quante volte mi hanno detto che sono troppo razionale, o come tale mi comporto. Nessuno, forse, ha cercato di guardar più in là, nessuno ha colto quel particolare mio modo di essere profondamente irrazionale. Con ragionevolezza, quasi fosse una follia verosimile, una simulazione di altri esseri "sani".
E adesso tu, Coscienza, qui, davanti a nessuno, col solo testimone che son io di me stesso e delle tue farneticazioni, pretendi che io ti fornisca un senso, un significato e una morale a tutto questo ! Pietà, ma che dico: non può esserci commiserazione in un puro spirito cosciente !
E allora chiudiamo questo Atto Unico nella sola maniera che salvi te e me contemporaneamente, lasciamo calar la tela come succederà domani, su questa stessa scena, col pubblico davanti, dopo che avremo speso quello che resta della nostra indissolubile unione a dimostrare o mostrare ciò che sappiamo fare: il buon esempio, accender sentimenti, raccontare con occhi limpidi, cuore, emozioni lo stupore delle piccole cose, e delle grandi.
Sipario.
E invece no. Dietro le quinte, nessuno. Giù in sala, nessuno. Qui su queste assi, soltanto io e la mia Coscienza, a dialogare il solito duetto: "Chi sei, com'è la tua vita ?"
Vita, rispondo io - quella mi è data e quella cerco di vivere. Non ho fatto granché. Ma se mi fermo, anche per un istante, a fare il resoconto di ciò che ho detto, fatto, vissuto, vinto, perso e sbagliato ... mi pare grande come l'Universo.
Dice la mia Coscienza: "Sei soddisfatto, sei stato mai felice, hai ancora sogni a cui dare un cuore ?"
Sai, cara mia, "felice", "soddisfatto" son parole grosse: bisognerebbe confrontarsi, e non c'è metro o misura che io possa accettare, se non quello del divertimento, dell'essere buffone fino in fondo, per rendere lo schiaffo d'esser nato, a qualcosa ... non so.
Domande tante, ma risposte quasi niente. E dire che mi urge ormai l'odioso tichettio del tempo che scandisce le residue possibilità, scarsa materia ancora disponibile per finir l'opera, o almeno tentare.
Che fai ? Sei ammutolita ? Non poni più domande ? Oppure credi di aver esaurito gli argomenti "forti" ... Potrei raccontarti che cosa mi piace, come spendo il mio tempo a navigar sulle onde di una musica che amo, a perdermi per ore nei pensieri che uniscono l'immensamente piccolo con l'incommensurabilmente grande, per quanto ne so. Potrei dirti che mi sento ancora "nato troppo presto", per la curiosità di vivere il futuro, e non per ingordigia di prolungare un'esistenza pur che sia.
Discorsi irrazionali, sì lo so. Chissà quante volte mi hanno detto che sono troppo razionale, o come tale mi comporto. Nessuno, forse, ha cercato di guardar più in là, nessuno ha colto quel particolare mio modo di essere profondamente irrazionale. Con ragionevolezza, quasi fosse una follia verosimile, una simulazione di altri esseri "sani".
E adesso tu, Coscienza, qui, davanti a nessuno, col solo testimone che son io di me stesso e delle tue farneticazioni, pretendi che io ti fornisca un senso, un significato e una morale a tutto questo ! Pietà, ma che dico: non può esserci commiserazione in un puro spirito cosciente !
E allora chiudiamo questo Atto Unico nella sola maniera che salvi te e me contemporaneamente, lasciamo calar la tela come succederà domani, su questa stessa scena, col pubblico davanti, dopo che avremo speso quello che resta della nostra indissolubile unione a dimostrare o mostrare ciò che sappiamo fare: il buon esempio, accender sentimenti, raccontare con occhi limpidi, cuore, emozioni lo stupore delle piccole cose, e delle grandi.
Sipario.
mercoledì 14 febbraio 2007
Profilo
Ti conosco soltanto di profilo:
una svelta silhouette in 2-D,
una fila di parole belle nette,
un'anima pulita: tutto qui.
Mi accontento, che vuoi,
non c'è rimedio, finché
restiamo qui attaccati
ad un video, al mondo "virtuale".
Forse un giorno ci succederà
di poterci guardare un po'
negli occhi, di esplorare
tutto quello che adesso non possiamo.
Nel frattempo, dietro a quel profilo
posso solo provare a immaginare
che ci sia una persona tutta intera,
e non solo una macchia bianca-e-nera.
una svelta silhouette in 2-D,
una fila di parole belle nette,
un'anima pulita: tutto qui.
Mi accontento, che vuoi,
non c'è rimedio, finché
restiamo qui attaccati
ad un video, al mondo "virtuale".
Forse un giorno ci succederà
di poterci guardare un po'
negli occhi, di esplorare
tutto quello che adesso non possiamo.
Nel frattempo, dietro a quel profilo
posso solo provare a immaginare
che ci sia una persona tutta intera,
e non solo una macchia bianca-e-nera.
(a Nadia per S.Valentino)
martedì 13 febbraio 2007
Odio il Sudoku
Odio il Sudoku
quell'orientale gioco
in cui s'incastra il numero:
la mente s'imprigiona
proprio mentre ragiona.
Odio il Cubo di Rubik
che si fa beffe
della geometria
e di topologia
ritorce il manto
mentre il mio tempo ruba.
Odio gli indovinelli
che menti troppo astute
sottopongono a quelli
che non hanno vedute
tutte quelle infinite
varianti differenti
delle realtà coerenti.
quell'orientale gioco
in cui s'incastra il numero:
la mente s'imprigiona
proprio mentre ragiona.
Odio il Cubo di Rubik
che si fa beffe
della geometria
e di topologia
ritorce il manto
mentre il mio tempo ruba.
Odio gli indovinelli
che menti troppo astute
sottopongono a quelli
che non hanno vedute
tutte quelle infinite
varianti differenti
delle realtà coerenti.
sabato 10 febbraio 2007
Forse (R.B.)
Forse potevi restare là, nel limbo delle cose belle non accadute. Forse.
Forse avresti potuto capire che cos'è un uomo timido, sensibile, attento, orgoglioso, un po' pazzo, temerario a volte, ma sincero. Forse.
Forse non avresti dovuto immaginare che mi sarei prestato a fare da ruota di scorta per certe tue difficoltà, che si sono rivelate momentanee.
Forse non mi interessa che cosa vivi quando ti sento lontana da me, quando ti poni volontariamente lontana da me, quando fingi o ti sforzi di preferire soluzioni pratiche, quando rifiuti di lasciarti abbracciare a mente, quando congeli ogni possibilità di intrecciare i nostri rami, quando non cammini sul nostro piano, sull'unico piano, nell'unico spazio che abbia un senso. Forse.
Forse non mi piacciono le tue fughe mascherate da finte vicinanze, il tuo accontentarti di qualcosa che non è nemmeno lontanamente alla tua altezza. Forse.
Forse odio la tua sciocca filosofia di sentimenti costruiti sulla sabbia, tanto da soddisfare narcisismi inconsistenti, convenzionali assunti di un pensiero che non ti appartiene. Forse.
Forse starai pensando perché mai sono sparito da quell'illusione di mondo, da quell'imbecille punto di contatto che dopo 20 anni eri riuscita a ritrovare con me. Forse.
Forse non sai perché non ti ho cercata in questi 20 anni, forse non capisci che mi sto chiedendo perché mi hai cercato ora e non allora, quando il tuo bel mondo dorato ti è crollato addosso, quando le certezze che mi sbattesti in faccia 20 anni orsono erano ormai ridotte in polvere, come avevo in qualche modo previsto senza dirtelo. Per rispetto, perché ti ho amata davvero. Senza forse.
Forse non te ne eri accorta. Allora mi sembrò il contrario. E in tutto questo tempo ? E adesso ? Forse eri convinta che io potessi chiudere un interruttore e vederti con occhi e con cuore diverso ? Forse pensavi che il tuo ritorno senza ritorno mi avrebbe fatto piacere. Forse.
Forse hai pensato che tutto potesse svolgersi fra noi normalmente, senza emozioni, senza sentimenti particolari, senza cuore, tu che parli di avere un grande cuore solo quando ti serve di far parcheggiare il mio nell'attesa del nulla. Forse non sai che un cielo d'inverno non invita a spogliarsi e gettarsi a nuoto nel lago quasi ghiacciato che hai steso fra noi. Forse.
Forse ho sbagliato. Forse non sei tu la stessa che ho conosciuto e amato allora. Forse non ci siamo incontrati, ne adesso, né altrove. Forse.
Forse la cosa più bella che avevo nel cuore s'è rotta.
Forse avresti potuto capire che cos'è un uomo timido, sensibile, attento, orgoglioso, un po' pazzo, temerario a volte, ma sincero. Forse.
Forse non avresti dovuto immaginare che mi sarei prestato a fare da ruota di scorta per certe tue difficoltà, che si sono rivelate momentanee.
Forse non mi interessa che cosa vivi quando ti sento lontana da me, quando ti poni volontariamente lontana da me, quando fingi o ti sforzi di preferire soluzioni pratiche, quando rifiuti di lasciarti abbracciare a mente, quando congeli ogni possibilità di intrecciare i nostri rami, quando non cammini sul nostro piano, sull'unico piano, nell'unico spazio che abbia un senso. Forse.
Forse non mi piacciono le tue fughe mascherate da finte vicinanze, il tuo accontentarti di qualcosa che non è nemmeno lontanamente alla tua altezza. Forse.
Forse odio la tua sciocca filosofia di sentimenti costruiti sulla sabbia, tanto da soddisfare narcisismi inconsistenti, convenzionali assunti di un pensiero che non ti appartiene. Forse.
Forse starai pensando perché mai sono sparito da quell'illusione di mondo, da quell'imbecille punto di contatto che dopo 20 anni eri riuscita a ritrovare con me. Forse.
Forse non sai perché non ti ho cercata in questi 20 anni, forse non capisci che mi sto chiedendo perché mi hai cercato ora e non allora, quando il tuo bel mondo dorato ti è crollato addosso, quando le certezze che mi sbattesti in faccia 20 anni orsono erano ormai ridotte in polvere, come avevo in qualche modo previsto senza dirtelo. Per rispetto, perché ti ho amata davvero. Senza forse.
Forse non te ne eri accorta. Allora mi sembrò il contrario. E in tutto questo tempo ? E adesso ? Forse eri convinta che io potessi chiudere un interruttore e vederti con occhi e con cuore diverso ? Forse pensavi che il tuo ritorno senza ritorno mi avrebbe fatto piacere. Forse.
Forse hai pensato che tutto potesse svolgersi fra noi normalmente, senza emozioni, senza sentimenti particolari, senza cuore, tu che parli di avere un grande cuore solo quando ti serve di far parcheggiare il mio nell'attesa del nulla. Forse non sai che un cielo d'inverno non invita a spogliarsi e gettarsi a nuoto nel lago quasi ghiacciato che hai steso fra noi. Forse.
Forse ho sbagliato. Forse non sei tu la stessa che ho conosciuto e amato allora. Forse non ci siamo incontrati, ne adesso, né altrove. Forse.
Forse la cosa più bella che avevo nel cuore s'è rotta.
giovedì 8 febbraio 2007
mercoledì 7 febbraio 2007
sabato 3 febbraio 2007
Gabbiani
Sento le grida dei gabbiani
alti a picco sul molo
e non ricordo i richiami:
altre stagioni, sordo ...
M'incanta il luccichio
del mare insoddisfatto
e allegro nel suo rifiuto
di calma impossibile, sfuggente.
Gente che parla e che cammina
non mi tocca e non vedo,
osservando nel cielo
i ricami bianchi dei gabbiani
pizzicare l'azzurra infinità
del volo.
alti a picco sul molo
e non ricordo i richiami:
altre stagioni, sordo ...
M'incanta il luccichio
del mare insoddisfatto
e allegro nel suo rifiuto
di calma impossibile, sfuggente.
Gente che parla e che cammina
non mi tocca e non vedo,
osservando nel cielo
i ricami bianchi dei gabbiani
pizzicare l'azzurra infinità
del volo.