mercoledì 23 maggio 2007

Non chiedermi perché

E non chiedermi perché non parlo. Tutti i miei errori passati, tutti quei treni persi e mai più ritrovati, tutta la delusione del primo appuntamento quando si trasforma in ultimo, unico.


Non si ripete l'emozione di sentirsi amati. Non dura più del fuoco di un cerino acceso per una sigaretta povera, senza fuoco né accendino. Brucia e si spegne. Non sembra vero che mi abbia detto: "ci vediamo". Succede come un lampo. La sfortuna, la sorte, l'ansia o le tenebre scivolose del vuoto che riprendono il sopravvento. Come svegliarsi da un sogno. Un bellissimo sogno. Sapendo che è stato vero.


Sentirsi come un bambino che riceve il più bel giocattolo, quello desiderato, e lo adora, lo rigira fra le mani incredulo. E un attimo dopo qualcosa o qualcuno ... il bel giocattolo è sparito. Angoscia. Privazione. Rabbia. Rifugio nell'ineluttabile destino, rifiuto di provarci ancora, dolore curato da sé, concentrandosi su quello che rimane.


E non rimane altro che un'immagine mentale, sentimenti forti, emozioni da ricordare. Ogni volta si riapre la ferita e sanguina. Ma non lo sa nessuno, o forse nessuno vuol vedere, sapere: nessuno vuol sentirsi raccontare questa storia.


Come in una tragedia greca, cercare di evitare il destino ci getta fra le braccia di quell'esatto destino.


Aprimi gli occhi da quest'incubo, stavolta. Abbracciami forte e non lasciarmi fuggire via. Se ci riesci, ti amerò, anche di più di come ti sto amando ora.