venerdì 15 luglio 2005

Il nostro film

Rileggevo, sai, ripensavo. Ripenso spesso da un po' di tempo a questa parte. Più del mio solito. Dimentico troppi particolari. Mi piacerebbe rivedere il "film" della nostra storia, come un videotape.


Fast-Rewind. Play.


Certo, chiuderei gli occhi sulle scene brutte, quelle delle incomprensioni, dei litigi a distanza. Ma non su quelle delle discussioni per telefono: la tua voce ha per me un significato magico. Anche quando sei arrabbiata con me. Ancora di più quando sei sorpresa: una sola volta, forse, ti ho veramente sorpresa al telefono. Stavi spremendo le arance. E' stata bellissima, quella chiacchierata. Anche le altre. Poche, troppo poche. Forse troppe, per me che non ricordo più perfettamente. Non riesco ad esprimere ciò che vorrei: non ci sono parole. Ti ho detto che ti riconoscerei fra mille ragazze vestite come te. Non è vero. Ti riconoscerei fra sei miliardi: sei una, in tutta l'umanità. Non ti ho cercata, non mi hai cercato. Sei entrata nella mia vita come una Cometa entra nell'orbita del Sole. Vorrei riuscire a far brillare la tua "coda" come il Sole fa con la sua Cometa. Altri pianeti si disturbano reciprocamente le orbite.


Stop. Rewind. Stop. Play.


Non so quasi niente del tuo corpo. Non mi serve. Nessun'altra mi piace come mi piaci tu. E non chiedermi perché. Ripensavo, ripenso. Due anni e qualche mese sono niente, confrontati con tutto il tempo che ho vissuto.


Pause. Play.


Ti ho odiato ? Certo, fra i miei sentimenti per te, c'è stato anche l'odio. Non ci si può fidare veramente di una persona se non la si è osservata mentre dorme, dicono. Io dico anche che non si pùò voler veramente bene ad una persona se non la si è odiata almeno una volta. Le nostre diversità non ci hanno mai diviso. Nemmeno l'incompatibilità di carattere c'è riuscita. Non durerebbe due giorni, la nostra unione. Eppure siamo "qui", siamo "adesso", siamo "ancora". Forse l'avverbio giusto è "nonostante". Ognuno per la sua strada, perché è proprio quello che ciascuno di noi si aspetta dall'altro. Siamo liberi di non volerci bene, e perciò non smettiamo di volercene. Sarebbe più comodo, per entrambi, non esserci mai conosciuti. Ma sarebbe molto meno piacevole.


Ho riletto anche le tue immagini, quelle che mi hai mandato. Voglio dirti che c'è una parte di te, del tuo corpo, che mi fa davvero impazzire. Non indovineresti qual'è. Non ne abbiamo ancora parlato. Ma non te lo dico adesso, voglio farti morire di curiosità. Sai essere curiosa in un modo stupendo, innocente, come una bambina. Voglio godermela ancora, la tua curiosità.


Ripensavo.


Chissà se riesco a farti fare cose che altrimenti non faresti, cose che con altri non faresti. Non sto pensando a nulla in particolare: qualsiasi cosa. Fra tanti particolari che ho purtroppo dimenticato, una piccola frase invece non dimentico, e forse dà un senso a tutto questo: mi hai detto che sono stato "il primo, il primo e l'unico", e tu certamente ricordi di che si trattava.


Ho perso il treno, quella volta. Avrei dovuto salirci, invece. O al massimo, avendo fallito il compito, farmi stritolare dalle sue ruote, quando è ripartito. E invece neanche questo. Chiamami vigliacco, impotente, cieco e sordo. Chiamami saggio: un uomo saggio non si mette a sconvolgere la vita di una fanciulla innocente. Purtroppo. Chiamami pazzo.


No, non chiamarmi in nessun modo, perché non sono né vigliacco, né impotente, né cieco, né sordo, né tantomeno saggio. Pazzo forse sì. Ma faccio finta di non saperlo. Potrei impazzire per una gonna gitana tenuta in vita da un foulard morbido, per un paio di sandali con i lacci "da schiava" che salgono a legarsi sui polpacci, per un top corto che scopre un po' l'ombelico, se fossi tu ad indossarli. Per i tuoi capelli legati dietro, a formare la coda di una Cometa. Perfino per i tuoi occhiali, e non lo sai il motivo. Sono tutti simboli di te, della tua persona, della tua anima. Non so niente del tuo corpo. Non mi serve. Non mi basta. Non fermarti alla superficie del mio. Voglio darti molto di più. Prima che sia troppo tardi.


Adesso mettiti in posa per me, che finisco di registrare il nostro "film", con la videocamera del mio cuore.


Rec.