mercoledì 18 maggio 2005

Il cieco

Come un cieco mi muovo cercando la bellezza. Non quella che trafigge gli occhi, che passa attraverso. La bellezza vera, che sta dentro gli occhi, indugia, si nasconde e poi all'improvviso esce allo scoperto, fulminando chi non aveva fiducia in lei, creando gioia in chi invece l'aspettava.

Interno di una stanza. Penombra: riesco a sentirla, come delle vibrazioni, cupe, a tratti irregolari. Tu sei lì, di spalle. Non mi guardi, ma continui a girarti qualcosa nelle mani: un oggetto piccolo, metallico. Quel piccolo delfino che tenevi appeso alla collanina, quello che ti avevo portato dal mio viaggio in Danimarca.


Mi avvicino. Ora siamo seduti sullo stesso letto, il tuo letto. La trapunta di cotone, pesante, la sento sotto le dita della mano destra. Con la sinistra seguo le pieghe casuali del tuo vestito. Trattieni il respiro, poi mi parli. La tua voce è calda e sottile, quasi un soffio. Leggermente diversa da quella che mi ero abituato a sentire per telefono, durante quelle occasioni quasi rubate in cui ero riuscito a chiamarti. Ma ti riconosco, perché ti conosco. Seguo le onde, irregolari, del tuo discorso. Non mi importa di capirne il senso. Sono come una barca troppo piccola in mezzo ad un mare che solleva onde troppo grandi. Vadi su e giù, gli spruzzi di schiuma riempiono il mio piccolo guscio e vado avanti. Almeno, credo di andare avanti. Il tuo discorso, all'improvviso si ferma. Mare calmo, come appena prima della tempesta. E infatti arriva, l'uragano della tua rabbia, a pretendere chissà quale giustizia dal mio cuore cieco, sordo, ormai staccato dal mondo.


Cado all'indietro sul letto, con un gemito. Ti chini su di me, sfiorandomi il volto con le dita: quelle dita lunghe, nervose, forti, che non conosco: fredde. Restiamo così, senza parlare. Sento il calore della tua presenza accanto a me, come una luce tenue, viola, con riflessi rosa. Luce: sensazione immaginaria, per uno come me.


All'improvviso mi alzo, mi avvicino alla porta, prendo il bastone bianco ed esco. Il giorno mi accoglie coi suoi mille rumori, ignaro della musica che ho appena ascoltato accanto a te, insensibile alla tua bellezza.