sabato 30 dicembre 2006
giovedì 28 dicembre 2006
martedì 26 dicembre 2006
Un anno dopo
Antipasto, qualche stuzzichino. Quasi quasi non sembra di avere fame. Prendiamo due primi diversi, ché poi ce li scambiamo. Niente assaggi, andiamo direttamente al centro della questione. Tutto scorre meravigliosamente: è l'inizio di un innamoramento.
Sono fiumi di miele di messaggi, sono immaginazioni infinite oltre la lontananza, che non ci fanno vedere una lontananza di anime, oltre che di corpi. Comunicare, quanto è difficile. Comprendersi, quasi impossibile. Le affinità irrazionali ingannano. C'è chi chiama sincerità la voglia di non essere ingannato, di non ingannarsi, di nuovo. E quanto si cela, quanto si dissimula e si simula, invocando trasparenza. Magari lo ha fatto senza rendersene conto (voglio lasciarle questa via d'uscita).
Ci pensò la vita, neanche tanto tempo dopo, a fermarci quel volo, a farci sentire fuori luogo e fuori tempo. Dissonante ciò che poco prima ci sembrava un accordo: melodie con tempi e timbri e note diverse, differenti. Differente è ciò che conduce altrove, in un diverso luogo.
E in due diversi luoghi ci svegliammo, io per primo. Senza possibilità di riconciliazione. Nessun "navigatore satellitare" avrebbe potuto indicarci una strada, perché non c'era una strada. Avevamo percorso cieli diversi, differenti, nella medesima contemporanea illusione.
Tutto è più chiaro, adesso: un anno dopo. Io l'ho pagato il conto, senza carta di credito, in contanti. Penso anche lei, che adesso insegue un altro sogno.
Io resto sveglio: preferisco così, ho smesso coi pensieri stupidi. Non fanno per me, ora non più.
domenica 24 dicembre 2006
Basterebbe
sabato 23 dicembre 2006
Canto della solitudine
liquida, fredda, sfuggevole,
caotica, solida e calda materia
che conosco a memoria.
In te sono nato, cresciuto,
dei tuoi silenzi m'hai abbeverato:
attese, incomunicabili assurde pretese.
Amici ogni tanto, illusioni.
Canto la solitudine
di chi come me resta solo
nell'anima, solo cercando qualcosa
nell'anima altrui e nella propria.
Faville ogni tanto, effimere bianche visioni.
In me t'ho accolto, ospitato,
ed ora che insieme abbiamo vissuto
gran parte di questo cammino,
se vuoi puoi lasciarmi
oppure restarmi vicino:
ti dono pensieri,
ti do sentimenti,
ti canto, ti sento,
non so fare a meno
di tenerti dentro.
Sei forse il mistero
che sono chiamato a svelare,
l'assurdo da testimoniare
in dolce silenzio.
sabato 16 dicembre 2006
Nel frattempo
oppure ognuno avrà la sua, chissà ...
ma nel frattempo
ci dimentichiamo.
giovedì 14 dicembre 2006
Il Bacio Dopo
E non lo chiamerei amore
quello che ti ho dato.
Era giusta l'altezza,
giusta pure l'atmosfera
frizzante di follia,
s'allungava la sera.
Tre gradini sulla scala,
non uno in meno, né uno in più.
A cominciare fosti tu
avvicinandoti furtiva,
ladra di stupiti momenti,
rapinatrice di emozioni.
Ma non lo chiamerei amore
quello che mi hai dato
senza essere sdraiato.
Tre gradini sulla scala
e facevi su e giù,
tre gradini ed era caldo
quel che avevi sulla lingua.
E non chiamarlo amore
io non
lo
chiamerei:
io
non.
Fu lungo il bacio,
dato dopo.
martedì 12 dicembre 2006
Intangibile impercettibile
nel mio tichettio irregolare,
intangibile:
e resto ancora invisibile,
come un sibilo lungo nel vento,
impercettibile.
sabato 9 dicembre 2006
Odor di trifogli
leggera mi porti
odor di trifogli
sfiorati dal vento:
è strana la sera,
la strada difficile
ha un'aria bambina,
e piano sorride, nel pianto.
Magia di una terra lontana
che forse ci vide vicini:
ritorno a strane visioni
di un sogno che non si dimentica.
giovedì 7 dicembre 2006
Caldarroste
Camminavo e non pioveva. Via del Corso, sì era proprio là. Odore di carta e di stampe in quella grande libreria dove passavo pomeriggi e sere a cercare forse un verso, una pagina che parlasse di me.
Il buio non entrava. E non sentivo il tempo che passava. Ma poi fuori era buio. E freddo. E ritornavo a casa stringendo il mio cartoccio di caldarroste, che mi facevano caldo nelle mani e dentro.
Come gli occhi di mia madre, stesso colore, a cena.
martedì 5 dicembre 2006
Odore d'orzo
dell'orzo nella tazza,
che mi riporta
all'infelice infanzia,
fatta di affanno
e di sudore,
di case periferiche
e di sere buie,
con una torcia in mano
in mezzo ai campi,
incontro a lui
che ritornava tardi
dal lavoro.
Sere fatte di minestra
e di frittata, e carne
solo una volta a settimana,
sere davanti ad una radio
che mandava in onda
racconti raccontati,
o gialli senza immagini,
assassini soltanto immaginati.
E piazze grandi come laghi,
predellini alti del tram:
e mi sedevo in terra,
aspettando mamma
e non sapevo
che forse mi ero perso.
Ogni mattina,
quell'odore d'orzo
nella tazza triste
mi aspettava.
domenica 3 dicembre 2006
sabato 2 dicembre 2006
giovedì 30 novembre 2006
Vedrai che starai meglio
"Ma quanto mi sforzo di farmi odiare da te" disse, senza sapere bene che cosa volesse dire. "Ma io non ti odio, puoi provare all'infinito" rispose lei. "Allora facciamo così: io smetto di tentare di farmi odiare".
"Vedrai che starai meglio" fu la risposta. "Non è che ora sto male" disse voltandosi verso di lei, ma ... non c'era nessuno. Certo, nessuno poteva capire, nessuno sarebbe potuto entrare senza bussare. Da lontano sentì arrivare una musica sottile, come di uno strumento a corda, forse una chitarra, forse altro, accompagnato da un'orchestra, un ritmo rock, a tratti elettronico "... here comes the rain again ...".
La Musica, quella sì, contava moltissimo: il linguaggio dell'anima, una delle sue tre "emme". L'unica che riuscisse a fargli un po' di compagnia. Mise pezzi un po' a caso: no, non faceva quasi niente per caso. Irrazionalmente sì, ma non a caso. In certi momenti, per esempio, meglio lasciarsi cullare dal ritmo, senza seguire troppo le parole. Le labbra erano ferme, le gambe accavallate, ma la sua anima ballava e cantava a squarciagola "I never really loved you anyway...".
martedì 28 novembre 2006
La nebbia dei pensieri
dell'anima in attesa di un futuro
ch'è già passato, attraversando un muro.
Il risultato d'aver poi aspettato tanto
non regge alla cocente delusione
d'esser rimasto senza conclusione.
Procede la giornata e con il sole
la nebbia si dirada, e resta un filo
di tenera speranza in fondo al cuore.
sabato 25 novembre 2006
Voglio donarti un fiore
in forma di poesia:
forse sarà una rosa,
vermiglia e profumata,
magari una camelia,
morbida e delicata,
oppure un'orchidea
che sorprende all'idea.
Non c'è fiore in natura
che possa essere uguale
a una bella persona,
a un'anima speciale.
Allora ti porgo un fiore
in forma di poesia,
sperando che ti piaccia
soltanto perché è mia.
per un compleanno
venerdì 17 novembre 2006
Occhi significativi
a cui piacciano
i giochi di lingua:
le rime, anagrammi,
sciarade, perfino
gli acrostici.
Sogno una donna
dagli occhi
significativi:
con pochi aggettivi,
più verbi che articoli.
Sogno, e nel sogno
che sogno
c'è un sacco di spazio
per giochi,
anche stupidi.
Sogno, e se questa
non è la realtà,
so benissimo
che non verrà:
ma voi non svegliatemi.
mercoledì 15 novembre 2006
martedì 14 novembre 2006
Dolce letargo
sui miei occhi,
quanto freddo
dentro al cuore,
quanta neve
sui capelli
e sulla barba
a nascondere
il mio amore.
Scendo nella tana
e mi addormento:
dolce letargo
che mi sogna dentro.
giovedì 9 novembre 2006
la nebbia nel cuore
che mi annega parole,
sentimenti,
ora spenti
il sorriso del sole
mi riscalda parole,
e riprendo,
e riprendi:
non c'è nebbia nel cuore
non c'è dubbio in amore
e se perdi la strada ...
basta un "navigatore"
dedicata ad un'amica ... del cuore
giovedì 2 novembre 2006
In vitro
crescono virus per un Nuovo Mondo:
tutto è perduto, se forse fu trovato,
tutto è cambiato, restando sempre uguale.
Quanto fa male restare a piedi uniti
a contemplare evoluzioni pallide
e nuove aurore boreali e australi
che sfuggono al controllo generale.
Restiamo immobili qui, nella corrente
che illude la gran parte della gente.
venerdì 27 ottobre 2006
Luce tagliente del tramonto
che spezzi palazzi,
che passi e strapazzi
pensieri di oggi,
speranze di ieri:
rimandami l'ora legale
di quando era bene, era male,
di quando era ancora possibile
amare o forse
soltanto sperare.
Passata la soglia,
rimane quel grigio,
quel vago ricordo
di gioia, di voglia:
residuo di un conto
sbirciato alla luce
di un altro tramonto.
sabato 21 ottobre 2006
giovedì 19 ottobre 2006
domenica 15 ottobre 2006
Sabatomattina
tengo lontani sentimenti e battiti:
non più, mio cuore,
permetterò che possa illuderti la vita,
farti volare in alto
lasciandoti cadere all'improvviso.
Giocattolo degli altri non sarai,
non sarò più, lo giuro.
Sordo egoista m'improvviserò,
nulla è dovuto, nulla pagherò in contanti,
dopo tanti conti saldati troppo in fretta.
Chi viene, chi torna, chi per nuove strade
condurrà il destino avanti a questi occhi:
tutti e tutto saprò tener lontano da te,
unico tesoro, motore immobile del mio tempo strano,
folletto saltellante che mi porto dentro: cuore.
Altri sapran parlar d'amore,
altri di altrui faran le mosse che nascondono
inconfessabili destini e voglie:
non coinvolgetemi in queste ipocrisie,
non me, non più.
Ho creduto in quello che vedevo
e non ho visto quello che nascondevate.
Non me ne pento, ma non pretendete
da me allegria, gioia e sollazzo,
dopo che avete riempito d'inganni
e furti questo mio vivere,
e avete rotto il cazzo.
Come vedete resto,
seduto come un mendicante,
su questo marciapiede
sporco e maleodorante.
Non chiedo carità,
non voglio pasti caldi
né ricovero la notte:
ormai so sopravvivere
a insulti, sputi e botte.
Lamento i miei malanni,
e i miei lamenti saran per voi
maledizioni che dureranno anni.
E i secoli a seguire non sapranno
di che morte fui capace di morire,
senza perder coscienza,
ad occhi aperti.
Lascio tutto me stesso al mondo,
che non saprà che farsene,
di questo folle non-banale attore
passato in questa vita
soltanto col suo cuore.
venerdì 13 ottobre 2006
Il Sapore del Tempo
da un lunedì all'altro,
appeso al suono
di una sveglia arcigna.
Ogni suono mi parla,
entra nel sonno,
mi tortura e fugge,
lasciandomi incosciente.
Giro e rigiro
vorticosamente,
criceto nella giostra,
finché alla fine
arriverò a quel punto.
Assaporo i silenzi.
lunedì 9 ottobre 2006
sabato 7 ottobre 2006
Chiara non sa - parte terza
Se Chiara le avesse chiesto ... già, prima o poi le avrebbe chiesto: si sa, a scuola, gli altri bambini sono curiosi, a volte crudeli. "Mamma, chi è mio padre ? E dove sta adesso ? Perché non vive con noi ?". Tutte domande a cui non avrebbe saputo rispondere. Tutta colpa di un sogno.
"Mamma, posso giocare col Lego ?". La vita quotidiana pone altre domande. "Non adesso, Chiara: è quasi ora di cena. Vai a lavarti le mani, che fra poco si mangia".
venerdì 6 ottobre 2006
Lupo solitario
"Sei un asociale !".
L'hai detto come fosse una colpa: per me non è un difetto. Chissà come mai gli "altri" pretendono di trovare sempre una giustificazione ai loro comportamenti, al loro modo di essere, mentre io dovrei sentirmi costantemente e ripetutamente in colpa.
Peccato che non lo faccio: difetti ne ho tanti, ma "colpe" non credo di averne molte. Arrangiatevi. Sono nato in mezzo a qualche miliardo di altri esseri umani, ma non l'ho mica scelto. Senza gli "altri" non potrei fare la vita che faccio ? Chissà, forse potrei farne una migliore. Sicuramente sarebbe diversa. Vorrei avere la possibilità di provarla, la prossima volta.
Ma quale prossima volta, non prendiamoci in giro ! Le "volte" di cui possiamo essere coscienti sono ... una soltanto ! Malgrado quanto vadano affermando tutti i grandi esperti dell'aldilà. E questo genera tutto il bene e il male del mondo. C'è chi "fa il santo", per alleviare le sofferenze del vivere all'umanità o parte di essa. C'è chi si comporta da edonista-egoista, cercando solo di trarre il massimo per sé stesso, di solito a scapito della restante parte di umanità o di gran parte di essa.
A questo punto, molto meglio essere "asociale", no ?
giovedì 5 ottobre 2006
venerdì 29 settembre 2006
Cielo
Quel frammento di cielo
stretto fra i grattacieli,
mi ricorda quel vento
quel profumo di ieri:
ero appena arrivato
o neanche partito,
ero caldo, gelato,
ero senza vestito.
Non esistono labbra
per parlare di noi,
non esistono palpebre
da bagnare se vuoi:
ogni bel sentimento
si trasforma in canzone
e si perde nel vento
come quell'aquilone.
Nei frammenti di cielo,
stretto fra grattacieli
mi respiro quel vento
e i ricordi di ieri.
martedì 26 settembre 2006
Ri(n)tocchi
in-co-mu-ni-ca-bi-le:
scorrono personaggi,
cambiano le scene
e tutto sembra
ancora una volta
uguale.
Non c'è fine
al vivere banale.
Commedie degli equivoci,
strane incomprensibili
tragedie:
tutto arriva o ritorna,
tutto si allontana
come rintocchi
di una vecchia campana.
lunedì 25 settembre 2006
Un altro passo ...
mi coinvolgi, vita,
in quel tuo gioco di bambole
e ballerine volanti,
nani sui trampoli
e circo-stanze,
belve senza domatori,
tende, piste
e rientranze
a togliermi il respiro:
e mi fa male il cuore.
sabato 23 settembre 2006
Eterna / Eterea
ci sembra
la nostra esistenza,
finché non arriva
qualcosa
a fermarne la corsa.
È terna
di amici o di amiche
che spesso accompagnano
il nostro procedere
rapido, lento.
E presto
svanisce
la mera apparenza,
rivela la vera natura sua:
eterea.
domenica 10 settembre 2006
martedì 29 agosto 2006
Dolce magia
arriva a me la tua voce
a trasportarmi profumi,
atmosfere, sogni o fantasie,
tutte cose che il cuore non dice
ma fra le parole tradisce.
Strana la nostra amicizia
calda e cristallina delizia,
come un fragile fiore,
incantesimo ormai senza tempo.
Tutto a posto, tranquillo, normale,
tutto così eccezionale,
di una bellezza che dona sé stessa,
di una continua emozione.
A trasportarmi profumi,
atmosfere di sogno e fantasia
arriva così la tua voce
come una dolce magia.
Il Problema
quale strada prendere
non starei qui a parlarne,
interrogativi non avrei.
La soluzione ce l'ho,
ma quale problema la richiede ?
Questo non so.
lunedì 28 agosto 2006
Altro colore
questa distanza
con te che non mi sei distante:
sapere delle tue difficoltà
senza poter lenire quel dolore.
Il mio tramonto assume
altro colore, quando penso
che di croci se ne portano
più in vita,
e non si muore.
Ed è silenzio, il mio
per non ferire,
per non dimenticare
gli occhi che guardai
e mi guardarono
così, senza parlare.
venerdì 25 agosto 2006
Polvere
Considerava vari aspetti del suo essere qui-ed-ora, di come poteva esserci arrivato, di come ne sarebbe uscito, ma soprattutto di come si sentiva nel presente. Perché aveva imparato che i sogni vivono nel futuro, i rimpianti nel passato, ma nulla è più importante della vita presente, se non si pone come obiettivo ma come realtà: l'unica che esiste, effimera, nel suo qui-ed-ora.
Pensò di nuovo una delle poche cose di cui era veramente convinto: "Sono un cattivo compratore, e un pessimo venditore. Compro per necessità, e vendo per errore e comunque senza accorgermene. Anche me stesso. E quelli che credono di avermi "comprato", restano feriti e delusi quando scoprono che non sono disponibile a diventare proprietà di chiunque altro. Non mi adatto, vado dritto per la mia strada. Sbaglio, a volte, e i miei sbagli li pago in contanti".
Pensò che era di nuovo tempo di ricominciare da capo. Mise i rimpianti nel solito baule, si scrollò di dosso la polvere e ...
mercoledì 23 agosto 2006
venerdì 18 agosto 2006
mercoledì 9 agosto 2006
giovedì 3 agosto 2006
Memorie
Marco ed io, dopo pranzo, stavamo al telefono per ore (costava 1 solo "scatto" !) a raccontarci le cose di scuola, a spiegarci i compiti e tutto il resto. Quando eravamo stufi, ci davamo appuntamento da me, al capolinea dell'81 o sotto casa sua e attraversavamo Roma a piedi. In centro c'erano tante macchine, almeno così ci sembrava. Il gelato da Giolitti era buono, anche se un po' caro. Passando a Fontana di Trevi bevevamo un po' d'acqua, immersi fra i turisti americani: di giapponesi nemmeno l'ombra. I borseggiatori intorno alla Stazione erano tutti italiani, e non correvamo il rischio di incontrare spacciatori. La pizza a taglio si comprava in una rosticceria vicino a Piazza Vittorio, e poi facevamo quello scherzo stupido di fermarci in due o tre a guardare verso un punto di un cornicione, indicando con la mano e aspettando che si radunasse una piccola folla di curiosi: poi andavamo via e ripassavamo dopo un'oretta, trovando ancora qualcuno che discuteva cercando di capire da quale piano si sarebbe buttato il suicida.
Avevamo la tessera del tram (gratis per gli studenti, per una linea) e coprendo un numero, con la tessera del 38 prendevamo anche il 3 e l'8 (Marco). Io con quella del 14 prendevo anche il 4.
Le case erano quasi tutte in affitto, e spesso dovevamo cambiare casa perché l'affitto era diventato troppo alto. Siccome la nostra casa era piccola, io dormivo nel tinello, però il letto era dal verso sbagliato e il comodino era da piedi. La mattina dalla finestra filtrava il sole e mi svegliavo senza l'odioso suono della sveglia. I miei pelouches tutti spelacchiati mi facevano la guardia dalle mensoline: la scimmietta Tyco, l'orsetta Bubba e poi non ricordo gli altri nomi, ma le facce sì.
Quando arrivava giugno ero triste perché l'estate rimanevo più solo del normale, finita la scuola. Andavo nel giardinetto condominiale a veder correre le formiche da una buca all'altra. A volte ne schiacciavo alcune, e poi pensavo: io per loro sono come le catastrofi naturali immense e imprevedibili. Io sono dio e loro forse mi temono.
A settembre guardavo dal balcone due cani che si rincorrevano e poi montavano uno sopra l'altro: sempre lo stesso sopra l'altro, poi quel cane si agitava ritmicamente e alla fine arrivava mia madre a chiamarmi che era pronta la cena.
Di notte facevo un sacco di sogni, a volte incubi, qualcuno ricorrente: fuga in ascensore, che poi si trasformava in trenino e correva sui palazzi. Altre volte invece mi alzavo da terra come fanno nei cartoni animati e volteggiavo a mezz'aria a gran velocità. Diverse volte sono caduto dal letto: meno male che era basso.
Anche allora avevo paura della morte, ma poi pensavo: se mi va bene, verrà fra tanto tempo, ci penserò quando sarà il momento. E tornavo a fare il ragazzo. Del buio invece non ho mai smesso di avere paura: la situazione peggiore è un garage solitario di notte, con la luce a tempo, che improvvisamente si spegne. Dev'essere come la morte.
martedì 1 agosto 2006
Nonostante
l'impassibile assenza,
né ombra, né onda.
Si piega
la voglia di vento
al muto scontento.
E poi nonostante
rimango.
mercoledì 26 luglio 2006
Sogno d'estate
di toccarsi
è già il momento:
andare via come
comete nello spazio.
E resta qualche goccia
di sudore
sulla pelle.
lunedì 24 luglio 2006
venerdì 21 luglio 2006
Principessa
sono io ed ero io,
brillante nel sole,
invisibile sotto la pioggia:
posso trovarmi al solito posto,
quando mi cerco.
A volte vado, corro, non so:
aria calda, ora più fredda
corre intorno a me.
Mi consola
sapermi
intero.
Il primo se lo perdi lo ritrovi...l'altro no! (T.Ferro)
mercoledì 19 luglio 2006
Sinapsi
Si scarica il neurone
addosso al suo fratello
lì vicino.
Grr ...
Riprende eccitazione,
aspetta e poi:
zac - zac !
Quante meccaniche celesti
servono a fare in modo
che le mie passioni
restino in bilico
fra l'anima ed il nulla,
fra la materia
e questa eterna culla
di sensi, di pensieri,
di emozioni ...
Zitti ! Arriva la Regina
che tutti sottomette
e a tutti pone un limite:
l'Immaginazione !
martedì 18 luglio 2006
Lievemente
e con movenze accorte,
tu danzi nello spazio
fra i sentimenti e l'anima.
Seguendo la tua musica
che solo tu ricevi,
restituisci gocce
d'armonia e di pace.
Ogni tuo passo
è sogno d'Universo,
e lievemente illumini
i tuoi contorni magici.
lunedì 17 luglio 2006
Sono
È inutile fissarsi
Andare con lo sguardo oltre le montagne
Del quadro che hai davanti
Se vuoi vittoria avrai vittoria
Se vuoi sconfitta avrai sconfitta
Ma poi destino e naftalina, mai
Non chiuderlo in soffitta
Sono ciò che vedo, che sento, che vivo.
Sono i ricordi di ieri, le emozioni di oggi, le speranze di domani.
Sono: l'unica certezza della mia vita.
sabato 15 luglio 2006
A un altro tavolo
la memoria,
quella dei sentimenti
soprattutto.
Quando le ferite
si richiudono,
quando alla fine
smetto di chiedermi
perché,
perché non hai voluto,
all'improvviso
non esisti più,
all'improvviso
sei svanita,
come se
non fossi mai
esistita.
L'amore è un gioco,
e tu giocavi
a un altro tavolo.
Strana davvero
la memoria,
strana ma onesta.
venerdì 14 luglio 2006
Ovunque in nessun posto
non-sono ovunque,
in nessun posto
sono.
Come il fuoco,
etereo, immateriale,
impenetrabile
vado.
giovedì 13 luglio 2006
lunedì 10 luglio 2006
venerdì 7 luglio 2006
Da consumarsi preferibilmente ...
Con questo pensiero in testa, camminava con i pugni in tasca, non sapendo che pensare. Tutta una vita passata ad aspettare: aspettare di diventare grande, per poter fare quello che gli sarebbe piaciuto fare; aspettare un lavoro decente, per non avere problemi di sopravvivenza; aspettare un amore ... quello poi !
Non sapeva mettersi in relazione con gli altri, o meglio lasciava che le cose accadessero, senza curarsi di modificarne il corso, se non riguardavano lui stesso in prima persona.
Aprì il frigorifero, prese la busta del latte: era scaduto. Versò il contenuto nel lavandino. Si sentì improvvisamente scaduto senza essere stato consumato.
Avrebbe voluto sparire anche lui nello scarico del lavandino, come il latte.
giovedì 6 luglio 2006
Poesie d'amore
Che sindrome sarà ? "Mania del disamore" ? "Ossessione anti-sentimentale" ? O più semplicemente: mancanza d'ispirazione.
Perché per scrivere, intendo qualcosa che dia piacere a essere letto, non dico a tutti ma almeno a qualcuno, per scrivere dicevo serve qualcosa di prezioso, e raro, e concupito da chi vorrebbe veramente "scrivere": cioè, l'ispirazione. Quel sottile senso di follia creativa, che arriva all'improvviso, spesso nei momenti meno opportuni, praticamente parlando.
A me succede spesso quando sono arrabbiato o profondamente triste. Anche quando sono davvero felice, se mai lo fossi.
Negato l'amore nel presente, negato perfino al mio passato, di quale amore potrei ancora scrivere ? Di quello forse che mi porto dentro, di quello che credevo di saper distribuire al mondo, incurante del suo scherno, degli strali e dell'avversa sorte ? Vedrai che non esiste, alla fine, questo amore di cui tanti poeti parlano. Cuori infiammati, meglio curarli in cardiologia. Lacrime amare, meglio lavarle subito con acqua tiepida. Petti squarciati: affare da pronto soccorso. Senza l'amato bene manca il respiro ? Presto, una bombola di ossigeno.
Per chi dovrei poi scriverle, queste benedette poesie d'amore ? Mi siedo e aspetto. Non arriverà nessuna.
Grigie nubi
con frasi a goccia:
ma sopra di voi
libero il cielo
azzurro splende
e non si stanca
di volermi bene.
Ed io rinasco
in un respiro.
lunedì 3 luglio 2006
Mai sazio
Non è mai stanco il mio piede, e la gamba che lo spinge, e i chilometri a macinare stelle e raggi di sole all'improvviso, ed orizzonti, e mare. Ancora non si sa, ancora andare.
Un sorriso mi ferma, una carezza innocente di bimba, solo per un istante. Distante è la tenerezza, sognata e poco o niente avuta o data.
Un grido di gabbiano, un volo d'aquila, di mare e montagna uniscono il ricordo, di gallerie, di corse sulla spiaggia, di provvidi tramonti colorati, di brezze respirate, solo, ad abbracciar me stesso.
Un dolore, o forse un desiderio, come una sciatica del cuore, da portarsi dentro, e non lo so come si vive, e non ho voglia di impararlo adesso.
Dieci anni per volta, volano e non tornano: dieci, vent'anni fa', trent'anni, ed oltre. Stende la coltre di polvere il passaggio. Sbiadiscono i volti, le emozioni restano.
Egoistico pegno di un prestito mai restituito.
Passato, presente ...
Che si gioca per vincere e chi vince è perduto
Con una chiave ed un numero in mano
Tutta la notte aspettare un saluto
E a pensare: “ti amo”
Sembrava non sarebbe mai finito,
non doveva cadere nel macinatoio del passato.
Sembrava fuoco nel fuoco,
e per un po' lo è stato.
Presente
Chi raccoglie conchiglie dopo la mareggiata
E il cielo è ancora scuro, ma la notte è passata
E macina la sabbia dentro i mulini a vento
E che non ha mai fretta e che non ha mai tempo
Ora mi osservo l'orizzonte
del mare e delle onde,
e sento il canto delle sirene
dietro le spalle
e non di fronte.
Futuro
Futuro lontano che avanzi
a grandi passi,
ti avvicini e non guardi:
non ti interessa che io passi.
martedì 27 giugno 2006
venerdì 23 giugno 2006
mercoledì 21 giugno 2006
Sogno
senza paura,
che arrivi a sigillarmi
le labbra con le sue.
Sogno una donna
che non mi chieda
da dove vengo,
che sia curiosa
e attenta e piena
di fantasia.
Sogno una donna
matura e calma,
sicura, serena,
poco terrena.
Sogno una donna
che lanci un dardo
per far volare
le nostre anime,
in alto, nel cielo
più bello del cielo.
Sogno e mi basta
il mio sogno.
lunedì 19 giugno 2006
Così è, se vi pare
E in tutta questa varietà sentimentale risulta infinitamente difficile che s'incontrino due che hanno lo stesso modo di amare. Ancora più difficile che s'innamorino, dopo essersi incontrati: può esserci qualche intoppo, magari qualche situazione importante, oppure semplicemente il caso avverso.
Non deve meravigliare quindi che molte persone chiamino "amore" un sentimento qualsiasi, trovato nel corso della vita e mantenuto perché non c'era niente di meglio.
Né deve sorprendere che qualcun altro, magari estremamente coerente e sincero con sé stesso, arrivi ad una certa età, e improvvisamente veda davanti agli occhi questo pensiero: ma il mio amore quando arriva ?
venerdì 16 giugno 2006
Ogni suo battito
a questo andare,
ma le redini del cuore,
quelle no:
le tengo strette,
e controllo
ogni suo battito.
mercoledì 14 giugno 2006
Il caleidoscopio
Guardavi curiosa
nel caleidoscopio
le immagini tutte a colori
cangianti, girando
l'effimero gioco
fra le tue mani:
ed io ti ammiravo
tacendo.
Miracoli della memoria,
stagioni del cuore
che a volte ritornano.
martedì 13 giugno 2006
lunedì 12 giugno 2006
Colonna sonora
lo butti giù per le scale
perché nel buio non l'avevi visto
ma lo sentivi respirare,
e ti teneva sveglia per ore….
Perché nel buio non lo volevi,
ma ti teneva sveglia per ore…
Regina del tempo
della sabbia e del vetro
della fine di tutti i numeri
e dell'inizio dell'alfabeto,
dimmelo adesso, dimmelo ora
dove posso lasciare il vestito
come posso asciugare la pioggia
che bagna il tappeto.
Correvo incontro a quelle maestose montagne, correvo in quella stupenda mattina di marzo, o forse era aprile. Avevo negli occhi e nel sangue la bella impazienza di chi corre incontro alla vita. Avevo nel cuore la strana inquietudine di un giorno che sembra speciale, di un'eco d'amore.
Nelle orecchie avevo la colonna sonora di chi in queste cose ci crede, di chi non perde la fede che un giorno la vita ci possa portare più in alto, là dove ogni cosa risplende, là dove ogni salto è un salto di gioia ...
E infatti bucai le montagne, e scesi giù al mare: la Ninfa Regina negli occhi, per non molto tempo, negli occhi mi spinsi a guardare. Ero là, era là, quel giorno eravamo nel sole.
Colonna sonora di un giorno, sonora per sempre, che si lascia ascoltare, per chi vuole ancora ascoltare.
(29/03/2006)
venerdì 9 giugno 2006
giovedì 8 giugno 2006
Ti ho visto
diverso da com'eri partito:
follie indescrivibili
ti hanno portato
là dove neanche sapevi
che saresti mai andato.
Un attimo solo
un fetido istante
ha fatto di te
un eroe nonostante.
Ti ho visto passare
veloce in quell'auto,
nella gelida bara,
sotto quel tricolore:
espressione soltanto di orrore.
mercoledì 7 giugno 2006
Tutto e nulla
Se guardo indietro, posso sentire il fragore dei rimpianti: lavoro, affetti, denaro, senso della vita ... e tanto altro.
Però non mi manca nulla, neanche i miei desideri. Sono vivo. Penso. Mi sento immerso nella Natura e ci sto bene. Soffro ? La sofferenza è solo la consapevolezza di non essere dove si vorrebbe. Chi mai è dove vorrebbe essere ? Diventare incosciente per non soffrire: mai.
Mi piace muovermi e fermarmi a piacimento, non a comando. Quante scelte ho compiuto semplicemente per smentire facili previsioni su di me ! Stupire. Distruggere la banalità. A costo della vita, della mia vita.
Testardaggine, quante volte additata come il mio maggior difetto: indomabile come un cavallo pazzo. Come un cavallo. E quella mania di scrivere, spesso senza usare i verbi. Azione, compromesso del Pensiero. Sconfitta della Mente a vantaggio del Corpo. Anima ridotta in Materia.
Tutto si può immaginare con la fantasia, e il contrario di tutto. Pochissimo si può fare, ancora meno si può sperimentare direttamente. La vita è una meteora, troppo breve per essere significativa, troppo lunga per essere innocua a sé stessi. La Vita è un esperimento che un dio bambino ha fatto con la scatola del suo "Piccolo Chimico". La Coscienza, l'Anima invece ... potessero almeno esistere senza molecole organiche, carbonio, ossigeno, fosforo. Ignoranza e buio totale, strutturale.
Posso vedere i confini del Mondo, dal Big Bang al Buco Nero che ci inghiottirà di nuovo: mi dà un certo fastidio pensare che sarò costretto di nuovo a condividere un punto dello Spazio con altri. E che, peggio ancora, l'ho già fatto, chissà quanto tempo fa'.
Niente posso perdere, perché niente mi appartiene.
Queste parole sono state ritrovate, scritte con inchiostro blu, su un foglietto di quaderno accanto al cadavere di un uomo sulla cinquantina, deceduto per cause ancora sconosciute: si sospetta il suicidio, anche se non si esclude la morte naturale. L'autopsia forse chiarirà il mistero.
martedì 6 giugno 2006
Anima e corpo
Viceversa, mi sembra abbastanza facile definire che cosa appartiene alla sfera del "corpo", e del corpo umano in particolare: a partire dalle esperienze sensoriali si può elencare tutto ciò che è "fisico", o che almeno tale ci appare attraverso l'esperienza. Nel mondo corporeo non esiste l'impossibile: se qualcosa esiste è perché sappiamo che esiste, perché l'abbiamo direttamente sperimentata almeno una volta. Certo, esistono "cose" che possono essere immaginate, oppure percepite attraverso ausili tecnologici come la televisione o internet: queste, comunque possono essere ridotte ad esperienze corporee, come trasposizione fra gli oggetti originari (una sedia, una guerra) e la rappresentazione di tali oggetti (il disegno di una sedia, il servizio televisivo che parla di una guerra).
Esistono al contrario esperienze umane (e quanto siano umane non ho bisogno di sottolinearlo) che esulano completamente dalla sfera materiale e coprorea: parlo di mondi puramente immaginari e "impossibili", parlo di sentimenti (la maggior parte dei sentimenti sono impraticabili nella realtà, nella loro forma originaria). Un'Utopia è la creazione di una "realtà" assolutamente irreale: così come un amore impossibile (veramente impossibile, non semplicemente "non corrisposto").
lunedì 5 giugno 2006
Pessimismo
Quindi lei non è pessimista ?
Non apertamente. Un po' devo esserlo, se voglio scrivere poesie, perché è molto più facile parlare in maniera efficace dell'infelicità, dell'abbandono, della fine degli amori ... (Roald Hoffmann - Premio Nobel per la Chimica 1981)
Si fa presto a dire "pessimista": la vita porta ciascuno di noi ad essere in un modo o nell'altro. In questo mondo "liquido", pieno di materia che riempie il vuoto o che cerca selvaggiamente di riempirlo, si fa una certa fatica a rimanere "solidi". Bisogna continuamente difendersi su tutti i fronti: personale, professionale, occasionale, perfino affettivo.
Ma, alla fine dei conti, ne vale la pena.
giovedì 1 giugno 2006
Usa-e-getta
Così volevi accendermi
ignorando i sentimenti.
Non sono un uomo usa-e-getta.
Accendi un'altra sigaretta.
martedì 30 maggio 2006
sabato 27 maggio 2006
La casa dei miei versi
ho un posto dove scrivere i miei versi,
so dove li metto.
Forse saranno strani,
forse saranno brutti:
ma non chiedo l'applauso di tutti.
Chiedo un po' d'attenzione,
pretendo rispetto:
condivido battiti del petto.
Ma gli ipocriti no,
stiano lontani:
facciano di sé stessi i menagrami.
Finché si scherza è gioco,
ma ogni bambino sa
che in ogni gioco è intrisa
massima serietà.
mercoledì 24 maggio 2006
Delirio urbano
Panorama urbano: palazzi, strade, macchine.
Perché mi trovo in questo posto ? Dove sto andando ? Qualcosa ronza nella testa: parole, un linguaggio, frammenti di discorsi scivolati via come acqua sul marmo di quelle statue che ho ammirato, molte volte, nelle piazze del centro. Monumenti all'effimero. Ogni notte porta via la realtà circostante, ogni mattina ne costruisce una nuova, identica. Finché.
Ci sono giorni dispari, o forse ce n'è uno solo all'inizio e un altro alla fine. Non tutto è comprensibile, anzi quasi nulla. Nei rimanenti giorni pari si cerca di restare in pari con la vita: uno a me, uno a te. Il gioco si ripete, uguale, immutabile. Non se ne conoscono le regole. Comprendere: può farlo solo un contenitore. Bisognerebbe aver definito i confini, i limiti. L'inarrivabile infinito è sempre là, in agguato, con la sua trappola mortale: non si lascia comprendere.
Fuggire. Da "qui" a dove ? Vita mimetica. Nascondersi in ciò che sta intorno. Intorno vuol dire confini, frontiere, di nuovo limiti, infiniti spazi finiti incompatibili fra loro.
Dentro, fuori. Da che ? Da chi ? Osservo le mie mani, osservo le parole che si compongono sotto le mie mani, ma non osservo nulla. Fuori, dentro. C'è separazione o contatto ? Continuità o spazio vuoto ? Causa, effetto. Chi o che cosa ha causato "me" ? Che cosa ho causato nel mondo ? Fin troppo, fin troppo ! Smetto di respirare. Sento il battito del cuore. Chiudo gli occhi. Non posso chiudere le orecchie. I miei dolori sono ancora lì.
Come si cambia, come si resta uguali. In ogni caso, inutili. In ogni tempo dannosi a sé e agli altri. Quali altri ? Quelli proiettati dentro un sé che non sa bene dove collocarsi. Quello stesso sé proiettato fuori in mezzo agli altri, che nella migliore delle ipotesi non sanno che farsene.
E si fa sera.
lunedì 22 maggio 2006
Gelo-sia
La mia gelosia nasce dalla paura della privazione: come c'è differenza fra un bambino che piange perché vuole un giocattolo e uno che piange perché aveva un giocattolo e qualcuno gliel'ha tolto, io mi dispero perché ho paura che qualcuno o qualcosa mi tolga il sentimento che credo di aver conquistato.
Ricordo quando andava ancora tutto bene e lei mi diceva "Lo sai che quando tutto questo finirà, soffriremo", e mi prendeva il panico a pensare che sarebbe potuto finire, pensavo a quando sarebbe sicuramente finita la nostra storia mai cominciata, e mi prendeva un gelo dentro ... appunto: Gelo-sia !
sabato 20 maggio 2006
Anche se qualcuno dice che è finito
Ho fame. Ma non dei soliti crackers che mi avvelenano il pasto tutti i giorni della mia odiata dieta.
Ci vorrebbe qualche biscotto buono, no meglio la cioccolata.
Guardo nella dispensa, in cucina: quattro diversi pacchi di merendine. Guardo nell'armadio delle provviste, in salone: due pacchi di crackers (chiusi), altri pacchi di merendine, qualche triste caramella sciolta (in tutti i sensi).
Sul tavolo della cucina c'è un pacco di crackers, aperto. Ne prendo un paio e comincio a sgranocchiare. La lavastoviglie ha terminato il suo ciclo, con un rantolo. I letti sono ancora da rifare.
Si chiama matrimonio, anche se qualcuno dice che è finito. L'aspirapolvere può attendere.
giovedì 18 maggio 2006
mercoledì 17 maggio 2006
Con i tuoi occhi verdi
con i tuoi occhi verdi
quando chiedi e non dici,
quando ti do
tutto quel che ho.
Chissà se cambierai
crescendo,
chissà se scorderò
le notti insonni,
passate con te in braccio
per farti addormentare.
Ti ho vista nascere,
fragile novità
per niente attesa:
da allora molto amata,
adorata e difesa,
contrasto al mondo ostile.
Tu piccola, cresciuta
all'ombra del mio amore
stai pur sicura:
non scorderò
le notti insonni
ad insegnarti il nome:
"Papà".
lunedì 15 maggio 2006
Quando arriverai
Quando arriverai, forse non ti vedrò. Reso cieco dagli sputi velenosi di chi credeva di avermi in pugno.
Quando arriverai, sentirò come un vento, forte, profumato, caldo. Ma non ti vedrò. Per paura di ferirti, e di ferirmi, farò finta di non aver sentito. Starò immobile, nella mia cecità, nascosto nel riflesso più accecante del sole, in questa città da Far West abbandonata alla polvere.
Mutilato di ogni sentimento, non avrò la forza di farne rinascere altri. Neanche per te che forse li meriteresti. Darò soddisfazione ai miei aguzzini, se ancora saranno capaci di provarne.
Fermo, immobile. Solo il vento e la polvere a graffiarmi gli occhi ormai inutili, perversi nella loro celeste fissità, non più specchio dell'anima, o forse ancora, ancor meglio.
Sudare, so farlo bene, anche da fermo. Ma non significa sentire. Fermerò il battito del mio cuore, lo fermerò per lunghissimi istanti. Nessuno potrà sentirlo.
Solo tu potresti forse sospettare che ancora vivo, ma non ti farò del male confessandotelo.
Quando arriverai, me ne sarò già andato. Troverai la mia sedia a dondolo, vuota.
Sogno nonostante
semplicemente guardandoti negli occhi.
Vorrei ascoltare la tua voce,
scaldarmi il cuore alla tua bocca.
Vorrei restare ad ammirare il mare
che viene e va e resta sempre uguale.
Vorrei che tu ci fossi nonostante
la nebbia, il sole o il temporale.
sabato 13 maggio 2006
Porte
ricordo, a volte rimpiango, ma non torno.
Ho sorpreso, deluso, contrariato
chi mi credeva definitivamente conquistato
senza curarsi dell'anima che ho dentro,
senza chiedersi quello che davvero sento.
Ho tagliato molti ponti sugli abissi:
c'erano orrori, errori ed altri mostri.
Ho avuto oro, gloria, castelli e principesse:
niente che fosse degno veramente
delle battaglie, delle mie ferite,
niente e nessuno con cui deporre l'armatura.
Adesso vado, non ho più paura
neanche del buio che mi sta aspettando.
lunedì 8 maggio 2006
La bella addormentata nel parcheggio - capitolo 2
Dentro quella realtà desiderata con tratti di favola a lei piaceva vivere, sognando ad occhi aperti ogni minuto in cui non era banalmente occupata a preoccuparsi della sopravvivenza quotidiana e di tutte le piccole grandi magagne di un mondo imperfetto, troppo imperfetto per essere vero o anche soltanto sopportabile. Così lo vedeva, così ne soffriva. Compresi i suoi uomini: non avrebbe certo voluto cambiarne così tanti. Aveva ormai smesso di chiedersi perché il Principe Azzurro non si fosse ancora fatto vivo: chissà dov'era lontano, invischiato in chissà quale stupida battaglia che lo teneva al di fuori della sua vita, ancora per chissà quanto tempo ! Credeva ogni tanto di averlo intravisto, in questo o quel ragazzo che la corteggiava. Anche perché, ad essere ragazzo, a meno di avere una forte volontà ed essere fortemente impegnato in un solido legame altrove, non era certo difficile aver voglia di corteggiarla. Molto contava l'aspetto fisico, ma anche il comportamento, il modo di muoversi e di parlare, specialmente con le persone conosciute da poco.
Quell'uomo, invece, non era uno conosciuto da poco. Per lungo tempo avevano lavorato fianco a fianco, ma erano rimasti soltanto buoni amici. Non riusciva neanche a ricordare il momento esatto in cui ... A parte questo, le cose erano andate bene per un po', fino a quando non si trattò di decidere se andare a vivere insieme, magari sposarsi. Avevano fatto lunghi discorsi, entrambi, tutti estremanente razionali e tutti abbastanza concordi: avrebbero cominciato a convivere, ma nel frattempo avrebbero fatto tutto il necessario per arrivare ragionevolmente presto al matrimonio. Sembrava tutto così tranquillo.
"Mamma, è pronto l'amburgher ? Ho fame !" La voce dolce e squillante di Chiara arrivò ad interrompere il corso dei suoi pensieri, facendola precipitare senza paracadute nella realtà quotidiana, cruda, reale fino alla nausea. "Fra poco, fra poco" rispose ancora un po' assorta. E cominciò a spadellare in cucina.
venerdì 5 maggio 2006
Luce di Primavera
che allontana l'Estate,
questa luce più vera
contro il buio stantio
che impedisce la vista,
che rimanda all'oblio.
Tutto ora cambia
perché nulla cambia
nel cuore o di fuori:
classificare gli amori
non è mia abitudine.
Muoversi restando fermi
o irrompere
nell'Universo,
scagliandosi
in linea retta:
una scelta comunque imperfetta.
mercoledì 3 maggio 2006
Demonio
ti farò vergognare
di averle ascoltate.
Con la punta delle dita
farò bruciare la tua pelle,
col sale sulle labbra
ti darò un brivido lungo
lungo la schiena.
La mia lingua si farà serpente,
superando le porte delle tue
grandi labbra,
e ti farà gridare piacere
una volta, due volte,
mille volte,
finché riuscirai
infine
a fermarmi.
Col tuo sapore nella gola
ti percorrerò in ogni cielo,
fuori e dentro,
dentro e fuori,
da ogni apertura proibita,
per trovarti l'anima
e stringerla contro la mia,
per fonderle, unica, dannata:
finalmente insieme.
sabato 29 aprile 2006
Due paia di occhiali
uno mi serve
per vedere la gente di fuori,
l'altro il dolore.
Indosso vestiti,
a volte armature,
sperando che bastino
a farmi normale
a farmi non-male.
Se piango in silenzio,
mi tolgo gli occhiali,
rimetto quegli altri,
normali, banali.
Indosso sorrisi,
a volte battute,
sperando che bastino
a far sopportare,
a farmi restare,
a farti scordare del male.
Ho due paia di occhiali:
uno l'ho messo
per stringermi un nodo scorsoio
al centro del cuore.
venerdì 28 aprile 2006
Vivendo senza amore
non avrò carezze
né occhi dentro gli occhi
né tenere certezze.
Consumerò i miei giorni
vivendo senza amore
commettendo convinto
quel piccolo delitto assurdo.
giovedì 27 aprile 2006
Umidità / Asciutto
porta dolori
insistenti
come perduti amori.
Vecchia inquietudine
porta ricordi
trasparenti
come sottili dolori.
Umidità.
Sorsi assenti,
sete di umidità:
aridi gli occhi
come un cuore incastonato
in fredda pietra.
Nuova inquietudine,
ricordi lontani amori
come, ormai, secchi dolori.
Asciutto.
lunedì 24 aprile 2006
Incognito
non lo saprai:
non metterò in parole
quello che sento
e che definitivamente
di me
hai rifiutato.
giovedì 20 aprile 2006
La bella addormentata nel parcheggio
Come ogni menestrello e cantastorie che si rispetti, attacco con un paio di strofe "a soggetto", cioè a cavolo, ma non troppo, accompagnate dal suono di un mandolino (forza, immaginate un mandolino !):
nel giardino d'internèt
crescono meraviglie virtuali,
illusioni-delusioni a volte reali
nel giardino d'internèt
meglio camminare che volare
non volendo porci con le ali
La bella addormentata nel parcheggio
C'era una volta, ma forse più di una volta ... una fanciulla, ignara di molte cose che esistono al mondo, ma avvezza a tenere gli occhi bene aperti.
Un giorno, dopo aver gettato un'occhiata senza speranza nel frigo desolatamente vuoto, decise che era arrivato il momento di andare al supermercato per fare la "spesa settimanale".
Lei odiava andare al supermercato: restare oltre mezz'ora chiusa in un ambiente umidiccio, rumoroso, malsano ! e poi tutte quelle luci al neon ! che mal di testa ! non poteva distendere lo sguardo, non poteva ascoltare la sua musica preferita, doveva destreggiarsi con un carrello cigolante fra corsie che certamente nascondevano il necessario, mentre non si vergognavano di invitare a comprare il superfluo, offrendo prodotti con quell'atteggiamento da prostituta neanche tanto convinta, ma piuttosto spaventata dalle minacce del protettore di turno. Già, sembrava di vederlo il "gestore", l'ennesimo impomatato aguzzino, forse un prestanome per oscuri personaggi che avevano soldi da "investire", da riciclare.
Tutto questo le passò per la mente in un attimo. Ma poi, scacciando quei tristi pensieri, si mise in macchina e si diresse verso il maledetto supermercato.
Arrivò in poco tempo. Il parcheggio era semideserto, vista l'ora. Chi si sarebbe sognato di andare là di mercoledì pomeriggio alle 3 ? Neanche i pensionati. E poi la "giornata del risparmio" riservata ai pensionati era il martedì. Faceva anche discretamente caldo, dentro la macchina. Prima di scendere, le venne in mente di cercare nella borsa una moneta, per il maledetto carrello. Guardò nel borsellino: niente. Nelle tasche laterali: niente. Allora si mise a cercare in tutte le tasche, taschine, vaschette e cassettini della macchina. Sapeva che da qualche parte uno stramaledettissimo euro doveva pure saltare fuori. Cominciò a sudare e a sentirsi strana. Si chinò per guardare se magari qualche moneta fosse scivolata sotto al sedile. Mentre sollevava la testa dopo aver frugato fin là sotto ... BAM !
L'appuntato Geraci aveva preso un faldone dall'armadio, come gli aveva ordinato il Maresciallo, e glielo stava portando sulla scrivania. Pratiche già archiviate dell'anno scorso, furti in appartamento. Ma il Comandante aveva chiesto le statistiche. Già: chissà perché ogni tanto, neanche tutti gli anni, ma solo a richiesta, arrivava un ordine "dall'alto" e bisognava mettersi a contare quanti furti c'erano stati, anzi per la precisione: quanti ne erano stati denunciati.
Poteva farlo benissimo l'appuntato Geraci, quel lavoro: avrebbe ammazzato la noia di quella mattina troppo vuota di eventi. Si sarebbe sentito parte dell'ingranaggio, avrebbe immaginato che quei numeri, i "suoi" numeri, sarebbero finiti in qualche bel rapporto ufficiale, e poi sulla scrivania del Ministro ... Ma queste sono cose che spettano a chi di dovere: e infatti il Maresciallo non perse l'occasione di riprendere l'appuntato Geraci, perché gli sembrò che fosse assorto in chissà quali pensieri, tanto che a momenti stava per inciampare e rovinare a terra con tutto il faldone dei furti. Appuntato Geraci ! ma che fa ! "Mi scusi Maresciallo ... ecco il faldone dei furti dell'anno scorso".
In quel momento, squilla il telefono. Il Maresciallo si fa subito scuro in volto. Prende la pistola e ordina all'appuntato di seguirlo: era stato segnalato qualcosa di sospetto nel parcheggio del supermercato. A quell'ora. Saranno state le 9, le 9 e trenta di mattina.
Con l'auto di servizio ma senza sirena arrivano al parcheggio: il custode del supermercato, col suo grembiule blu, sporco di grasso e polvere, li sta aspettando. E' agitatissimo. Laggiù, venite, nella macchina ! In un angolo un po' appartato del parcheggio c'è un'utilitaria, ferma, a motore spento. Sembra una delle tante macchine che ogni giorno transitavano da quel parcheggio, mezz'ora, un'ora, il tempo necessario per fare la spesa, ma ... I tre si avvicinano, quasi trascinati dal custode, che continua ad agitarsi, indicando la macchina. Dai finestrini si intravvede appena una giovane donna, riversa di lato sui sedili anteriori. E' immobile. Sembra morta.
Con consumata maestria, agevolata dalla scarsa resistenza della serratura dell'auto, il Maresciallo apre la portiera, mentre l'appuntato controlla intorno. Nessun movimento sospetto. A quell'ora i clienti del supermercato sono ancora pochissimi, essendo appena aperto. La donna giace immobile, come se, seduta al posto di guida, fosse caduta di fianco, accasciata verso destra. Ora, da così vicino, non sembra più ... il Maresciallo le sente il polso: debolissimo. Presto, un'ambulanza ! I due Carabinieri controllano: non c'è traccia di ferite, né di violenza. Cercano di rianimarla, con scarsi risultati.
I barellieri caricano la donna sull'ambulanza, che riparte subito a sirene spiegate.
"Mamma, come si scrive 'rinozauro' ?" la voce della bambina echeggia dalla sua stanzetta, attraverso il piccolo corridoio, fino alla cucina, dove la madre sta mettendo a posto la spesa, parte nel frigorifero e parte nei pensili. Il latte va in frigo. Carne e verdura pure. La farina la metto qui sul tavolo, dopo ci pensiamo. Dove si sono cacciati gli yogurt ? Finiscono sempre in fondo alla busta ! Eccoli qua: questi vanno subito in frigo ! vicino al latte.
Alzo la testa, giusto in tempo per sentire la voce della bambina che ripete insistente: "Allora ? 'rinoxauo' ?". "No, no ! Di-no-sau-ro ! Capito ? Di-no-sa-u-ro" ripeto, cercando di staccare le sillabe una dall'altra. Silenzio.
Meglio sbrigarsi a mettere tutto a posto. Com'è tardi ! Si perde sempre un sacco di tempo, ogni volta che andiamo a quel maledetto supermercato. Bisogna cominciare a cucinare: che fare per cena ? "Chiara, lo vuoi l'hamburger ?". Silenzio.
Dopo un attimo: "Di-no-zauro ? con la zeta ? come zanzara ?". Uffa. Basta gridare per tutta casa, non serve. Ora vado di là e glielo spiego. "Ti ho detto 'Di-no-sssaaa-u-ro' con la esse di serpente ! con la esse, capito ?". La bambina scrive lentamente 'dinosauro' sul quaderno, con grafia incerta ma convinta.
"Allora, va bene l'hamburger ?". Silenzio. Dopo un attimo, Chiara alza lo sguardo verso la madre: "che hai detto ?". La madre scuote la testa, spazientita: "ho detto se vuoi l' AM-BUR-GHER !" sibilando. Silenzio. "Boh, vabbè, fà quello che vuoi ... tanto non ho fame".
(continua ...)
martedì 18 aprile 2006
Miopi
Ma ti sembro uno che "si guarda intorno" ? Uno che sa riconoscere le "fortune" che gli capitano ?
Sì, lo so che sono fortunato, forse più fortunato della media. Ma che c'entra ? Sono nato miope, e i miopi come me, miopi nell'anima, non vedono al di là del loro naso. E allora diventano introversi: si convincono che l'Universo stia tutto dentro sé stessi, al di qua di quelle due finestre spalancate sulla nebbia perenne.
Ne ho avute di occasioni: le ho perse quasi tutte, per non dire tutte. Se non capisci questo, se non lo accetti, non capirai chi sono, non potrai amarmi, ma soltanto disprezzarmi, odiarmi perché non ti sono stato a sentire.
C'è qualcosa là fuori, forse qualcuno. Ma non saprò che cosa, se non capita abbastanza vicino. Ho passato tutta la vita a cercare di avvicinarmi, ora a questo, ora a quello, per cercare di vedere che cosa c'era là fuori.
Ora sono stanco, irrimediabilmente e assolutamente stanco. Allungo una mano, e quello che trovo sarà il mio mondo. Nient'altro. Non mi va neanche di allungare troppo il braccio. Fingerò di non potermi muovere. Non macinerò più chilometri e chilometri per andare incontro al nulla, al dubbio, all'incertezza, alle possibilità, alle critiche di perfezionisti senza specchi e senza pietà.
Ho passato tutta la vita a dar retta a chi mi diceva che potevo fare meglio, dare di più, essere meno egoista. Ora basta. Chi non riesco a vedere, non esiste. Chi vuole parlare con me, deve prima ascoltare quello che ho da dire, le storie che ho voglia di raccontare. E i miei silenzi. Lunghi, eloquenti, estenuanti silenzi.
Forse qualcuno capirà. Molti mi malediranno. Così sarò libero di andarmene all'inferno, che mi aspetta. Consoliderò un'abitudine.
Domanda e Risposta
Domanda: Esiste una donna che stia bene con me, non per una serata, non per un mese ... qualcosa di più !
Risposta (da un'amica):
Certo che c'è una donna che sta bene con te: è quella che ama discutere di ogni cosa, che adora parlare e anche infervorarsi, che non disdegna le carezze e i giochi. Colei che ama leggere, scrivere (forse), che quando guarda un quadro non vede i soli colori, che quando quarda una stella non vede una semplice luce ...
venerdì 14 aprile 2006
Sogno di Pasqua
Come "Augurio di Pasqua" ri-pubblico questa canzone che ho scritto quando avevo 16 anni.
Sogno d'un mondo impossibile
d'un utopia che non ci sarà,
dove la gente sorride e ti sa dire l'amore cos'è,
sogno di un'isola d'oro dove sia l'uomo padrone di sé,
sogno di un'isola bianca dove tu possa stare con me.
Sogno perduto nel verde di tanta erba che non c'è più,
sogno perduto nel cielo, che va scomparendo sempre di più,
sogno di un ambiente sano per i giochi di tutti i bambini,
sogno di una ciminiera che non dà fumo ma solo fiori.
Sogno di un mondo di pace, dove il sangue non scorre mai,
dove si fanno le guerre alla fatica e alla malattia,
dove si sogna ogni volta che si va a letto a dormire,
dove dispiace davvero quando un giorno si deve morire ...
dove dispiace davvero quando ... un giorno ...
giovedì 13 aprile 2006
Come ti vorrei
e allora passi
fra le dita
di questa mia anima smarrita
come acqua di mare,
come sabbia che cade e scompare
e allora scendi, sali e ritorni
a tormentarmi i giorni
da lontano ti avvicini
a deliziarmi fino a straziarmi
non sei come vorrei
ma come ti vorrei
e come sei ?
m'interrogo e non so
rispondere non so
ti guardo
forse sì, ora ti vedo
forse no, m'illudo
ti ascolto
e perdo il conto
e perdo ciò che ho vinto
e vinco la diffidenza mia
ti tocco, non ti stringo
per timore di vederti svanire
allora, e ora, e ancora:
àncora che tiene ferma
questa barca nel mare,
anima fatti guardare
come sei, anche se
non sei come ti vorrei
forse ti voglio come sei
mercoledì 12 aprile 2006
martedì 11 aprile 2006
Nulla
di parole e muta
resta la penna,
inerme la tastiera.
Di sentimenti
all'ombra della sera
non posso più,
non voglio ricordare.
Strappo, rivolto zolle,
sperando di mutar
le sorti e invano
cerco dentro di me le melodie.
Unisono fu il suono
finché cessò d'un tratto,
e non capir m'è nera
condanna che subisco.
Silente m'allontano
e sto, con questo strano
pensiero o sensazione
del nulla tutto intero.
lunedì 10 aprile 2006
Forse quello
per fare sesso sfrenato:
forse quello era amore ?
Donne che mi hanno voluto
per la sicurezza che ho dato:
forse quello era amore ?
Donne che mi hanno lasciato
per un pomeriggio annoiato:
forse quello era amore ?
Donne che mi hanno guardato
dalla superficie del cuore:
forse quello era amore ?
Donne, ricordi, speranze,
sapori, penombra di stanze,
donne effimera gioia,
donne scintille di vita,
donne dolore:
forse questo è l'amore ?
giovedì 6 aprile 2006
Il Cavaliere Solitario e la Corona d'oro
Fece ancora qualche passo, poi scese da cavallo e continuò a piedi. Fissava la superficie scintillante dell'acqua del fiume, che scorreva nella sua stessa direzione. In realtà, non stava andando in nessuna direzione, non aveva una meta precisa. Lasciava scorrere i suoi pensieri, così come un prigioniero esplora le pareti della cella cercando una possibile via di fuga. Ma per ora non aveva trovato nessuna via di fuga.
Gli tornò in mente quella corona. L'aveva fatta forgiare da quel suo amico artigiano, col metallo che aveva messo da parte durante le sue scorribande: oro zecchino, argento, un po' di platino, qualche pietra preziosa. Il suo amico ne aveva fatto un piccolo gioiello, degno dei migliori sovrani da lui conosciuti. Con quella corona era capitato in quel Castello, dove la Castellana dai lunghi capelli dorati lo aveva stregato col suo fascino dolce e misterioso. Non ripercorse tutta la storia, ma ricordò soltanto il momento in cui aveva offerto la corona alla Castellana, chiamandola "Regina". Anche se lui sapeva bene di non essere un Re, per lui lei era la sua Regina. La più importante. La più splendente. Lei. Per un po' gli era sembrato che la Castellana gradisse quella condizione, quel ruolo, gli sembrò che lei fosse entrata volentieri nel personaggio di quella favola.
Il cielo si fece più scuro. Non riusciva a farsi una ragione del perché di quel gesto, quando lei prese la corona, si avvicinò alla finestra e lanciò la corona fuori del castello, verso il fiume. Lui vide la corona cadere seguendo una perfetta parabola, illuminata dai raggi del sole, fino al momento in cui la vide inabissarsi nella corrente del fiume, laggiù nella valle.
Aveva tentato di chiedere ragione alla Castellana per quel suo gesto, senza risultato. Allora aveva preso il cavallo ed era uscito dal castello, forse per sempre.
Immaginò di essere un uomo moderno, del ventunesimo secolo. Si vide camminare in discesa lungo un anonimo marciapiede di una strada trafficata di una moderna metropoli. Quel cassonetto era lì, come ogni mattina. Un cassonetto qualsiasi, di plastica verde, di quelli in cui gli abitanti di una metropoli del ventunesimo secolo buttano i sacchetti della spazzatura. Nella borsa, oltre al computer portatile e alle scartoffie del lavoro, aveva quel libro, che aveva gelosamente custodito e nascosto in attesa di poterlo portare a ... Era impacchettato in una carta rossa, da regalo. Il libraio ci aveva messo anche un fiocchettino dorato, fissato con un adesivo luccicante. In un istante, estrasse il pacchetto col libro dalla borsa e lo gettò nel cassonetto. Richiuse la borsa e continuò a camminare a passo svelto. Il cuore gli batteva forte.
Il Cavaliere rimontò a cavallo e si lanciò al galoppo incontro al sole che si alzava. La Castellana, affacciata ad una finestra del castello, lo vide sparire all'orizzonte in una nuvola di polvere.
martedì 4 aprile 2006
Bolle di sapone
di una realtà che solo a volte è,
riflettono sogni infranti:
specchi sferici
deformanti.
lunedì 3 aprile 2006
APRILE (acrostico)
Prendendo dal mio cuore le sorprese.
Restituisci splendide emozioni.
Il falso e vero verde tu disponi
Le novità a portar: la luce sul mio viso.
E rido senza senso, all'improvviso.
venerdì 31 marzo 2006
Il primo e l'unico
il primo fra i tuoi pensieri,
l'unico nel tuo cuore.
Se ti amo, sarai
la prima nei miei pensieri,
l'unica nel mio cuore.
giovedì 30 marzo 2006
Il vento nei capelli
pensavo di non essere più innamorato:
e quanto mi sbagliavo !
Il vento nei capelli,
nuvola d'oro mi venivi incontro,
e non volevo, e non sapevo dirti.
Come una sigaretta,
accesa e dopo spenta
come la maledetta
emozione dentro, violenta
che spegnersi non vuole
e se si spegne, duole.
Ne abbiamo preso
di sole, e tanto vento,
il mare a testimone
del mio sentimento
che non volevo, e non sapevo dirti.
Il vento nei capelli,
nuvola d'oro
sei rimasta dentro,
come un tesoro che si non scioglie al vento.
lunedì 27 marzo 2006
Autostrade
molto spesso compagne di viaggi
che del "viaggio" frammenti si fanno.
Autoradio che cantano piano,
quei chilometri di solitudine
accompagnano quasi per mano.
Occhi e fari: la nebbia dirada.
Con la mente si affrontan le curve,
con il cuore si tiene la strada.
mercoledì 22 marzo 2006
Infanzia bruciata
adulti in un lampo,
maturi senza scampo:
sogno di vita regalato al vento.
martedì 21 marzo 2006
Aforisma della Timidezza
lunedì 20 marzo 2006
Barcellona, ti amo
Barcellona mi ha fatto innamorare. Innamorare di me.
Barcellona mi ha accolta con un abbraccio tiepido e l'odore del mare, con i colori di Gaudì, le sue atmosfere da fiaba in un mosaico di sfumature, il suo alto sguardo, il suo tendere al suo ottimo anche con la consapevolezza di non riuscire a vederne la realizzazione. Il fatalismo, il destino che non è mai inellutabile, ma in continuo progressivo possibile probabile cambiamento.
Barcellona ti immerge negli artisti da strada della rambla con il suo incedere lento e quasi svogliato, ti trascina docilmente fino al mare, ti regola i ritmi secondo un lento, calmo, sereno passo di mille anni fa'. Ti fa girare intorno, e poi ti assale con il quartiere gotico dove le ampie strade della rambla scompaiono per far posto a viuzze strette, piccole, contorte, inanellate, bizzarre, attraenti, magnetiche e confuse in cui i ristoranti più chic, più esclusivi condividono il marciapiede con le botteghe degli artisti fantasiosi ed eccentrici, dove ti siedi a terra a mangiare i tacos, e alzi lo sguardo che si spezza sulle altissime guglie della cattedrale: che emozione ! ne ho ancora i colori negl'occhi, colore che si intona con i quadri di Picasso che rappresentano appieno il non-sense.
Forse ho amplificato le atmosfere e acceso i colori, forse ho visualizzato in rosa l'oceano increspato e il vociare che non infastidisce.
Barcellona, io ti amo.
sabato 18 marzo 2006
La Pazienza
Quando ci si accorge di quello che è accaduto, è troppo tardi !
venerdì 17 marzo 2006
Sono uscito
Sono uscito. Non ci sono per nessuno.
Ero uscito di casa per questo; percepire il frammento di un silenzio come dolore, o il buio, che confonde dopo un improvviso bagliore, e poi scivolare di nuovo nella luce consueta. Il risveglio da un sogno, per un secondo, per poi riaddormentarsi e continuare a sognare. Dal momento del risveglio per la paura, lasciare che un inciampo nella regolarità del battito cardiaco rifluisca nella consueta regolarità o lasciar sfuggire l’istante di un bacio lontano in uno sguardo, nell’abituale solitudine senza corpo.
(Thomas Strittmatter).
lunedì 13 marzo 2006
La scadenza
quasi volesse essere un incendio
che tutto brucia e tutto
sulla propria via divora.
Non sente ragione
né vuole aver padroni:
non vede il suo domani,
non chiede del suo ieri,
vive nell'oggi e luce
consuma quanta ne produce.
Arriva inevitabilmente un muro,
un'ostacolo, un fiume, una montagna:
s'arresta il fuoco e non sa dove andare.
Soffoca e grida e poi con alte fiamme
cerca sopravvivenza
trovando invece solo la scadenza.
domenica 12 marzo 2006
Il bacio della buonanotte
Troverai un altro, magari in una chat notturna, che non ti farà sentire sola, "amante in un angolo". Forse troverai perfino chi ti dà il bacio della buonanotte (io non ne ho mai dati a nessuna), chi guarda con te le vetrine (a me non piace lo shopping).
Il libro e il disco che avevo preso per te, insieme coi cinque CD con la musica che ti avevo preparato finiranno in un cassonetto della spazzatura.
Lo stesso cassonetto in cui tu hai gettato per sempre il mio cuore e in cui ho gettato il tuo, solo per un istante.
Dentro me stesso
a ricordar chi ho amato.
E non rallento il passo:
chi guarda non vedrà
le lacrime che bruciano,
nessuno sentirà
le urla silenziose
che straziano il dolore
fra notti di follia
e giorni vuoti e vani.
Ricorderò domani.
L'importanza di essere ingenuo
Algernon e Jack sono due amici di vecchia data. Il primo abita in città ed il secondo in campagna, ma sovente si incontrano. Entrambi, infatti, vivono una "vita segreta": Algernon finge di avere un vecchio amico malato in campagna, mentre Jack finge di avere un fratello scapestrato in città. Questo espediente permette loro di assentarsi dalle rispettive case e famiglie quando meglio credono.
Jack ama Gwendolen, cugina di Algernon, e vorrebbe sposarla. La donna ricambia il sentimento, ma nasce un problema: Gwendolen è convinta che l'uomo che ama si chiami Ernest. Jack, infatti, si fa chiamare Ernest quando arriva in città con la scusa di visitare il suo fantomatico fratello. Avrà il coraggio di svelare alla donna amata la verità?
La storia si complica quando, con un sotterfugio, Algernon si presenta alla casa di campagna di Jack, e si spaccia per Ernest, il fratello scapestrato di questi. Conosce e si innamora di Cecily, la pupilla di Jack, la quale quindi è convinta di amare un uomo di nome Ernest.
Nessuno dei due uomini è veramente "Earnest" (onesto), né "Ernest", ma forse stavolta vorranno diventarlo.
Oscar Wilde - L'importanza di chiamarsi Ernesto
Sono ingenuo, e me ne vanto. Sotterfugi, bugie dette per ottenere qualcosa non fanno per me. Per colmo di sventura, quando dico qualcosa seriamente, nessuno mi crede. Viceversa, quando mento sapendo di mentire, tutti prendono le mie parole per oro colato. Questo è ridicolo.
Sono ingenuo, ma non sprovveduto. Sono sincero per scelta, non per necessità. Infatti, se voglio, so mentire benissimo. So anche simulare e dissimulare. Soltanto che nella mia vita privata non lo faccio, perché non voglio. Sul lavoro è un altro discorso: a volte mi pagano per dire bugie. Finché pagano bene, posso continuare a dirle. Ma nella mia vita privata, in quella sfera di relazioni e sentimenti che sono solo e soltanto miei, allora no. Neanche se mi pagano. Neanche se mi ricattano. Anche a costo di far male con le mie scomode verità. Senza nascondere. Eh sì, perché spesso nascondere, non dire, equivale a mentire. Anche parlare in ritardo, fuori tempo, è una specie di bugia.
Molti mi odiano per questo. Alcuni mi ammirano. Quasi tutti mi temono. Sono più pericoloso di un pentito di Mafia. Anzi, in un clima mafioso divento una mina vagante. E credo che l'ipocrisia e la mentalità mafiosa vadano a braccetto. L'ipocrisia, quella che pretende di presentarsi con la faccia pulita, quando invece nasconde il marcio più marcio. Quella che ostenta innocenza essendo colpevole.
Così combatto, così mi diverto. Piccole cose ? Che altro c'è di più grande se non la soddisfazione di averla vinta continuando ad essere ingenuo. E sincero con me stesso e con gli altri.
venerdì 10 marzo 2006
Sette giorni
da una speranza.
L'attesa di una gioia
non è mai abbastanza.
Si consumano i minuti
come fossero emozioni.
Vivo e non vivo:
mi meraviglio e penso.
Il fuoco brucia
e non consuma il cuore.
Aspettami, io ci sarò.
martedì 7 marzo 2006
Guarir da questa pena
sbattuto dalle onde.
Col cuore in quarantena,
non so guarir da questa pena.
E non vorrei.
Estasi e pene
prima ch'io possa
infilare un pezzo della mia carne nella tua.
Passeranno eterni
quei minuti in cui
ti farò sentire quel tuo godimento smisurato.
Resteremo fermi
a guardare il cielo
a chiederci se è veramente vero.
Con inchiostro d'amore
traccerò sulla tua pelle
schizzi di candido stupore e gioia.
Estasi e pene.
lunedì 6 marzo 2006
sabato 4 marzo 2006
martedì 28 febbraio 2006
Calligramma
Banca dei sentimenti,
organo che tutto puoi,
seguo i tuoi suggerimenti
perché mentirmi non puoi.
lunedì 27 febbraio 2006
sabato 25 febbraio 2006
Soffio
le labbra tue sfioravano le mie.
Di baci allaccio una collana al collo tuo
fino a quel punto che sappiamo noi:
pioggia di brividi ti scende sulla schiena.
Le dita bastano a carezzar le palpebre,
il palmo aperto naviga le natiche
cercando rotte verso il tuo sicuro porto,
scuro triangolo di sensi e di trasporto.
Piede gelato il tuo sul mio punto bollente,
risveglia ataviche pulsioni e desideri sordidi.
Ti mordo, mi rimordi, ti avvinghio e tu mi avvinghi
e tutto intorno è nulla, e siamo dentro noi.
Danziamo senza musica, e siamo musica
suoniamo come organi all'unisono,
riempiamo il vuoto, ci svuotiamo l'anima,
torniamo e ritorniamo per sentieri candidi,
bollenti fiumi di lava a scorrerci la pelle.
E resta, senza più energia guardando il cielo
il mio sogno di fuoco e la dolcezza tua.
venerdì 24 febbraio 2006
lunedì 20 febbraio 2006
Nel frattempo
nascondo nella mano
quel desiderio assurdo
celato nel mio sguardo.
Niente di materiale
percorre questo amore,
niente che faccia male
come tragedia vuole.
Aspetto che un dispetto
del Fato o del Destino
permetta di incontrarci
restando un po' vicino.
Immagino le mani,
immagino il sorriso,
e sogno quel domani:
mi sembra un Paradiso.
Tu ti schernisci e ridi,
non cedi alla passione,
ma vai per altri lidi,
celando un'emozione.
Come virgineo fiore
sbocciato a nuovo amore,
indossi la corona
Regina del mio cuore.
Come le cose vere,
come le cose belle,
rifletti nei tuoi occhi
la luce delle stelle.
E di adorarti l'anima
ancora non mi stanco
scaldandomi al tuo fuoco,
seduto a te di fianco.
Non so quale miracolo
per mano mi ha condotto
al punto di conoscerti:
ora rimango sotto.
E nel frattempo ancora
senza mai dubitare
continuerò ad amarti:
amare, amare, amare.
sabato 18 febbraio 2006
Pene di Penelope
tesse la tela e soffre grandi pene,
ché ai Proci tante volte già lo disse
di raffreddare il sangue nelle vene.
Passano i giorni e Ulisse non si vede
ma lei dell'aspettarlo non si stanca:
sperando riabbracciarlo in quella sede,
non vuole sventolar bandiera bianca.
Ed ecco un dì l'intuito del suo cane
ritrova traccia dell'amato bene:
fuggono i Proci nelle loro tane
e la stanca Penelope ora tiene
stretta sul cuore quel suo amato Ulisse:
galeotto il sonetto e chi lo scrisse.
mercoledì 15 febbraio 2006
Batterie scariche
L'anima non va a batterie.
martedì 14 febbraio 2006
Pari e dispari
o alle carte,
oppure a "pari o dispari":
non so.
Quante volte ho avuto in mano
punti di un gioco
senza spiegazioni.
Quante volte ho domandato:
"Pari o dispari ?"
Stavolta mi ha risposto:
"Pari e dispari".
Non è facile
far quadrare i conti
nemmeno
con tutti i numeri
del mondo.
sabato 11 febbraio 2006
Arcobaleno
che ho alle spalle del cuore.
Usa il tuo fuoco
come sai fare
fin troppo bene.
Rendimi libero,
fammi volare,
ti porterò in una favola.
Raggio di sole sarò,
arcobaleno di nuvola.
venerdì 10 febbraio 2006
Di te
l'acqua che ora bevi,
il cibo che ogni giorno mangi.
Voglio essere la luce
che entra nei tuoi occhi,
la musica nelle tue orecchie,
il desiderio dentro al tuo piacere.
Voglio godere di sentirti godere,
sentirmi grande come tu mi vuoi
e perdermi nei più segreti
dei sentieri tuoi.
giovedì 9 febbraio 2006
Buongiorno
senza biglietto di ritorno.
Buongiorno ai tuoi occhi,
buongiorno alla tua bocca,
buongiorno è la mia mano che ti tocca.
Buongiorno sotto le lenzuola,
buongiorno ai figli da portare a scuola,
buongiorno a una giornata di lavoro.
Buongiorno è una pentola di monete d'oro,
fatta del mio buongiorno appassionato,
piena di baci che per te ho coniato.
martedì 7 febbraio 2006
Una favola
La bambina rispose, con la sua vocina dolce ma decisa: "Sì, certo !"
L'Uomo cominciò.
C'era una volta una Principessa, che era stata fatta prigioniera da un Mostro, che la teneva chiusa in un Castello. In realtà, il Mostro era stato un bel Principe, che però un giorno aveva fatto arrabbiare una Strega Cattiva, che lo aveva trasformato in Mostro. La nostra Principessa, dunque, trascorreva le sue giornate al Castello: usciva poco, solo per ciò che serviva a mandare avanti la vita quotidiana. Infatti, col passar del tempo, anche la servitù se ne era andata via dal Castello, cacciata dal Mostro o nauseata dalle continue vessazioni e maltrattamenti a cui era sottoposta. Così la Principessa a poco a poco si dovette occupare di tutto: dalla pulizia del Castello, alla preparazione dei pasti, perfino della salute e di un certo benessere del Mostro. Come tutte le Principesse che si rispettino, ella aveva dei Principini da allevare: per la precisione, due bei maschietti e una femminuccia. I principini crescevano in pace e armonia, studiando e dedicandosi alle loro attività preferite, fra cui la musica. Era la Principessa ad assicurare loro che potessero frequentare le scuole e i maestri adatti alle loro esigenze. Il Mostro a modo suo gli voleva bene, e non stentava certo a cercare di dimostrarlo. Ma si sa, i mostri hanno un cattivo carattere. E soprattutto fra il Mostro e la Principessa le cose non andavano affatto bene.
La Principessa era spesso triste e malinconica. Non aveva divertimenti e distrazioni: la sua gioia era dedicarsi ai suoi Principini, ma ogni tanto si ritirava nella Torre, al piano più alto, e si affacciava alla stretta finestra. Scioglieva i lunghi capelli ricci e biondi, e guardando lontano, sognava. Ascoltava le dolci note che provenivano dal piano di sotto: uno dei Principini si esercitava suonando. La mente della Principessa volava lontano, seguendo pensieri, sogni, desideri, e tutte le sue tristezze, le sue paure, gli angoli bui della sua vita sembravano rischiararsi come la pianura al sorgere del sole.
Un giorno, uno di quei giorni in cui l'aria sembra immobile e il tempo dà l'impressione di essersi fermato, o di essere volato via lontano, da quella finestra, laggiù oltre il fiume, la Principessa notò qualcosa. Era qualcuno, un Cavaliere, la cui armatura luccicava alla luce calda del tramonto. Si stava dirigendo verso il Castello.
Il Cavaliere Solitario stava come suo solito correndo dietro all'irrazionale desiderio del suo cavallo, piuttosto che inseguire una meta precisa. Era un bellissimo destriero, nero lucido, non l'avrebbe ceduto per niente al mondo. Era quasi tutto ciò che possedeva, a parte l'armatura e un gruzzoletto di monete d'oro depositate in luogo sicuro. Costeggiarono il fiume. L'aria era tiepida, nonostante la stagione invernale. Le foglie scricchiolavano sotto gli zoccoli del cavallo, che procedeva con una certa indolenza, quasi stesse seguendo un sentiero invisibile.
Il Cavaliere Solitario allungò lo sguardo e vide il Castello, che si stagliava nero e tetro sullo sfondo di un cielo così azzurro da fare invidia alle più belle pietre preziose. Gli parve persino di vedere qualcosa, come un riflesso dorato, lassù, a quella finestra della Torre.
Si avvicinarono ancora, e l'immagine divenne finalmente nitida: una deliziosa fanciulla con i biondi capelli sciolti sulle spalle stava affacciata alla finestra più alta della Torre, e guardava ... sembrava guardasse proprio verso il Cavaliere.
Con una breve corsa al galoppo, cavallo e Cavaliere si trovarono a bussare al pesante portone del Castello. Dapprima, nessuno rispose. Il Cavaliere bussò di nuovo. Si sentì rumore di catenacci, la massiccia porta fu scostata da un solo battente e, nel ristretto spazio inondato dalla luce proveniente dall'esterno, apparve ... la Principessa.
Il Cavaliere smontò dal cavallo, si tolse l'elmo, fece un profondo inchino, deponendo la sua spada ai piedi della Principessa, e disse: "Perdonate, mia Signora, il disturbo che Vi stiamo arrecando, il mio cavallo ed io. Sono il Cavaliere Solitario. Mi trovavo a passare da queste parti, quando ho notato il Vostro Castello. Il mio cavallo è stanco per il lungo peregrinare, la sera avanza, e per questo ho l'ardire di chiedervi, se la bontà Vostra vorrà concedercelo, asilo per la mia cavalcatura e per me stesso, soltanto per una notte. Una stalla basterà al mio destriero, mentre io sono ben avvezzo a passare la notte su un mucchio di paglia.
La Principessa sorrise, nascondendo un imporvviso rossore, e rispose: "Mio Cavaliere, siate il benvenuto. Voi e la vostra creatura sarete accolti con tutti gli onori, se vi accontenterete di quello che trovate. La stalla ormai da tempo è vuota, ma un po' di fieno e di paglia vi è sicuramente rimasto. Per quanto riguarda Voi, potrete accomodarvi in una delle tante stanze vuote del mio Castello. E spero vorrete onorarci della Vostra presenza per la cena che sto per servire in tavola personalmente".
Cenarono tutti insieme: la Principessa, il Mostro, il Cavaliere Solitario, i Principini. Non ci fu una gran conversazione, se si esclude la naturale curiosità dei Principini verso il Cavaliere e le sue avventure, e qualche incomprensibile intervento del Mostro. La Principessa ascoltava.
Arrivò il momento di andare a dormire: i Principini non volevano saperne, ma la Principessa fu molto ferma nel riuscire alla fine a convincerli, anche perché il Cavaliere promise loro di racontare altre delle sue avventure l'indomani. La Principessa accompagnò il Cavaliere verso una delle stanze fredde e vuote del Castello. Il Mostro rimase seduto alla tavola.
Il Cavaliere baciò la mano alla Principessa e disse: "O mia deliziosa, adorata Signora, vorrei che questo minuto durasse tutta la vita, e non mi basterebbe tutta la vita per farvi sentire che cosa provo per Voi: sono venuto qui spinto dal Destino, e ora vorrei avere il tempo per impararVi a memoria, perché so che prima di domani dovrò lasciarVi e non Vi rivedrò mai più. Ma voglio che sappiate che nessun'altra potrà prendere il Vostro posto nel mio cuore, nessuna voce udrò più melodiosa e cara della Vostra, nessuna modestia né grandezza d'animo mi colpirà di altra donna, perché in questo momento io sono l'Uomo e Voi la Donna, unici nell'Universo che tutto unisce dopo aver diviso".
La favola non dice che cosa accadde la mattina dopo ... se mai ci fu una mattina dopo !
L'Uomo sollevò lo sguardo, mentre la Donna cercava di nascondere le lacrime che calde le scendevano sulle guance. La bambina li riportò entrambi alla realtà: "Bella favola ! Quando me ne racconti un'altra ?"
"Quando avrò finito di imparare a memoria tua madre, o meglio, nel frattempo".
venerdì 3 febbraio 2006
L'albero dell'amore
e frutti arriveranno
a dissetar la fame di dolcezza
che ci fa aspettare.
giovedì 2 febbraio 2006
mercoledì 1 febbraio 2006
Amore perfetto
un granello di sabbia nell'occhio,
un chicco di sale per condire
il nostro amore perfetto.
Sbattimi in faccia
la verità, ma non darmi
l'idea che sia tutta qua.
Lasciami osare
nella fantasia
di questa anima mia.
Lasciami un dubbio,
un granello di sabbia,
un chicco di sale,
molecole amare del nostro
amore (im)perfetto.
lunedì 30 gennaio 2006
Avrò
i giorni miei
passati nel desiderio di te,
delle tue mani su di me.
Avrò pazienza
di aspettare la tua bocca
a cui impaziente anelo,
avrò cuore e calore
da scaldarti il cuore.
Avrò pietà per questo sentimento
da consumarsi preferibilmente
entro la scadenza dell'amore.
giovedì 26 gennaio 2006
No sunshine
Ain't no sunshine when she's gone
And this house just ain't no home
Anytime she goes away
(Bill Withers - Ain't No Sunshine)
Quando da me te ne vai,
quando da te vado via,
e mi lasci, e ti lascio
senza parole, senza compagnia,
sento un vuoto nello stomaco,
uno strappo giù nell'anima,
e di colpo schizzo via,
da me stesso volo via.
So che tu per me ci sei,
so che pensi solo a me,
so che sai quello che penso
e che senti ciò che sento:
e volo via e vado via,
seguo questa musica tua e mia,
che porta dolore e poesia,
che brucia e riscalda,
che mi riempie l'anima
della mancanza di te.
Di te, che ci sei
ovunque qui intorno
a questi piccoli versi miei,
pieni d'insana speranza,
aspettando che ci sei.