C'è un prima e un dopo
dove tramonta il sole,
c'è sempre un'alba incerta
dietro la curva sicura ed assoluta
della Terra.
Rotola e non rivolta
l'intreccio dei destini
a volte avvolge
ma non muta
la mia coscienza
muta.
Amori clandestini.
mercoledì 19 agosto 2009
Come
Come quelle cose buttate alla rinfusa sul divano, come i miei pensieri che non vogliono più diventare anima, come foglie di rosmarino, verdi e poi secche.
Come i colori della musica, come il respiro del mare, come le infinite sfumature del cielo al tramonto.
Come una presenza naturale, come l'acqua che corre, come l'alito fresco di mille primavere, come la pioggia inutile, come un lampo e poi il buio.
Passare.
Come i colori della musica, come il respiro del mare, come le infinite sfumature del cielo al tramonto.
Come una presenza naturale, come l'acqua che corre, come l'alito fresco di mille primavere, come la pioggia inutile, come un lampo e poi il buio.
Passare.
sabato 15 agosto 2009
Ricorrenze
Il 15 agosto di tanti anni fà venni avvisato da una telefonata che l'avevano portata all'ospedale. Stavo mangiando, in cucina come al solito, con tutta la famiglia.
Mi vestii in fretta e mi misi in macchina, col caldo estivo (non avevo l'aria condizionata in macchina, allora) e guidai come un automa verso quel lontano ospedale.
Mi venne incontro Marcello, un cugino di mio padre, con una faccia che non lasciava dubbi, e mi disse subito: "Non ce l'ha fatta". Dietro di lui sua moglie, che sorreggeva mio padre, incredulo e scosso.
Rimasi impassibile per un po'. Andai a vederla: l'avevano sistemata su un tavolo di marmo. Era bianca come quel marmo. Nessuna espressione sul suo volto.
Dopo poco il piccolo corteo di auto si mosse verso il paese. Io rimasi da solo in quel percorso.
Piansi disperatamente la perdita della donna più importante della mia vita, quella che avevo amato e odiato più di ogni altra persona al mondo.
Ne conservo una piccola foto in bianco e nero, che la ritrae da giovane, alla finestra.
Mi vestii in fretta e mi misi in macchina, col caldo estivo (non avevo l'aria condizionata in macchina, allora) e guidai come un automa verso quel lontano ospedale.
Mi venne incontro Marcello, un cugino di mio padre, con una faccia che non lasciava dubbi, e mi disse subito: "Non ce l'ha fatta". Dietro di lui sua moglie, che sorreggeva mio padre, incredulo e scosso.
Rimasi impassibile per un po'. Andai a vederla: l'avevano sistemata su un tavolo di marmo. Era bianca come quel marmo. Nessuna espressione sul suo volto.
Dopo poco il piccolo corteo di auto si mosse verso il paese. Io rimasi da solo in quel percorso.
Piansi disperatamente la perdita della donna più importante della mia vita, quella che avevo amato e odiato più di ogni altra persona al mondo.
Ne conservo una piccola foto in bianco e nero, che la ritrae da giovane, alla finestra.
sabato 1 agosto 2009
L'isola di vetro
Quando le chiesi più forte che mai
-a mia madre-
perché nonna era nella grande culla di legno
dove va?
mi avesse cantato va ad Avalon
non avrei pianto
mi ha risposto: "in cielo"
acciderba, ah
ho pensato
e come ci vado in cielo
se io vado ad Avalon?
Non ho chiesto più nulla a mia madre
per via dei molti bivacchi tra le stelle.
Al bivio troverò pure
l’insolente fortuna di un solco, una voce
trasparente
vecchia di nera morte. Come un urto improvviso.