M'avanza sempre l'insalata
e del formaggio che muffisce in frigo
non so che farmene in certe sere tristi
amare di minuti e gonfie di quel troppo passato
che non mi risponde quando chiedo il conto.
Se fossi saggio, stenderei il bucato,
rammenderei calzini come fossero storie
rimaste là in sospeso a cavallo del cuore.
Rimango a carezzare le dolcezze
che qualcuno un giorno mi ha donato
e tolgo all'anima le grinze
con il ferro a vapore e alle camicie.
venerdì 28 marzo 2008
mercoledì 26 marzo 2008
Persone e corpi
Ogni volta cercava persone, nascoste dentro quei corpi. Ogni volta andava a fondo, a volte da solo, a volte colpiva solo corpi, e corpo veniva condannato a restare. Mentre la pioggia batteva sull'asfalto, ogni goccia rimbalzando e ogni goccia si faceva umida nebbia, nebbia che si alzava in quella pioggia, mentre tutto questo, corporeamente, accadeva, la sua mente continuava, continuava a cercare, cercare persone al di là delle vane apparenze che la vita del corpo gli presentava, quotidianamente, davanti.
Persone hanno pensieri, che non dicono mai, quasi mai. Soltanto se la fugace scintilla che abbatte barriere, quella che amicizia o amore così bene nascondono e fanno brillare, soltanto allora, non sempre, pensieri indicibili vengono detti, gettando quel ponte che unisce e coinvolge persone diverse.
Persone hanno speranze, su tutto la strana speranza che non debba, non possa finire, questo esser persona. I corpi invece consumano la loro finita esistenza, i corpi si ammalano, invecchiano, muoiono.
Persone hanno immaginazione, fantasia, sogno, magia. Persone vanno al di là di ogni universo, se vogliono. Persone si uniscono, persone per sempre si lasciano. I corpi obbediscono, così come possono. Persone si amano, a volte s'illudono, più spesso s'ingannano. I corpi a volte si sbagliano, senza colpa e senza mèta vagano, cercando una guida. Persone si attraggono, e i corpi non possono opporsi, o forse non vogliono.
Persone scrivono canzoni e poesie, i corpi le eseguono (a volte neanche le seguono).
Persone hanno una mente, i corpi soltanto un cervello. Entrare dentro una persona è difficile, affascinante, incommensurabilmente mirabile. Entrare in un corpo è fin troppo facile, basta un pene o un coltello, e alla fine delude. Ti sbatte in una cella. Come quella mattina quando il maresciallo bussò alla sua porta, e lui, aprendo, disse subito: "Sì, sono stato io. Ma non mi chieda se fu la mia mente, o il mio corpo a tradire la mente. L'ho accoltellata, perché non ero riuscito ad entrare nella sua persona". Manette.
Persone hanno pensieri, che non dicono mai, quasi mai. Soltanto se la fugace scintilla che abbatte barriere, quella che amicizia o amore così bene nascondono e fanno brillare, soltanto allora, non sempre, pensieri indicibili vengono detti, gettando quel ponte che unisce e coinvolge persone diverse.
Persone hanno speranze, su tutto la strana speranza che non debba, non possa finire, questo esser persona. I corpi invece consumano la loro finita esistenza, i corpi si ammalano, invecchiano, muoiono.
Persone hanno immaginazione, fantasia, sogno, magia. Persone vanno al di là di ogni universo, se vogliono. Persone si uniscono, persone per sempre si lasciano. I corpi obbediscono, così come possono. Persone si amano, a volte s'illudono, più spesso s'ingannano. I corpi a volte si sbagliano, senza colpa e senza mèta vagano, cercando una guida. Persone si attraggono, e i corpi non possono opporsi, o forse non vogliono.
Persone scrivono canzoni e poesie, i corpi le eseguono (a volte neanche le seguono).
Persone hanno una mente, i corpi soltanto un cervello. Entrare dentro una persona è difficile, affascinante, incommensurabilmente mirabile. Entrare in un corpo è fin troppo facile, basta un pene o un coltello, e alla fine delude. Ti sbatte in una cella. Come quella mattina quando il maresciallo bussò alla sua porta, e lui, aprendo, disse subito: "Sì, sono stato io. Ma non mi chieda se fu la mia mente, o il mio corpo a tradire la mente. L'ho accoltellata, perché non ero riuscito ad entrare nella sua persona". Manette.
mercoledì 19 marzo 2008
Giuggiole e giaggioli
Brodi
di giuggiole e giaggioli
e giunchiglie
a Gengis Khan ricordano
glorie di gigli
aggiunte a gemiti,
lucciole e lanterne:
immense confusioni,
fusioni di effusioni.
Nuvoloni
là in alto
rincorrono cuori
di zucchero e ginestra,
o salti di finestra,
Elena e Clitennestra
là dove ride il clito
e l'inclito s'innesta
su poche righe di un racconto antico.
Vano, ma non d'appartamento
l'eco m'adesca e lecco
certe gocce di rugiada intorno a me
come in quel di settembre
l'impressione
che mi fu sublime.
Cerco le rime
rive di un fiume
d'assonanze ridondante
e pieno
e mi vien meno cantando
la mia voce rauca di vino
nel cercar divino ricordo
della passata Gloria.
Corre il ricordo allora
alla Marina
e ad altre che oramai son nomi
senza più volto, voto e vita,
passione sopita
di un'Era giunonica
il cui presente era.
Ora non più
mi sazio
di giuggiole e giaggioli
fin laggiù.
di giuggiole e giaggioli
e giunchiglie
a Gengis Khan ricordano
glorie di gigli
aggiunte a gemiti,
lucciole e lanterne:
immense confusioni,
fusioni di effusioni.
Nuvoloni
là in alto
rincorrono cuori
di zucchero e ginestra,
o salti di finestra,
Elena e Clitennestra
là dove ride il clito
e l'inclito s'innesta
su poche righe di un racconto antico.
Vano, ma non d'appartamento
l'eco m'adesca e lecco
certe gocce di rugiada intorno a me
come in quel di settembre
l'impressione
che mi fu sublime.
Cerco le rime
rive di un fiume
d'assonanze ridondante
e pieno
e mi vien meno cantando
la mia voce rauca di vino
nel cercar divino ricordo
della passata Gloria.
Corre il ricordo allora
alla Marina
e ad altre che oramai son nomi
senza più volto, voto e vita,
passione sopita
di un'Era giunonica
il cui presente era.
Ora non più
mi sazio
di giuggiole e giaggioli
fin laggiù.
giovedì 13 marzo 2008
La Cometa
Da lontano
arriva e bacia il cielo,
coda e capelli liberamente
Arraffa nuvole
guarda davanti a sé
talvolta silenziosamente
piange.
Non resta:
sempre vòlta
le spalle al suo destino
Del colore dell'alba
porta il velo
senza suono
senza nulla rubare passa
E getta la sua luce
in ogni direzione
perché lei mi somiglia
Cometa che ho nel cuore.
arriva e bacia il cielo,
coda e capelli liberamente
sciolti.
Arraffa nuvole
guarda davanti a sé
talvolta silenziosamente
piange.
Non resta:
sempre vòlta
le spalle al suo destino
rimpianti non rimorsi.
Del colore dell'alba
porta il velo
senza suono
senza nulla rubare passa
indisturbata.
E getta la sua luce
in ogni direzione
mi tiene gli occhi aperti
anche quando fa male
perché lei mi somiglia
Cometa che ho nel cuore.
venerdì 7 marzo 2008
Fame
Non aveva fame. Voleva soltanto saziare la sua voglia di quotidianità, di una vita normale, così come ce l'hanno tutti gli esseri umani normali. Si sedette. La tavola era spoglia, ma accogliente: una tovaglietta dai colori allegri la copriva solo in piccola parte; un piatto bianco, un bicchiere di vetro trasparente, un coltello e una forchetta completavano il quadro. O forse bisognerebbe dire una forchetta e un coltello - pensava. Questa infinita diatriba fra mondo maschile e mondo femminile non aveva smesso di stupirlo, da quando aveva cominciato a sentirne parlare. Eppure erano passati ormai diversi decenni, anni della sua infanzia, quando ascoltava quasi senza essere notato i discorsi dei grandi. Quei grandi, allora, lo ritenevano forse troppo piccolo perché potesse capire, o forse semplicemente non si curavano di lui, mentre erano impegnati in quei discorsi. Gli uomini di qua, le donne di là, e poi ancora le donne (partoriscono) mentre gli uomini (fanno il militare) - erano ancora tempi in cui si dava per scontato che esistesse un esercito e che gli uomini (cioè i maschi) dovessero contribuire con la loro presenza, temporanea o permanente, al buon funzionamento di questo esercito. Per difendere cosa. Anche questo rimase a lungo un mistero. Sua zia lo prendeva sulle ginocchia, a volte, e gli cantava "trucci-trucci chi è che va a cavallo, il Re del Portogallo...". Ma questo accadeva ancora prima, finché un bel giorno la zia decise che lui era diventato troppo grosso e pesante per continuare quel gioco infantile. Era cresciuto. Ma i disegni tracciati con mano insicura sui fogli bianchi che la nonna gli faceva trovare, quei disegni di aerei, e razzi e altre macchine volanti, erano sempre là, in quel cassetto dove la nonna riponeva ordinatamente le sue cose. E il divano imbottito, con le teste di leoni (o mostri) scolpite nel legno dei braccioli, quelle piccole bocche spalancate in cui lui si divertiva a ficcare le dita, giocando fra sé a farsele mordere dai leoni o mostri. E l'orologio, guasto e fermo da una vita, incastrato sulla pancia di quella statuetta di bronzo raffigurante un'Idra, o comunque quel mostro che le sue letture infantili avevano identificato come Idra. Senza più lancette, ormai, a segnare i suoi sabatopomeriggi di ozio-disegno-ascolto dei discorsi dei grandi. Non aveva fame. E non riusciva a spiegarsi come fosse passato tanto tempo in così poco tempo.
domenica 2 marzo 2008
sabato 1 marzo 2008
Davanti e dietro
Vorrei avere un calendario davanti
ed uno dietro
per difendermi dai giorni
e ritrovar le ore
per nasconderci i miei sogni
che restano là
minuti
e i miei desideri
che arrivano sempre
secondi
ed uno dietro
per difendermi dai giorni
e ritrovar le ore
per nasconderci i miei sogni
che restano là
minuti
e i miei desideri
che arrivano sempre
secondi