E invece non era stata affatto così, stupenda come l'aveva immaginata, come l'avrebbe voluta, la sua vita.
Cominciò in un vecchio appartamento, in quella stanza che gridava mediocrità da tutte le pareti, dalle finestre che non chiudevano mai bene, lasciando entrare l'aria umida dei pini e del fiume invisibile, là oltre la collina.
Era quella dei nonni, quella casa. Dove la nonna lavorava con la macchina per cucire, gli ultimi scampoli di vecchie signore che ancora le chiedevano di realizzare a mano qualche vestito.
E fu l'infanzia stentata, dietro le incertezze economiche di suo padre, uomo tutto d'un pezzo e onesto lavoratore licenziato perché sindacalista. Altri tempi. Nessuna garanzia, oltre la fame da sconfiggere a morsi giorno per giorno.
Relativamente decente fu l'adolescenza, minata solo da compagni stupidi che schernivano la sua timidezza e il suo non brillante aspetto. Pesce fuor d'acqua si sentì al Liceo, frequentato dai pulitissmi rampolli della piccola borghesia, ribelli con le spalle coperte.
Amori senza speranza e per nulla ricambiati furono suoi compagni di gioco. Arrivò all'Università senza aver capito quasi nulla della vita, di quello svolgersi assurdo dei giorni, senza senso e senza meta.
Come una canzonetta stupida.