sabato 28 luglio 2012
La lavanderia
Rita ha una lavanderia, uno di quei negozietti vecchi, piccoli, impregnati di odor di solventi, umidi del vapore del ferro da stiro. Ci si entra per il tempo strettamente necessario a consegnare una camicia, un cappotto, un paio di pantaloni a cui si tiene particolarmente, una coperta da "rinfrescare" prima di metterla via al cambio di stagione, oppure per ritirare la propria roba, lavata e stirata.
Rita è sempre gentile, parla con le signore clienti, anche se con gli anni è diventata un po' sorda. O forse lo era anche da giovane, chissà. Rita non è nata qui, è venuta al tempo in cui i sogni sembrano realizzarsi, per amore di un "lui" che ora non c'è più. Rita non ha il registratore di cassa, fa gli scontrini sull'apposito blocchetto, scrivendoli a mano, con grafia un po' incerta. Forse non ci vede più tanto bene.
Rita ha il caffè pagato, ogni giorno, al bar di fianco, da qualche misterioso benefattore. Quella è l'unica pausa che si concede, a metà mattinata, nella sua lunga giornata lavorativa. Caricare o scaricare le macchine lavatrici. Stirare. Appendere. Scontrini.
Al tramonto, Rita chiude la bottega e ritorna a casa, da sola.