lunedì 11 luglio 2005

L'amore non esiste

Era sceso sulla spiaggia molto presto, quella mattina. Faceva ancora un po' freddo: il vento di terra stava girando dal mare, e portava strani odori, come di erbe, di alghe. Si avviò verso nord, il mare alla sua sinistra, il promontorio di fronte, ancora avvolto nella sua foschia. Indossava una maglietta e un paio di pantaloncini corti, grigi. Sotto aveva il suo costume blu, uno slip fuori moda. Camminava svelto, senza prestare troppa attenzione alle cose che lo circondavano, ai rumori, a tutto quello che passava oltre. Ogni tanto un gabbiano lanciava il suo grido acuto, ogni tanto qualcosa si muoveva nella sabbia. Piccole tracce di vita in un paesaggio senza vita.

Chissà come, gli venne di pensare all'anima. E con l'anima i suoi pensieri scivolarono nel passato.


La sua "anima gemella" l'aveva davvero conosciuta, molti anni prima, in quella specie di paradiso terrestre dove aveva lavorato: si chiamava Rosalia, e veniva da lontano, da un paesino pugliese di tradizioni albanesi (almeno, questo lei gli aveva raccontato). Erano stati bene insieme: non c'era bisogno quasi di parlare, fra loro. Ogni cosa che uno dei due pensava o voleva, all'altro sembrava di saperla nel momento stesso in cui stava per essere espressa: come una continua telepatia. E la stessa cosa accadeva coi sentimenti. Tanto che fu lei a prenderlo per mano, una sera, e portarlo con sé per le strade semibuie e deserte, spiegandogli perché non poteva vivere con lui quell'amore che lui non aveva ancora avuto il coraggio di dichiararle. Lui aveva già capito, mentre lei parlava e tristemente ma affettuosamente dichiarava il suo "no". Definitivo come una pietra al collo. Pochi giorni dopo era il compleanno di Rosalia, e lui le regalò un bellissimo puzzle del loro segno zodiacale, con la dedica: "Così potrai divertirti a rimettere insieme i pezzi dell'Ariete". Lei ne fu molto contenta, tanto che gli diede, di nascosto, un bacio. Dopo qualche settimana lei andò a vivere in un altro posto, e si persero di vista.


Un'altra anima, questa volta un'anima dannata, l'aveva invece incontrata ancor prima, all'Università. Era appena arrivato a Milano e non conosceva ancora bene l'ambiente. Ai primi banchi, fra quelle altre "secchione" che prendevano freneticamente appunti, aveva notato una ragazza diversa, alta bionda, occhi azzurri, con una voce profonda (sembrava Patty Pravo), che la gang dei maschi che lui aveva cominciato a frequentare chiamava "Ezechiele Lupo". Si fece coraggio e diede un appuntamento a Ezechiele Lupo. La quale accettò. Fu un disastro. Riuscirono a fraintendere persino il luogo dell'appuntamento, e il giorno dopo si scagliarono l'uno contro l'altra in una furibonda litigata per i corridoi dell'Università. Fu l'inizio di una lunga storia, che sarebbe durata nove anni, fra momenti di intenso amore, terribili incomprensioni e litigate, indimenticabili incontri di sesso, e un matrimonio. Per fortuna, non ebbero figli.


Zwirna poteva invece metterla fra le "anime perse". Andava da lei quando aveva voglia di sentire la sua dolce voce, o semplicemente di stare in silenzio ad ammirare il suo bel profilo, il suo corpo snello, quasi senza seno, e i suoi occhi chiarissimi. Chissà perché lei si toglieva sempre le scarpe, quando era con lui. Forse era un'usanza delle donne ukraine. All'improvviso sparì dalla sua vita e non ne seppe più niente.


Immerso in questi pensieri, era già arrivato al promontorio. Cominciò a salire, per il sentiero che si arrampicava fra la macchia mediterranea. Terra e sassi presero il posto della sabbia, e ben presto i suoi sandali si rivelarono un vero impedimento al suo sudato procedere. Non pensava a tutto quello che si stava lasciando alle spalle. Guardava in alto, nel cielo. Non sentiva la fatica della camminata, né il dolore ai piedi. Come se lo aspettasse una mèta. Il ronzio lontano di un aereo lo distrasse per un attimo.


"L'amore non esiste" continuava a ripetere dentro di sé. "Se esistesse, ne avrei visto almeno un piccolo indizio, in tutta la mia vita. Da giovane, come tutti i giovani, speravo che l'amore avrebbe riscaldato i miei giorni. Quando diventai più grande, nonostante avessi ormai accumulato parecchie delusioni, speravo ancora di poterlo incontrare. Una sera, alla festa di Luigi, credetti che l'amore fosse finalmente entrato a dar fuoco alla mia vita: quando ormai non me lo aspettavo più". Continuava a camminare, con passi svelti, quasi feroci, incurante della strada che continuava a salire. "Chissà perché proprio lei doveva mentire. Perché avrebbe poi rinnegato tutto l'amore dichiarato, di cui mi aveva a fatica convinto. Io scettico. Io cieco. Prima, durante e dopo".


Arrivò a quella svolta, salì in cima alla roccia. Quante volte si era rifugiato lassù, da solo, coi suoi pensieri: il mare si apriva là sotto, il rumore delle onde non riusciva a sentirlo, ma vedeva la bianca schiuma formare strane geometrie sull'acqua. Guardò un'ultima volta il cielo, non esitò un istante e saltò giù.


Il giorno dopo trovarono il corpo di un uomo sulla cinquantina, sfracellato sulla scogliera: portava ancora indosso una maglietta, un paio di pantaloncini grigi e un costume blu, a slip, molto demodé. Nessun documento. In una tasca dei pantaloncini, solo un foglietto a quadretti su cui era scritta una strana frase: "L'amore non esiste".