martedì 5 luglio 2005

Delirio di una notte di mezza Estate

C'era una volta, anzi c'erano .. due persone. Erano lontane, non si conoscevano, anzi non si sarebbero mai incontrate. Così era scritto nel destino. Perché anche la sofferenza ha un limite, e anche gli oggetti inanimati sanno che cos'è la sofferenza. La Giustizia, come l'Amore, vive al di fuori di noi. E l'Amore, si sa, non esiste. Forse qualcuno l'ha mai visto davvero ? Immaginato, sì ! Desiderato, soprattutto ! E chi non ha almeno una volta nella vita desiderato l'Amore, quello vero, senza limiti e senza sofferenza. Vedi, anche senza volerlo, ci siamo tornati, alla sofferenza. Chi non sta male dice: "passerà". Tendiamo tutti a fuggire, a dimenticare. Quello che oggi è un dolore che sembra insopportabile, un giorno sarà solo un pallido ricordo, sbiadito, distorto.


Ma che fine hanno fatto quelle due persone di cui si parlava all'inizio ? Ah, sì, ecco: sono cadute vittima di un errore. Una specie di bestemmia pronunciata contro il destino. Ora si conoscono. O almeno, sanno delle reciproche esistenze. E anche qualcos'altro. Qualcuno potrebbe dire: "se la sono cercata". Stolti ! Una storia così non si scrive in una sola notte ! C'è voluto tanto sangue, ci sono voluti due cuori che battono ritmi diversi, forse incompatibili. E due menti curiose. Senza contare un migliaio di altre piccole cose.


Hai sete ? Ci sono domande che non attendono risposte. E ci sono risposte che non arriveranno mai. Mille intepretazioni possibili conducono ad un milione di errori, un milione di mondi sbagliati, dolorosi, angoscianti. Hai sete. Non ho niente da bere, ma solo uno stupido racconto che parla di due persone che non si conoscevano, che non si sarebbero mai incontrate. Succede che il tempo passa, e sembra che faccia guarire le ferite. Ma certe segrete ferite del cuore restano lì, a guardarti mentre ti fai ancora altro male. Ho sete, ma non hai niente da darmi da bere. Non ti chiedono acqua i miei occhi che bruciano: quasi non vedono più, in questo deserto di sabbia, di sole. Due persone si allontanano verso l'orizzonte, ognuna verso il suo orizzonte. Ognuna ha il suo zaino, stivali, pistole. Non è più tempo di duelli per le strade vuote. L'orgoglio tramonta laggiù come il sole.


La mia sedia a dondolo continua nel suo movimento. Con gli occhi socchiusi racconto la storia di due persone lontane, che non si conoscevano. Le labbra si muovono appena, la voce ha un suono metallico. Racconto di musiche nate dal nulla, di boschi, di fate, di sogni e di valli incantate. Racconto di ponti su cui ci si incontra, racconto di passeggiate. Ormai non c'è parte del cuore che resti al di fuori di questo dolore, del sangue che scorre e si perde, del tempo che passa e ci perde, ogni istante più a fondo in questi abissi salati, in questo gorgo senza fine, di questo mare senza pietà.


Ho sete. Ho bruciato la lingua negando la sete, aspettando un bicchiere d'acqua da bere. Ho sangue ancora per non morire ora: devo finire di raccontare. Ci sono tenerezze che sfuggono perfino al destino. Quando vorresti, e non riesci, a mettere un po' di felicità nel bicchiere di qualcuno che ti sta a cuore, allora soffri davvero. Quando sei spettatore impotente di un altro dolore, non trovi limite alla tua sofferenza.


E' notte: soltanto la voce di grilli accompagna il cigolio della sedia. Non bevo da un secolo, e questo racconto sembra impastato di polvere e pioggia. Me la ricordo, la pioggia: scendeva a valanga sui vetri della mia finestra e giù dagli angoli degli occhi. Quando il dolore toglie il respiro e si fa lacrima e sale, non fa tanto male. Un fiume d'acqua nelle strade fangose, un fiume di inutili sentimenti ai piedi del cuore. E' notte: da lontano sento arrivare il vento. Porte che sbattono, come i pensieri nella mia mente. Non basta una notte a finire il racconto di due che non si conoscevano, ma che si sarebbero un giorno incontrati.