Hotel Eden.
Saranno ormai più di due anni che l'Hotel Eden è chiuso.
Ogni volta che ci passo davanti provo una strana sensazione. Chissà quante emozioni sono state vissute là dentro: gioia, amore, odio, invidia, tristezza, noia...
Ma non sono le emozioni che mi parlano. Mi pare di sentire come un'orchestra che suona in lontananza: sono i pensieri di tutti quelli che sono passati lì. Il cuoco impegnato nel suo lavoro, attento a ogni dettaglio: dicono che si mangiasse bene al ristorante annesso all'hotel. Le "femmes de chambre" indaffarate a cambiare lenzuola e asciugamani e pulire le stanze e i servizi igienici: alcune silenziose, pensando ai figli, alla casa da mandare avanti, agli anziani genitori, altre più allegre e ciarliere, lavorando cantavano. La receptionist, alle prese con le prenotazioni, gli arrivi, il computer che non funziona, le fatture.
E infine gli ospiti: un vocio fitto e continuo di pensieri, alcuni espressi ad alta voce, la maggior parte trattenuti nella mente di ognuno di loro. Pensieri allegri, assurdi, tristi, realistici. Fantasie o desideri impercettibili, progetti luccicanti, consuntivi consunti. Un infinito viavai di suoni mentali, un'orchestra che accorda gli strumenti, ognuno distinto e ognuno parte di un insieme in qualche modo coerente, per coincidenza di spazio e tempo.
Mi allontano, ma quei suoni mi rincorrono, cercano di ghermire la mia attenzione, come se non volessero spegnersi nel grande nulla dell'oblio. E in qualche modo sento che mi sono grati, perché anche solo per un attimo, li ho fatti rivivere.