martedì 30 maggio 2006
sabato 27 maggio 2006
La casa dei miei versi
ho un posto dove scrivere i miei versi,
so dove li metto.
Forse saranno strani,
forse saranno brutti:
ma non chiedo l'applauso di tutti.
Chiedo un po' d'attenzione,
pretendo rispetto:
condivido battiti del petto.
Ma gli ipocriti no,
stiano lontani:
facciano di sé stessi i menagrami.
Finché si scherza è gioco,
ma ogni bambino sa
che in ogni gioco è intrisa
massima serietà.
mercoledì 24 maggio 2006
Delirio urbano
Panorama urbano: palazzi, strade, macchine.
Perché mi trovo in questo posto ? Dove sto andando ? Qualcosa ronza nella testa: parole, un linguaggio, frammenti di discorsi scivolati via come acqua sul marmo di quelle statue che ho ammirato, molte volte, nelle piazze del centro. Monumenti all'effimero. Ogni notte porta via la realtà circostante, ogni mattina ne costruisce una nuova, identica. Finché.
Ci sono giorni dispari, o forse ce n'è uno solo all'inizio e un altro alla fine. Non tutto è comprensibile, anzi quasi nulla. Nei rimanenti giorni pari si cerca di restare in pari con la vita: uno a me, uno a te. Il gioco si ripete, uguale, immutabile. Non se ne conoscono le regole. Comprendere: può farlo solo un contenitore. Bisognerebbe aver definito i confini, i limiti. L'inarrivabile infinito è sempre là, in agguato, con la sua trappola mortale: non si lascia comprendere.
Fuggire. Da "qui" a dove ? Vita mimetica. Nascondersi in ciò che sta intorno. Intorno vuol dire confini, frontiere, di nuovo limiti, infiniti spazi finiti incompatibili fra loro.
Dentro, fuori. Da che ? Da chi ? Osservo le mie mani, osservo le parole che si compongono sotto le mie mani, ma non osservo nulla. Fuori, dentro. C'è separazione o contatto ? Continuità o spazio vuoto ? Causa, effetto. Chi o che cosa ha causato "me" ? Che cosa ho causato nel mondo ? Fin troppo, fin troppo ! Smetto di respirare. Sento il battito del cuore. Chiudo gli occhi. Non posso chiudere le orecchie. I miei dolori sono ancora lì.
Come si cambia, come si resta uguali. In ogni caso, inutili. In ogni tempo dannosi a sé e agli altri. Quali altri ? Quelli proiettati dentro un sé che non sa bene dove collocarsi. Quello stesso sé proiettato fuori in mezzo agli altri, che nella migliore delle ipotesi non sanno che farsene.
E si fa sera.
lunedì 22 maggio 2006
Gelo-sia
La mia gelosia nasce dalla paura della privazione: come c'è differenza fra un bambino che piange perché vuole un giocattolo e uno che piange perché aveva un giocattolo e qualcuno gliel'ha tolto, io mi dispero perché ho paura che qualcuno o qualcosa mi tolga il sentimento che credo di aver conquistato.
Ricordo quando andava ancora tutto bene e lei mi diceva "Lo sai che quando tutto questo finirà, soffriremo", e mi prendeva il panico a pensare che sarebbe potuto finire, pensavo a quando sarebbe sicuramente finita la nostra storia mai cominciata, e mi prendeva un gelo dentro ... appunto: Gelo-sia !
sabato 20 maggio 2006
Anche se qualcuno dice che è finito
Ho fame. Ma non dei soliti crackers che mi avvelenano il pasto tutti i giorni della mia odiata dieta.
Ci vorrebbe qualche biscotto buono, no meglio la cioccolata.
Guardo nella dispensa, in cucina: quattro diversi pacchi di merendine. Guardo nell'armadio delle provviste, in salone: due pacchi di crackers (chiusi), altri pacchi di merendine, qualche triste caramella sciolta (in tutti i sensi).
Sul tavolo della cucina c'è un pacco di crackers, aperto. Ne prendo un paio e comincio a sgranocchiare. La lavastoviglie ha terminato il suo ciclo, con un rantolo. I letti sono ancora da rifare.
Si chiama matrimonio, anche se qualcuno dice che è finito. L'aspirapolvere può attendere.
giovedì 18 maggio 2006
mercoledì 17 maggio 2006
Con i tuoi occhi verdi
con i tuoi occhi verdi
quando chiedi e non dici,
quando ti do
tutto quel che ho.
Chissà se cambierai
crescendo,
chissà se scorderò
le notti insonni,
passate con te in braccio
per farti addormentare.
Ti ho vista nascere,
fragile novità
per niente attesa:
da allora molto amata,
adorata e difesa,
contrasto al mondo ostile.
Tu piccola, cresciuta
all'ombra del mio amore
stai pur sicura:
non scorderò
le notti insonni
ad insegnarti il nome:
"Papà".
lunedì 15 maggio 2006
Quando arriverai
Quando arriverai, forse non ti vedrò. Reso cieco dagli sputi velenosi di chi credeva di avermi in pugno.
Quando arriverai, sentirò come un vento, forte, profumato, caldo. Ma non ti vedrò. Per paura di ferirti, e di ferirmi, farò finta di non aver sentito. Starò immobile, nella mia cecità, nascosto nel riflesso più accecante del sole, in questa città da Far West abbandonata alla polvere.
Mutilato di ogni sentimento, non avrò la forza di farne rinascere altri. Neanche per te che forse li meriteresti. Darò soddisfazione ai miei aguzzini, se ancora saranno capaci di provarne.
Fermo, immobile. Solo il vento e la polvere a graffiarmi gli occhi ormai inutili, perversi nella loro celeste fissità, non più specchio dell'anima, o forse ancora, ancor meglio.
Sudare, so farlo bene, anche da fermo. Ma non significa sentire. Fermerò il battito del mio cuore, lo fermerò per lunghissimi istanti. Nessuno potrà sentirlo.
Solo tu potresti forse sospettare che ancora vivo, ma non ti farò del male confessandotelo.
Quando arriverai, me ne sarò già andato. Troverai la mia sedia a dondolo, vuota.
Sogno nonostante
semplicemente guardandoti negli occhi.
Vorrei ascoltare la tua voce,
scaldarmi il cuore alla tua bocca.
Vorrei restare ad ammirare il mare
che viene e va e resta sempre uguale.
Vorrei che tu ci fossi nonostante
la nebbia, il sole o il temporale.
sabato 13 maggio 2006
Porte
ricordo, a volte rimpiango, ma non torno.
Ho sorpreso, deluso, contrariato
chi mi credeva definitivamente conquistato
senza curarsi dell'anima che ho dentro,
senza chiedersi quello che davvero sento.
Ho tagliato molti ponti sugli abissi:
c'erano orrori, errori ed altri mostri.
Ho avuto oro, gloria, castelli e principesse:
niente che fosse degno veramente
delle battaglie, delle mie ferite,
niente e nessuno con cui deporre l'armatura.
Adesso vado, non ho più paura
neanche del buio che mi sta aspettando.
lunedì 8 maggio 2006
La bella addormentata nel parcheggio - capitolo 2
Dentro quella realtà desiderata con tratti di favola a lei piaceva vivere, sognando ad occhi aperti ogni minuto in cui non era banalmente occupata a preoccuparsi della sopravvivenza quotidiana e di tutte le piccole grandi magagne di un mondo imperfetto, troppo imperfetto per essere vero o anche soltanto sopportabile. Così lo vedeva, così ne soffriva. Compresi i suoi uomini: non avrebbe certo voluto cambiarne così tanti. Aveva ormai smesso di chiedersi perché il Principe Azzurro non si fosse ancora fatto vivo: chissà dov'era lontano, invischiato in chissà quale stupida battaglia che lo teneva al di fuori della sua vita, ancora per chissà quanto tempo ! Credeva ogni tanto di averlo intravisto, in questo o quel ragazzo che la corteggiava. Anche perché, ad essere ragazzo, a meno di avere una forte volontà ed essere fortemente impegnato in un solido legame altrove, non era certo difficile aver voglia di corteggiarla. Molto contava l'aspetto fisico, ma anche il comportamento, il modo di muoversi e di parlare, specialmente con le persone conosciute da poco.
Quell'uomo, invece, non era uno conosciuto da poco. Per lungo tempo avevano lavorato fianco a fianco, ma erano rimasti soltanto buoni amici. Non riusciva neanche a ricordare il momento esatto in cui ... A parte questo, le cose erano andate bene per un po', fino a quando non si trattò di decidere se andare a vivere insieme, magari sposarsi. Avevano fatto lunghi discorsi, entrambi, tutti estremanente razionali e tutti abbastanza concordi: avrebbero cominciato a convivere, ma nel frattempo avrebbero fatto tutto il necessario per arrivare ragionevolmente presto al matrimonio. Sembrava tutto così tranquillo.
"Mamma, è pronto l'amburgher ? Ho fame !" La voce dolce e squillante di Chiara arrivò ad interrompere il corso dei suoi pensieri, facendola precipitare senza paracadute nella realtà quotidiana, cruda, reale fino alla nausea. "Fra poco, fra poco" rispose ancora un po' assorta. E cominciò a spadellare in cucina.
venerdì 5 maggio 2006
Luce di Primavera
che allontana l'Estate,
questa luce più vera
contro il buio stantio
che impedisce la vista,
che rimanda all'oblio.
Tutto ora cambia
perché nulla cambia
nel cuore o di fuori:
classificare gli amori
non è mia abitudine.
Muoversi restando fermi
o irrompere
nell'Universo,
scagliandosi
in linea retta:
una scelta comunque imperfetta.
mercoledì 3 maggio 2006
Demonio
ti farò vergognare
di averle ascoltate.
Con la punta delle dita
farò bruciare la tua pelle,
col sale sulle labbra
ti darò un brivido lungo
lungo la schiena.
La mia lingua si farà serpente,
superando le porte delle tue
grandi labbra,
e ti farà gridare piacere
una volta, due volte,
mille volte,
finché riuscirai
infine
a fermarmi.
Col tuo sapore nella gola
ti percorrerò in ogni cielo,
fuori e dentro,
dentro e fuori,
da ogni apertura proibita,
per trovarti l'anima
e stringerla contro la mia,
per fonderle, unica, dannata:
finalmente insieme.