mercoledì 27 luglio 2005
Il colore degli occhi
azzurro chiaro, perso nel cielo
di quella coperta, che la tenera mano
nodosa di mia nonna pose a protezione
di quella nuova vita, mia.
Nuvole hanno il potere di virare in grigio
quel diafano mutevole colore,
per la sorpresa di chi guarda e per il canto
di anima triste quando il cielo è triste.
Splendono gli occhi miei mentre li tuffo
in mille e mille di altri colori occhi,
a cercare qualcosa che di comune
sia, nell'altrui umanità e nella mia.
Aperti e vigili saranno ancora e lampi
distribuiranno a chi vorrà vederli,
e a questa fonte abbeverarsi
l'anima stanca di fingere e mentire.
Occhi di azzurro chiaro accesi
a cercar in tutti gli altri occhi
i colori che Amore e Vita
godono insieme.
venerdì 22 luglio 2005
Addio amore addio
ti dedico un pensiero tutto mio.
Non c'è bisogno
di alcuna spiegazione,
perché non c'è ragione.
E niente cambierà
nell'apparenza delle cose:
non cambierà il colore delle rose.
Tu resterai goccia nel mare
di tutte quelle donne
che non mi han voluto amare.
Tu resterai.
Io vado, ché di restare ormai
non posso più e non credo.
Ti immaginai diversa,
unica stella nel buio circostante:
ed ora scopro invece
quanto mi sei distante.
Non c'è colpa o dolore,
soltanto resta
un sentimento tutto mio:
addio amore addio.
martedì 19 luglio 2005
Come un torrente
nella stagione estiva
sono rimasto:
senza parole.
Arida distesa di sassi,
i miei pensieri rotolano
soltanto se una lepre
salta a fuggir lontano,
o se un furtivo serpente
di idee cattive striscia
nella mente ormai
senza freni, stanca.
Torna il tormento
di non saper restare né andare,
l'ansia di prendere e lasciare,
memoria e oblio,
tortura ed ozio
di un controverso "io".
Come un torrente
nella stagione estiva:
senza acqua né vita
apparente.
lunedì 18 luglio 2005
Premiato
L'amore non esiste
pubblicato su
venerdì 15 luglio 2005
Il mio babà
i miei versi
in uno stampo
bene imburrato,
raffinato,
educato.
Lascio lievitare
emozioni, sentimenti,
sensazioni:
fino a riempirne l'aria.
Cuocio nel forno
ben caldo d'amore,
sforno ..
e servo al lettore.
Spolverizzate i commenti
e voilà !
La mia lirica
sembra un babà.
Il nostro film
Fast-Rewind. Play.
Certo, chiuderei gli occhi sulle scene brutte, quelle delle incomprensioni, dei litigi a distanza. Ma non su quelle delle discussioni per telefono: la tua voce ha per me un significato magico. Anche quando sei arrabbiata con me. Ancora di più quando sei sorpresa: una sola volta, forse, ti ho veramente sorpresa al telefono. Stavi spremendo le arance. E' stata bellissima, quella chiacchierata. Anche le altre. Poche, troppo poche. Forse troppe, per me che non ricordo più perfettamente. Non riesco ad esprimere ciò che vorrei: non ci sono parole. Ti ho detto che ti riconoscerei fra mille ragazze vestite come te. Non è vero. Ti riconoscerei fra sei miliardi: sei una, in tutta l'umanità. Non ti ho cercata, non mi hai cercato. Sei entrata nella mia vita come una Cometa entra nell'orbita del Sole. Vorrei riuscire a far brillare la tua "coda" come il Sole fa con la sua Cometa. Altri pianeti si disturbano reciprocamente le orbite.
Stop. Rewind. Stop. Play.
Non so quasi niente del tuo corpo. Non mi serve. Nessun'altra mi piace come mi piaci tu. E non chiedermi perché. Ripensavo, ripenso. Due anni e qualche mese sono niente, confrontati con tutto il tempo che ho vissuto.
Pause. Play.
Ti ho odiato ? Certo, fra i miei sentimenti per te, c'è stato anche l'odio. Non ci si può fidare veramente di una persona se non la si è osservata mentre dorme, dicono. Io dico anche che non si pùò voler veramente bene ad una persona se non la si è odiata almeno una volta. Le nostre diversità non ci hanno mai diviso. Nemmeno l'incompatibilità di carattere c'è riuscita. Non durerebbe due giorni, la nostra unione. Eppure siamo "qui", siamo "adesso", siamo "ancora". Forse l'avverbio giusto è "nonostante". Ognuno per la sua strada, perché è proprio quello che ciascuno di noi si aspetta dall'altro. Siamo liberi di non volerci bene, e perciò non smettiamo di volercene. Sarebbe più comodo, per entrambi, non esserci mai conosciuti. Ma sarebbe molto meno piacevole.
Ho riletto anche le tue immagini, quelle che mi hai mandato. Voglio dirti che c'è una parte di te, del tuo corpo, che mi fa davvero impazzire. Non indovineresti qual'è. Non ne abbiamo ancora parlato. Ma non te lo dico adesso, voglio farti morire di curiosità. Sai essere curiosa in un modo stupendo, innocente, come una bambina. Voglio godermela ancora, la tua curiosità.
Ripensavo.
Chissà se riesco a farti fare cose che altrimenti non faresti, cose che con altri non faresti. Non sto pensando a nulla in particolare: qualsiasi cosa. Fra tanti particolari che ho purtroppo dimenticato, una piccola frase invece non dimentico, e forse dà un senso a tutto questo: mi hai detto che sono stato "il primo, il primo e l'unico", e tu certamente ricordi di che si trattava.
Ho perso il treno, quella volta. Avrei dovuto salirci, invece. O al massimo, avendo fallito il compito, farmi stritolare dalle sue ruote, quando è ripartito. E invece neanche questo. Chiamami vigliacco, impotente, cieco e sordo. Chiamami saggio: un uomo saggio non si mette a sconvolgere la vita di una fanciulla innocente. Purtroppo. Chiamami pazzo.
No, non chiamarmi in nessun modo, perché non sono né vigliacco, né impotente, né cieco, né sordo, né tantomeno saggio. Pazzo forse sì. Ma faccio finta di non saperlo. Potrei impazzire per una gonna gitana tenuta in vita da un foulard morbido, per un paio di sandali con i lacci "da schiava" che salgono a legarsi sui polpacci, per un top corto che scopre un po' l'ombelico, se fossi tu ad indossarli. Per i tuoi capelli legati dietro, a formare la coda di una Cometa. Perfino per i tuoi occhiali, e non lo sai il motivo. Sono tutti simboli di te, della tua persona, della tua anima. Non so niente del tuo corpo. Non mi serve. Non mi basta. Non fermarti alla superficie del mio. Voglio darti molto di più. Prima che sia troppo tardi.
Adesso mettiti in posa per me, che finisco di registrare il nostro "film", con la videocamera del mio cuore.
Rec.
mercoledì 13 luglio 2005
Scimmia
scimmia che guardi stupita
quei pallidi schermi rimasti
a fare da specchio a questa partita,
al mio tentativo imperfetto,
a questa mia voglia infinita
di mettere in chiaro
che cos'è la vita:
che pensi, che scrivi, che cerchi con gli occhi ?
Hai forse qualcosa, stasera,
per farmi tremare i ginocchi ?
Hai qualche risposta a mille domande,
hai forse una cura, hai forse le bende
che sappiano il grido di questo dolore
ridurre ad un gemito, a un breve malore ?
Fa' presto, più in fretta
a curar le ferite !
La vita, lo sai, non aspetta.
martedì 12 luglio 2005
Panni al sole
su fili di parole:
magliette scolorite,
calzini spaiati,
mutande trasandate
come amori consumati.
Stendo i miei anni
gocciolanti di affanni,
e s'alza un venticello
che tutto asciugherà,
lasciando fra le corde
un vuoto di ricordi.
lunedì 11 luglio 2005
L'amore non esiste
Chissà come, gli venne di pensare all'anima. E con l'anima i suoi pensieri scivolarono nel passato.
La sua "anima gemella" l'aveva davvero conosciuta, molti anni prima, in quella specie di paradiso terrestre dove aveva lavorato: si chiamava Rosalia, e veniva da lontano, da un paesino pugliese di tradizioni albanesi (almeno, questo lei gli aveva raccontato). Erano stati bene insieme: non c'era bisogno quasi di parlare, fra loro. Ogni cosa che uno dei due pensava o voleva, all'altro sembrava di saperla nel momento stesso in cui stava per essere espressa: come una continua telepatia. E la stessa cosa accadeva coi sentimenti. Tanto che fu lei a prenderlo per mano, una sera, e portarlo con sé per le strade semibuie e deserte, spiegandogli perché non poteva vivere con lui quell'amore che lui non aveva ancora avuto il coraggio di dichiararle. Lui aveva già capito, mentre lei parlava e tristemente ma affettuosamente dichiarava il suo "no". Definitivo come una pietra al collo. Pochi giorni dopo era il compleanno di Rosalia, e lui le regalò un bellissimo puzzle del loro segno zodiacale, con la dedica: "Così potrai divertirti a rimettere insieme i pezzi dell'Ariete". Lei ne fu molto contenta, tanto che gli diede, di nascosto, un bacio. Dopo qualche settimana lei andò a vivere in un altro posto, e si persero di vista.
Un'altra anima, questa volta un'anima dannata, l'aveva invece incontrata ancor prima, all'Università. Era appena arrivato a Milano e non conosceva ancora bene l'ambiente. Ai primi banchi, fra quelle altre "secchione" che prendevano freneticamente appunti, aveva notato una ragazza diversa, alta bionda, occhi azzurri, con una voce profonda (sembrava Patty Pravo), che la gang dei maschi che lui aveva cominciato a frequentare chiamava "Ezechiele Lupo". Si fece coraggio e diede un appuntamento a Ezechiele Lupo. La quale accettò. Fu un disastro. Riuscirono a fraintendere persino il luogo dell'appuntamento, e il giorno dopo si scagliarono l'uno contro l'altra in una furibonda litigata per i corridoi dell'Università. Fu l'inizio di una lunga storia, che sarebbe durata nove anni, fra momenti di intenso amore, terribili incomprensioni e litigate, indimenticabili incontri di sesso, e un matrimonio. Per fortuna, non ebbero figli.
Zwirna poteva invece metterla fra le "anime perse". Andava da lei quando aveva voglia di sentire la sua dolce voce, o semplicemente di stare in silenzio ad ammirare il suo bel profilo, il suo corpo snello, quasi senza seno, e i suoi occhi chiarissimi. Chissà perché lei si toglieva sempre le scarpe, quando era con lui. Forse era un'usanza delle donne ukraine. All'improvviso sparì dalla sua vita e non ne seppe più niente.
Immerso in questi pensieri, era già arrivato al promontorio. Cominciò a salire, per il sentiero che si arrampicava fra la macchia mediterranea. Terra e sassi presero il posto della sabbia, e ben presto i suoi sandali si rivelarono un vero impedimento al suo sudato procedere. Non pensava a tutto quello che si stava lasciando alle spalle. Guardava in alto, nel cielo. Non sentiva la fatica della camminata, né il dolore ai piedi. Come se lo aspettasse una mèta. Il ronzio lontano di un aereo lo distrasse per un attimo.
"L'amore non esiste" continuava a ripetere dentro di sé. "Se esistesse, ne avrei visto almeno un piccolo indizio, in tutta la mia vita. Da giovane, come tutti i giovani, speravo che l'amore avrebbe riscaldato i miei giorni. Quando diventai più grande, nonostante avessi ormai accumulato parecchie delusioni, speravo ancora di poterlo incontrare. Una sera, alla festa di Luigi, credetti che l'amore fosse finalmente entrato a dar fuoco alla mia vita: quando ormai non me lo aspettavo più". Continuava a camminare, con passi svelti, quasi feroci, incurante della strada che continuava a salire. "Chissà perché proprio lei doveva mentire. Perché avrebbe poi rinnegato tutto l'amore dichiarato, di cui mi aveva a fatica convinto. Io scettico. Io cieco. Prima, durante e dopo".
Arrivò a quella svolta, salì in cima alla roccia. Quante volte si era rifugiato lassù, da solo, coi suoi pensieri: il mare si apriva là sotto, il rumore delle onde non riusciva a sentirlo, ma vedeva la bianca schiuma formare strane geometrie sull'acqua. Guardò un'ultima volta il cielo, non esitò un istante e saltò giù.
Il giorno dopo trovarono il corpo di un uomo sulla cinquantina, sfracellato sulla scogliera: portava ancora indosso una maglietta, un paio di pantaloncini grigi e un costume blu, a slip, molto demodé. Nessun documento. In una tasca dei pantaloncini, solo un foglietto a quadretti su cui era scritta una strana frase: "L'amore non esiste".
venerdì 8 luglio 2005
Il Grande Mirtillo
Ma ho divagato, sto parlando dei romani e non di te. C'è ancora la Roma variegata dei diversi quartieri, popolari (quelli che festeggiano uno scudetto calcistico cambiando colore all'asfalto delle strade) o a volte aristocratici. C'è la Roma delle periferie, dei "ghetti" contemporanei e post-moderni che riropongono con infinita crudeltà un altro Ghetto, che fu parte integrante della tua storia.
C'è la Roma dei platani e dei fiumi: il biondo Tevere e il più trascurato Aniene, sulle cui rive sono nato.
C'è la Roma che lavora: quella dei Ministeri, ma anche quella delle fabbriche, degli uffici, dei ristoranti, dei bar, degli alberghi, e chissà quante altre attività che non riesco ad elencare tutte.
Sei una città matrona, a volte un po' matrigna, che tutti accoglie fra le sue polpose braccia, a tutti dispensa quella saggezza antica ma sempre attuale, che sembrerebbe a volte rassegnazione, ma a guardarla bene offre riparo alle avversità della vita di ogni giorno.
Non mi piace paragonarti, perché non te lo meriti, perché sei unica, perché così ti conosco e ti amo, ma se New York viene chiamata "la Grande Mela", io ti chiamerei "il Grande Mirtillo".
Perdonami con un abbraccio.
un tuo affezionato figlio
mercoledì 6 luglio 2005
martedì 5 luglio 2005
Delirio di una notte di mezza Estate
Ma che fine hanno fatto quelle due persone di cui si parlava all'inizio ? Ah, sì, ecco: sono cadute vittima di un errore. Una specie di bestemmia pronunciata contro il destino. Ora si conoscono. O almeno, sanno delle reciproche esistenze. E anche qualcos'altro. Qualcuno potrebbe dire: "se la sono cercata". Stolti ! Una storia così non si scrive in una sola notte ! C'è voluto tanto sangue, ci sono voluti due cuori che battono ritmi diversi, forse incompatibili. E due menti curiose. Senza contare un migliaio di altre piccole cose.
Hai sete ? Ci sono domande che non attendono risposte. E ci sono risposte che non arriveranno mai. Mille intepretazioni possibili conducono ad un milione di errori, un milione di mondi sbagliati, dolorosi, angoscianti. Hai sete. Non ho niente da bere, ma solo uno stupido racconto che parla di due persone che non si conoscevano, che non si sarebbero mai incontrate. Succede che il tempo passa, e sembra che faccia guarire le ferite. Ma certe segrete ferite del cuore restano lì, a guardarti mentre ti fai ancora altro male. Ho sete, ma non hai niente da darmi da bere. Non ti chiedono acqua i miei occhi che bruciano: quasi non vedono più, in questo deserto di sabbia, di sole. Due persone si allontanano verso l'orizzonte, ognuna verso il suo orizzonte. Ognuna ha il suo zaino, stivali, pistole. Non è più tempo di duelli per le strade vuote. L'orgoglio tramonta laggiù come il sole.
La mia sedia a dondolo continua nel suo movimento. Con gli occhi socchiusi racconto la storia di due persone lontane, che non si conoscevano. Le labbra si muovono appena, la voce ha un suono metallico. Racconto di musiche nate dal nulla, di boschi, di fate, di sogni e di valli incantate. Racconto di ponti su cui ci si incontra, racconto di passeggiate. Ormai non c'è parte del cuore che resti al di fuori di questo dolore, del sangue che scorre e si perde, del tempo che passa e ci perde, ogni istante più a fondo in questi abissi salati, in questo gorgo senza fine, di questo mare senza pietà.
Ho sete. Ho bruciato la lingua negando la sete, aspettando un bicchiere d'acqua da bere. Ho sangue ancora per non morire ora: devo finire di raccontare. Ci sono tenerezze che sfuggono perfino al destino. Quando vorresti, e non riesci, a mettere un po' di felicità nel bicchiere di qualcuno che ti sta a cuore, allora soffri davvero. Quando sei spettatore impotente di un altro dolore, non trovi limite alla tua sofferenza.
E' notte: soltanto la voce di grilli accompagna il cigolio della sedia. Non bevo da un secolo, e questo racconto sembra impastato di polvere e pioggia. Me la ricordo, la pioggia: scendeva a valanga sui vetri della mia finestra e giù dagli angoli degli occhi. Quando il dolore toglie il respiro e si fa lacrima e sale, non fa tanto male. Un fiume d'acqua nelle strade fangose, un fiume di inutili sentimenti ai piedi del cuore. E' notte: da lontano sento arrivare il vento. Porte che sbattono, come i pensieri nella mia mente. Non basta una notte a finire il racconto di due che non si conoscevano, ma che si sarebbero un giorno incontrati.
lunedì 4 luglio 2005
Nera
strada lunga
e nera.
Mi inghiotte
nera
la notte,
lontana
è ormai
la sera.
Corre
la strada lunga
corre
e mi porta
nel dove,
nel nulla,
altrove.
Spingo
l'acceleratore
del tempo
e fingo
di correre
a ritroso.
Ritrovo
le strade che
allora
non ho preso.
Rivedo
avanti a me
tre porte:
una bianca,
una rossa,
e l'ultima,
che ho aperto:
nera.