(a mia madre)
Sai, se allora avessi speso meno tempo
a correr dietro a quelle mie illusioni
lucide stelle che stracciavamo al cuore
della mia giovinezza e gl'ideali persi,
non avrei forse ora questo bieco senso
del tempo ch'è sfuggito chissà dove
lasciando dietro sé pallide tracce
come d'inverno si ricorda il sole.
Sai, se fossi stato un po' tradizionale
un po' represso come mi volevi
non avrei forse perduto tanti treni
chiamati desideri di pensieri
e di felicità rimpianti
non realizzate, forse o forse mai:
le stupide carezze più non date o avute
lo sguardo dolce tuo, quel tuo sorriso
che mi indicò del sogno la potenza
per volare più alto d'ogni mia miseria.
Sai che ti ho amato un po', mentre t'odiavo
come ogni figlio ama e odia e ama
chi ritiene colpevole di questa cosa grande
d'essere al mondo e non sapere come
d'essere vivo e non saper perché,
privo di quel libretto d'istruzioni
che la mente non legge ma vorrebbe assai
dipanando i suoi dubbi e tutti i suoi misteri
da un giorno all'altro e infine poi non più.
Sai che di uguale colpa son colpevole
per aver messo al mondo quelle nuove vite
che ora mi guardano cercando in me salvezza
o almeno un senso di quel loro andare,
stare, sentir, parlare, arrabbiarsi, amare
che li fa parte del mondo e mondo a parte
ognuno col suo viaggio e il suo fardello,
unico e solo però compagno al suo fratello.
Che cosa vorrei dirti ora non so,
di cosa mai potremmo noi parlare
se fossi qui col peso dei tuoi anni
a ricordarmi che prima di me
passasti tu nel tempo degli affanni,
della salute incerta, dei dolori
che ti fecero consumar la vita e gli anni
e partire per dove non si danno
i problemi dei vivi e il nostro mondo.
Ti ricordo così, dentro il mio cuore
negli anni belli che furono
e pur nei tempi tristi,
nelle avventure infinite,
nelle tue paure per me
che fui parte di te così diverso
con gesti lenti e smisurato Amore.