mercoledì 9 maggio 2007

Passione in Q

Ebbene sì: lo confesso, sei la mia passione. Quando nacqui forse non sapevo ancora che lo saresti diventata, un giorno. O forse sì. Con quella saggezza tipica dei bambini e degli angeli, che magari dovrei chiamare "premonizione", scelsi luogo e tempo, scelsi la famiglia in cui sarei nato. Oppure fui scelto. Ma no, che dico, avvenne tutto "per caso". In ogni modo, per diversi anni, rimanesti celata nel grande vaso delle possibilità: avrei potuto ammalarmi e morire (erano ancora anni in cui le malattie infettive mietevano vittime fra i bambini più deboli), avrei potuto essere trascinato verso ben altre realtà da eventi improvvisi, cataclismi, traslochi ... Ah, quanti ne vidi, di traslochi, fin dalla più tenera infanzia: nato a casa di mia nonna materna, ben presto fui "trasportato" nella grande casa dell'altra nonna, dove i miei abitavano. Poi altre case, altre cucine con altri odori, altri tinelli (così si chiamavano allora i "soggiorni" senza pretese, a casa della gente con pochi quattrini) videro crescere la mia voglia di osservare il mondo, di capire, di compensare la perdita di quel "manuale d'istruzioni" che allora credevo dovesse accompagnare ogni nascita, ogni nuovo individuo che veniva così brutalmente introdotto in quel folle manicomio chiamato "esistenza".


A scuola ero bravo. Mi sembrava l'unica "moneta" con cui ripagare i sacrifici dei miei, o almeno così mi era stato insegnato, e ci credevo. Avevo però una certa difficoltà a scrivere componimenti "lunghi", che andassero al di là di un paio di facciate di foglio di quaderno: una specie di riluttanza. Non che mi mancassero le parole, ma restavano dentro di me, come congelate, represse. L'insegnante diceva a mia madre: "Non si preoccupi, è un maschietto. Si sa che hanno minore propensione alla scrittura". E io restai colpito da quella parola: "propensione". Pensavo che fosse una specie di anticipo della pensione. Pensavo che diventando vecchio avrei scritto di più. Non chiesi spiegazioni, e non ne ottenni. Cercai piuttosto di capire dove era andata a finire la mia "propensione", quali fossero le materie scolastiche che già allora potevano vantare un mio maggiore impegno, ma anche una maggiore riuscita. Pensavo, ora come allora, che è abbastanza inutile darsi da fare in aree senza attrattiva e con poco (per me) significato. Ancora non sapevo che tutto questo si chiama "motivazione": la molla dell'interesse. Perché mi guardi con quell'aria interrogativa ? Ti stai chiedendo: "Quale" o "Quando" oppure "Quanto" ? Magari oscilli nelle tue risposte fra "Questo" e "Quello", ma certamente avrai anche tu imparato che "Cuore" non si scrive con la "Q". E che a volte bisogna farsi un "culo a quadretti", e non un "qulo". E che l'unica parola italiana con due "q" consecutive è "soqquadro".


Questo mi porta fuori strada ! Che ne sarà di tutto quel discorso che avevo in mente, chiarissimo all'inizio, e che si va facendo via via più fumoso man mano che procedo a definirlo. Già, le definizioni. Fanno parte integrante di te, e sono molto importanti per me. Da bravo miope, naturalmente riesco a veder "definiti" solo gli oggetti più vicini: tutto il resto sfuma, come in una nebbia, ovatta protettiva dai pericoli distanti. Che vuoi che sia la vita, se non: riuscire ad evitare pericoli mortali, andando a modificare probabilità e statistiche che vedono quelli come me sconfitti da un accidente qualsiasi, scampati alla crudele pratica della Rupe Tarpea e dati in pasto ad una realtà per certi versi più crudele ancora. Studiate geometrie disegnano ardite traiettorie di un essere che in volo non vorrebbe più atterrare. Proiezioni ortogonali di anima e desiderio, sospese fra un passato troppo frettolosamente andato via e un futuro che si avventa come l'aria fra le narici di un'aquila in picchiata.


Relatività del tempo: velocissimo quando sto bene, lento a passare nella noia, intriso di mancate occasioni, di aspri rimpianti, quasi immune dai rimorsi che ai vili abbondano. Spazio-tempo: dimensioni forse equivalenti, perché tempo ne ho speso a superare spazi che sembravano insormontabili, e spazio ne ho percorso cercando di azzerare il tempo ormai trascorso. Particelle di un discorso iniziato quando. Non ricordo. Memoria, giudice impietoso di un fare a volte troppo tumultuoso. Ologrammi di vita, tridimensionale, da non riuscire a fuggire, a cancellare. Errori a tutto schermo, avanti e dietro, sopra e sotto, come quando sento nell'anima piovermi a dirotto. E vorrei, ma non posso, cambiare il tempo, e ciò che dentro al tempo mio all'inferno mi condanna.


Causa-effetto: la logica stringente di questa realtà mi inchioda alle mie responsabilità. Fuggire è un po' morire. Ogni volta pago in moneta dorata per espiare una cazzata. Altrove andare, ma da che, visto che altrove altri tempi e altri errori non aspettano altro che me. Sillogismi di quel ragionamento che mostra e non dimostra, assiomi assurdi, irrinunciabili e crudeli. Domani diventati ieri.


Passione mia, rovello e sazietà di un'anima incapace di rendersi conto del mondo. Autismo comportamentale, facile asilo di una mente che vale. Il risultato poi qual è ? Felice o assai infelice, resto allo specchio e non mi riconosco, mi perdo e mi ritrovo, ma non miglioro. Passione mia del tutto approssimativa, scienza e coscienza che mi fai dire: cambierò il tuo nome, ché troppo esatta non ti vidi mai, incapace di risolvere i miei guai, eppur compagna fedele mi fosti in questa vita. Altri "Matematica" ti chiamano, io ti rinomino invece "Quasi-matica", il che ti rende alquanto più simpatica.


Termina qui la mia passione in "Q".