Beatrice era certamente una Dea.
L'avevo conosciuta a distanza senza riconoscerla. Era stata lei a invitarmi, precisando subito di essere molto selettiva nelle sue scelte. E non aveva sbagliato affatto: come può una Dea compiere un errore in confronto a un umano?
Mi lasciai trasportare, e fu bellissimo. Con la naturalezza di un colpo di vento in una giornata estiva ci ritrovammo amici. O meglio, io ero in perenne adorazione di tanta divinità e lei mi voleva bene. All'inizio furono molte parole fra noi, poi un po' meno: ci capivamo anche senza scrivere. Scoprii che le piacevano le cose complicate, e questo fu un altro motivo per adorarla.
Tutto scorrevole, tutto naturale: così dev'essere un'amicizia, di quelle che durano. Un ponte gettato sull'abisso che normalmente divide due esistenze, sostenuto da entrambe le parti con la stessa determinazione.
Queste poche parole sono a lei dedicate, nel giorno del suo compleanno, per dirle: "sono contento che esisti proprio così come sei, sono contento di averti incontrata, anche se non ti chiami Beatrice".