venerdì 12 febbraio 2010
Il caciucco del gòlgota
C'inerpicammo per la ripida costa del monte. Presto ci mancò il fiato. Il flauto, invece, ci mancava da sempre. Ci fermammo per recuperare un po', e fu proprio in quel momento che lo vedemmo apparire, là, fra le frasche degli alberi di leccio e di ontano, là lontano: il caciucco del gòlgota! Maestoso, imponente, sublime. Indescrivibile. Infatti non possiamo descriverlo. Soltanto riportarne qualche sensazione, così, senza azione. Non provammo paura, piuttosto sgomento, al di sotto del mento. Non provammo stupore, piuttosto gratitudine: sì eravamo grate, Anna e io, come di un tombino. Non capita tutti i giorni di poterlo ammirare, il caciucco del gòlgota, e nemmeno a giorni al Terni. Una volta a settimana? Macché! Una volta nella vita, o nella vite, come dice il bullone. Restò per un infinito attimo a guardarci, o forse ci sembrò che ci guardasse. Poi si voltò e si allontanò! Oh no! Non avevamo avuto il tempo nemmeno di scattare una foto, anche perché per la nostra macchina fotografica "scattare" era un verbo alieno. Quell'esperienza ci restò nel cuore come un embolo. Ritornammo presto a valle. Valle a raccontare certe cose!