lunedì 29 dicembre 2008
Negativo, Roger !
misterioso atomico tempo
che svanisce nell'acqua pesante.
Una ruga, una crepa del vento
porta un'eco d'istante distante
mentre muto là mento in lamento.
Sotto sotto c'è sempre la sabbia
e una sola ne resta di magma,
alternando eruzioni a erosioni.
Getto l'ancora ancora e mi fermo,
pongo pongo in plastica posa:
ricreazione, intervallo e qui cesso.
Di cammelli e di crune del lago
non c'e traccia nel vecchio ellepì
della band ana-illogica e country.
Tiri tiri, ma io mi ritiro,
me ne vado, mi faccio da parte,
non avendo né arte né carte.
domenica 28 dicembre 2008
Elegia della Domenica pomeriggio
tutto rimane bigio e grigio.
Rari uccelli si alzano
nell'aria fredda a cercare
ciò che non trovano.
Verdi foglie ostinate
nella ruggine generale
geneticamente mortificata.
L'asfalto si chiede perché:
nessuna ruota risponde.
Bave di vento
ai quattro formaggi
asciugano
la muffa in crosta.
sabato 27 dicembre 2008
Conchiglie
toccare la pelle
seguirne le curve
o le rughe,
sentirne il calore
il freddo sotto le dita,
afferrare la carne,
segnare le ossa, le vene
che tengono insieme
l'oscura presenza di vita:
scoprire l'interno
restando qua fuori, vicino,
che siamo conchiglie
in balia delle onde
chiamate destino.
lunedì 22 dicembre 2008
domenica 14 dicembre 2008
Il Baco e la Donna Ragno
Il Baco.
Ma certo: si annuvola
e resto nel bozzolo
a farmi prigione di seta.
La Donna Ragno.
Mi tesso la tela
aspetto la mosca
che venga a nutrirmi.
lunedì 8 dicembre 2008
Avvelenata
Tanto non scriverò versi ad effetto, parole sgradevoli che lasciano ferite o fanno resuscitare Vecchi Fantasmi. Non ho bisogno di colpire, mi basto da me. Non mi serve un Pubblico che si senta inadeguato. Cerco chi possa condividere sentimenti e pensieri, sogni e speranze, ragionamenti e convinzioni politiche.
Tanto non sono un poeta, né piccolo, né sommo. Tantomeno postmoderno. Ogni Modernità ne seppellisce un'altra, ogni Avanguardia viene prima o poi sorpassata da una nuova Avanguardia, e marcisce.
Dico ciò che ho dentro, se mi va, quando mi va, e con le parole che preferisco. Lo stile è soltanto aria fritta.
venerdì 28 novembre 2008
Con gesti lenti e smisurato Amore
(a mia madre)
Sai, se allora avessi speso meno tempo
a correr dietro a quelle mie illusioni
lucide stelle che stracciavamo al cuore
della mia giovinezza e gl'ideali persi,
non avrei forse ora questo bieco senso
del tempo ch'è sfuggito chissà dove
lasciando dietro sé pallide tracce
come d'inverno si ricorda il sole.
Sai, se fossi stato un po' tradizionale
un po' represso come mi volevi
non avrei forse perduto tanti treni
chiamati desideri di pensieri
e di felicità rimpianti
non realizzate, forse o forse mai:
le stupide carezze più non date o avute
lo sguardo dolce tuo, quel tuo sorriso
che mi indicò del sogno la potenza
per volare più alto d'ogni mia miseria.
Sai che ti ho amato un po', mentre t'odiavo
come ogni figlio ama e odia e ama
chi ritiene colpevole di questa cosa grande
d'essere al mondo e non sapere come
d'essere vivo e non saper perché,
privo di quel libretto d'istruzioni
che la mente non legge ma vorrebbe assai
dipanando i suoi dubbi e tutti i suoi misteri
da un giorno all'altro e infine poi non più.
Sai che di uguale colpa son colpevole
per aver messo al mondo quelle nuove vite
che ora mi guardano cercando in me salvezza
o almeno un senso di quel loro andare,
stare, sentir, parlare, arrabbiarsi, amare
che li fa parte del mondo e mondo a parte
ognuno col suo viaggio e il suo fardello,
unico e solo però compagno al suo fratello.
Che cosa vorrei dirti ora non so,
di cosa mai potremmo noi parlare
se fossi qui col peso dei tuoi anni
a ricordarmi che prima di me
passasti tu nel tempo degli affanni,
della salute incerta, dei dolori
che ti fecero consumar la vita e gli anni
e partire per dove non si danno
i problemi dei vivi e il nostro mondo.
Ti ricordo così, dentro il mio cuore
negli anni belli che furono
e pur nei tempi tristi,
nelle avventure infinite,
nelle tue paure per me
che fui parte di te così diverso
con gesti lenti e smisurato Amore.
mercoledì 26 novembre 2008
Tradito dal sole a Novembre
Il sole era fuori ad attendermi
così mi affidai alla sua luce
segreto nei passi e lento pensiero.
Un volo di nuvole grigie
ritrasse ogni ombra da terra
lo schiaffo del il vento improvviso.
Rancore nei brividi lungo silenzi
la fuga dell'anima dentro rifugi
tradito dal sole a Novembre.
domenica 16 novembre 2008
sabato 15 novembre 2008
martedì 11 novembre 2008
Rette parallele
del nostro incontro,
di quel nostro
sorriderci contro.
E l'infinito aspetta,
aspetterà all'infinito
che il parallelismo
della ragione ceda
alle ragioni dell'amore.
E quella foto che voleva
fermarci in un attimo
aspetterà un altro attimo,
un sospiro non espresso
come quel caffè bollente
come l'aria di terra e di mare
come lasciarsi andare.
Solo l'infinito sa
misurare le distanze
di quel nostro
calamitarci dentro.
domenica 9 novembre 2008
venerdì 7 novembre 2008
Scusami
Da qualche parte nel mondo, qualcuno mi scrive "ti amo", più volte al giorno. Scusami se non ti rispondo con le stesse esatte parole.
Niente dà niente, ma ognuno di noi dà a qualcuno. Scusami, spengo il bluetooth. Le microonde mi cuociono il cranio. Non che ci sia qualcosa rimasto, là dentro. L'eco di quello che c'era una volta.
Scusami. Continuo a ripeterlo, come se fosse un motivo, una scusa. Vorrei andare avanti, almeno di un passo. E invece passo giornate e giornate aspettando. Godot non arriva. Non so, non ricordo nemmeno che cosa voleva, che cosa volevo.
Scusami. Scrivo le solite cose, usando un linguaggio retrivo. Non sono "abbronzato", né giovane e bello, non sono un grande scrittore affermato. Non parlo come uno di quei poeti cosiddetti, che piacciono tanto agli addetti.
Sono molto testardo, lo sai, e scusami se a questo punto chiudo con una frase che adoro, a tutti e a nessuno diretta: "baciatemi il culo !".
domenica 2 novembre 2008
venerdì 31 ottobre 2008
Moby Dick
Non dovrei starmene qui fra queste onde, stanotte no. Lontano, una striscia di terra disegna nero un orizzonte più alto, misterioso, irraggiungibile. Mi giro verso il mare aperto: non ha sorprese, lui. Non per me che lo conosco bene. L'ho navigato nelle parti più fredde, fra i ghiacci sempre diversi eppure perenni. Ho nuotato in acque più calde, durante interminabili giorni luminosi, seguiti da brevi notti non troppo scure. Non come stanotte.
Il cuore mi dice "allontànati", la mente invece galleggia sul mare, ipnotico amico di sempre. Il cuore ogni tanto accelera un po', ad ogni soffio di vento. Rimango ancora un po' qui, soltanto un minuto, un altro lunghissimo eterno minuto. "Allontanati": non ne ho voglia. Come se "aver voglia" portasse con sé qualche senso. Onde, luna, stelle, vento, mare mare mare.
"Allontanati": non serve fuggire ai propri fantasmi. Così spesso ho immaginato di abbandonarli laggiù, sulla terra lontana ma sempre presente, invisibile e poi riemersa come un rimpianto di vita perduta per sempre.
Stanotte non sommergerò la mia voglia di "ancora", il senso del fluire continuo dei battiti: aspetto. Niente e nessuno, aspetto. Io e me che finalmente si ricongiungano in un punto invisibile dell'universo, aspetto.
Silenzio. Piccoli noti rumori: le onde, il vento, le onde. Improvviso un ritmo trattenuto, un balzo di corsa del cuore, la barca. M'immergo. La fiocina sibila spezzando l'aria, perfora l'inutile schermo dell'acqua, s'infilza. AH ! Giù, giù, svelto ! "Allontanati". Si tinge di rosso quel mare di cui tante volte ho ammirato i riflessi. M'acceca, mi toglie le forze. Giù, giù, allontanati ! Mi manca il respiro. Cercando l'inganno inverto la rotta, risalgo. Colpo di coda. La barca va in pezzi. Respiro. Ancora quel sibilo. AHI ! Un altro colpo. Allontanati: sempre più debole l'urlo del cuore, la mente ormai si confonde. Il mare, le stelle, la luna, le onde e quel vento... La vita in un soffio si spegne.
La terra riappare, lontana e beffarda: stavolta mi ha vinto.
martedì 28 ottobre 2008
Coma
Sveglia con la tromba militare, sveglia mezz'ora prima per poter trovare l'acqua calda nelle docce. A letto si parlava sottovoce, dopo il "silenzio", fino a tardi.
Sveglia da pendolare, fiato corto dietro al treno che sta partendo, che è sempre già partito, ma la corsa comunque. E poi scendere nella macchina gelata per andare a lavorare, e tornar la sera, a buio o nella nebbia.
Sveglio di notte per i pianti dei bambini, ce n'è sempre uno da cullare in braccio, o qualche falsoallarme.
Sveglio perché un buon padre deve portarli a scuola, perché sia un fatto di partecipazione. Sveglio di stress la notte, cercando spazio per un hobby che di giorno non ha tempo. Sveglio d'incomprensione con chi non sa comprendere altro che bisogni quotidiani.
Dormo. Ho l'infinita voglia di dormire che sente chi sul viale del tramonto ha un brivido, e non un'impressione. Dormo da non sentire sveglie o suonerie, dormo e non ascolto le voci che mi chiamano alla vita, dormo immobile su questo lettobianco di marmo o di lenzuola fredde.
Dormo e non muovo un muscolo. Mi sto allenando per quando non ne muoverò davvero. Dormo e non vedo, non so se è notte o giorno. Mi costruisco una notte in cui si può solo dormire. Dormo. Sento i dottori che discutono, discretamente a bassa voce, pensando che io non senta. Dormo e davvero non sento le loro ultime parole.
"È entrato in coma".
domenica 19 ottobre 2008
Prima che il Tempo cambi
C'erano passi e passi dietro ai passi, a portarmi da nessuna parte, laggiù fra verdi e azzurri e ocra delle case, e nero asfalto, e gente.
Ninnoli scintillavano nel sole, senza significato come i miei minuti, come quel cucchiaino inutile a fianco della tazza del caffè. Cortesia finta del barista, forse per mestiere.
Senza pensieri, o forse nascondendoli, scesi la strada, i ciottoli, l'arco, il piccolo ponte sopra un fossato ormai asciutto da secoli. Rumori di lontane civiltà, clamore d'armi, assieme allo stridio d'assurde teconologiche diavolerie moderne, tutto si mescolava nelle orecchie, fra le orecchie, nella testa.
Brividi ed altre sensazioni, corpo immateriale l'aria circostante, mutevole ma con la propria massa. Non troppo lentamente, non improvvisamente.
Fu tempo di tornare, discendere la china del viaggio, come in autunno, prima che il Tempo cambi.
Ive, got a lot of things to learn,
Said I would and I believe in one day,
Before my heart starts to burn.
So whats the matter with you,
Sing me something new,
Dont you know the cold and wind and rain dont know,
They only seem to come and go, away.
Oasis - Stand by me
L'Elfo di Frida
Lui non sapeva di esserlo. Un Elfo. Quello era il nome che gli avevano dato gli Umani, strani esseri con la pretesa di catalogare tutto. Senza le parole, gli Umani sarebbero morti in breve tempo. Lui invece no. Lui sapeva riconoscere le stagioni dall'odore che sentiva nell'aria. Persino la paura era per lui un odore: terribile, da fuggirne via lontano appena possibile. Oppure nascondersi in attesa che si dileguasse.
Anche con le orecchie si muoveva a suo agio, anzi con l'interpretazione dei suoni che gli giungevano attraverso le orecchie. Sibili, fischi, schioppi: tutto quello che la Foresta gli aveva insegnato, in 584 anni di onorata esistenza. Aveva un orecchio mobile, per ascoltare ma anche per segnalare discretamente: uno solo, però.
Ma la sua specialità era il tatto: riusciva a sentire cose che nessun altro sentiva. Passando in un certo modo le mani e le dita sui corpi, animati o inanimati che fossero, percepiva vibrazioni, elettricità, calore e le loro infinitesime variazioni. Al tempo stesso, riusciva a trasmettere tramite le mani molte energie positive. I suoi erano qualcosa di più che semplici "massaggi", sembravano vere e proprie sessioni curative. O almeno palliative di sofferenze e dolori. Non solo fisici.
Tutto questo era l'Elfo di Frida.
venerdì 17 ottobre 2008
Le foglie rosse
le foglie rosse dell'uva
a fine ottobre.
Vorrei farne dei quadri
da giocare in tavola
quando la vita mi risponde picche.
E sogno sempre i fiori
della mia primavera
dove mi specchio Re di cuori.
lunedì 13 ottobre 2008
Il sapore dell'uva
come un acino d'uva schiacciato
fra denti e palato,
quei mille sapori vietati-morti
che tornano come fantasmi
e mi osservano, attoniti, fermi
e più vivi che mai. Tornerai
sembrerò sempre uguale, lo stesso.
Indossando un sorriso
aprirò la mia porta, deciso.
Si muore un giorno alla volta.
domenica 5 ottobre 2008
Tornerai
dove sempre io torno
sentirai dentro al cuore
quello strano rumore
che non lascia speranza
che fa correre altrove.
Sulle rive di un lago
in un giorno di Maggio
quando i pioppi c'inondano
d'un miracolo bianco,
sulle sponde del cuore
che trabocca emozione
ho toccato mia dolce
una dolce canzone.
Tornerai forse un giorno
come io tornerò
di quel magico giorno
ricordandomi un po':
quando manchi ti aspetto
quanto manchi però
che il respiro nel petto
trattenere non so.
sabato 27 settembre 2008
Un gioco da ragazzi
non faccio
non bacio
non scrivo lettere
né testamenti.
Non dico di non aver vissuto:
non conto rimorsi o rimpianti.
Non faccio né bene né male:
avrei voluto passare inosservato.
Non bacio per non interrompere
la dolce magia d'un sentimento.
Non scrivo più lettere
che nessuno leggerebbe mai.
Di testamenti ne scrive
chi ha qualcosa da lasciare.
In questo freddo d'autunno
mi porto via me stesso.
domenica 21 settembre 2008
domenica 14 settembre 2008
domenica 7 settembre 2008
La pioggia di settembre
porta con sé il segreto
della malinconia nascosta
dietro la curva di un sorriso
parabola discendente
venerdì 5 settembre 2008
Biancaneve e i 7/9
Fu bello aprirla e scoprire che cosa conteneva: mollette da bucato. Mollette bianche di legno, con la molla d'acciaio che le serrava, in attesa di mordere i panni, impedendo caparbiamente al vento di portarseli via.
Il gioco di Biancaneve consisteva nel tirar fuori le mollette dalla borsetta e poi rimetterle dentro. Forse, a modo suo, le contava. Sicuramente le osservava, cercando di distinguerle una dall'altra.
Le mollette di legno erano, infatti, una diversa dall'altra: piccole imperfezioni, venature del legnaccio con cui erano fatte, segni dovuti all'uso e ai piccoli traumi che potevano aver subito.
Ma quel pomeriggio era speciale: tutto era fermo, e silenzioso, e in attesa di chissà quale evento. Biancaneve prese la borsetta delle mollette: quattordici mollette su diciotto in totale. Facendo la proporzione, i sette noni.
Andò in giro così, come una favola: Biancaneve e i Sette Noni.
Cenerentola GMT
Conduceva una vita "normale", per certi versi "tranquilla", specie quando riusciva a lasciar perdere un certo "passato".
La sera, però, si concedeva un lusso. Quasi tutte le sere. Dopo cena. Lasciandosi tutto alle spalle (lavoro, casa, e la giornata intera), si sedeva davanti al PC e cominciava le sue "chat". Nessuna particolare "avventura", tutte persone che conosceva bene, anche "in real life". La maggior parte vivevano lontano, quindi l'unica posssibilità di parlarci e di scambiare le proverbiali "quattro chiacchiere" era la chat. Molto meglio che il telefono, per la simultanea comunicazione con diversi soggetti, molto più economico, oltretutto.
Così Cenerentola, salita sulla sua Zucca-Carrozza-PC andava al ballo del Principe, dove poteva incontrare i suoi altrettanto magici amici e amiche: c'era chi raccontava della giornata che faticosamente volgeva al termine, chi cercava conforto dal "mal d'amore" che, si sa, quando non è ricambiato è quasi peggio del mal di denti, chi semplicemente commentava i fatti del giorno, vicini o lontani che fossero.
E così il tempo passava. Ma Cenerentola non dimenticava che cosa le aveva detto la sua Fatina: ricorda che allo scoccare della Mezzanotte tutto questo sparirà, e tornerà la monotona realtà di sempre: piatti da lavare, spesa-pranzo-cena da organizzare, il lavoro l'indomani, il partner sempre più odioso e odiato... Soltanto un particolare rendeva questa "scadenza" diversa da quella della famosa favola: la Fatina, e con lei Cenerentola, sapevano che l'incantesimo si sarebbe spezzato alla Mezzanotte "GMT", ossia del Meridiano di Greenwich ! In altre parole, Cenerentola iniziava la sua "ritirata" alle 23 ora locale e non a mezzanotte.
Quella sera, come tutte le altre volte, Cenerentola alle 23 spense il PC e andò a dormire, non senza aver riempito di baci i suoi interlocutori.
La scarpetta di cristallo, virtuale come il resto, rimane lì ad aspettarla, domani, non oltre le 23.
lunedì 1 settembre 2008
venerdì 15 agosto 2008
lunedì 11 agosto 2008
giovedì 7 agosto 2008
Venere assurda
non ridi e non arrivi a fine mese:
tacciono i venti, i mari e le stagioni
e i giorni tuoi si fan sempre più lunghi.
Gran chiasso e confusione nella mente
vestita d'esteriorità fra quella gente
con gesti esibizioni plateali
d'un angelo rimasto senza ali.
Non posso darti aiuto né curare
quello che porti dentro come un male.
Non posso darti niente, né sperare
di comprender l'inferno che ti assale.
Rimango come sole alla campagna
che la scalda in silenzio e l'accompagna.
Venere assorta
non piangi la tua vita e non ricordi:
passano i venti, i mari, le stagioni
e i giorni tuoi si fan sempre più corti.
Silenzio di pensieri pieno e vano
riflette dentro e fuori ad ogni passo,
gesti del tuo noioso quotidiano
discendono dall'alto verso il basso.
Non posso darti aiuto, né curare
quello che porti dentro come un male.
Non posso darti niente, né sperare
di comprendere l'inferno che ti assale.
Rimango come neve alla montagna
che le fa da coperta e l'accompagna.
domenica 3 agosto 2008
Ella - Parte Prima
sabato 2 agosto 2008
Ella - Incipit
domenica 27 luglio 2008
Musica e silenzio
di sensi o di amori
stravolgimenti
ormai materiali
che a lungo strofinano
buccia su buccia.
Non mi interessa
soltanto sentire
contare i battiti
eliminare
ciò che la retina
ignora o colpisce.
Non avrò pelle
né orecchie
né lingua
né naso
per quello
ch'è fuori di me.
Condenso
l'essenza
il creativo
il nuovo davvero
non riconducibile
ad altra esperienza.
Uccido il banale
che uccide
il mio vivere
oltre il normale.
C'è musica dentro
silenzio
d'intorno.
domenica 13 luglio 2008
Pazzo pagliaccio
occhi di ghiaccio
non c'è via d'uscita
da questa prigione
vita.
Largo il vestito
buffo, sdrucito,
un naso rosso
ridersi addosso.
Uomo incompiuto
bimbo, neonato,
folle bambino
pazzo ragazzo:
niente ti sposta
niente ti aggrada
corri e saltelli
lungo la strada
cadi, rialzi
presto la testa
per non mangiare
questa minestra.
Solo ma libero
triste ma allegro
resti contento
ed irrequieto,
pazzo pagliaccio
Occhidighiaccio.
sabato 12 luglio 2008
Basta
a volte,
a non sentirsi soli.
Dolce scorre la birra
nella gola.
E il fiume Giava ?
Sarà il solito "sola" !
Meglio lasciarli perdere,
quelli che credono ogni volta
di poter "vincere-e-vinceremo".
Giocare al Lotto
oppure andare a letto
con qualcuno che conosci
per davvero.
Ogni pensiero è attimo
e abbonda di pensieri:
oggi, domani, ieri
persino i buchi neri
rimangono incantati
a risucchiare
gli Universi interi.
Numeri, razionali
ed altre bestie rare
si rincorrono senza sensazione,
mentre i rosoni gotici ci guardano
estasiati d'estate e d'emozione.
Richiudi le serrande,
le persiane, gli scuri,
e infin le tapparelle,
e prova addormentandoti,
ridendo a crepapelle,
a scrivere dei versi
sequenze di parole
senza significato
siccome il senso vuole.
domenica 29 giugno 2008
Senza gocce di sangue
e passano i sudori
che un'Estate regala
alla mia schiena.
Sei stata qui
o forse ti ho sognata
piccola goccia di splendida
rugiada.
Non so spiegarmi
quei piatti
da lavare,
quelle grinze nel letto
e quei cuscini
accavallati
da volersi amare.
Rifiuterò col tempo
l'evidenza
di ciò che la realtà
mi oppone,
così per non soffrire
ancora e ancora.
E gatti perderanno zampe
di vetro
senza gocce di sangue
né lamenti.
giovedì 26 giugno 2008
Male di vivere
Non so, non posso credere che un giorno diventeranno polvere e sbiaditi ricordi: fa troppo male.
Quando si unisce il cuore, così vicino, resta qualcosa che cambia l'Universo.
Sono triste e felice al tempo stesso, e questo sentimento ha un solo nome: male di vivere, ossia "malinconia".
lunedì 23 giugno 2008
Secondi
uno dietro l'altro
senza far rumore
dimmelo con altre parole.
Fammi pensare che vanno
pieni di noi o di che,
facce di specchi magici
infinitamente ripetuti
eppure diseguali.
Sciogli i capelli,
passa una mano
calda sulla mia
mano fredda
ma non avere fretta.
Fermati e guarda,
rimani e ascolta
l'eco del cuore:
"lo senti ?" ancora.
Secondi che volano
uno dietro l'altro
e ci avvicinano
un po' ci allontanano:
viviamoli ancora.
venerdì 20 giugno 2008
Un buco nelle nuvole
Affacciato al piccolo oblò, poco più avanti dell'ala, guardo l'Italia che scorre sotto il mio aereo: mari, montagne, laghi. Persone: no, quelle non si vedono, ma certo ci sono, laggiù, con i loro affanni quotidiani, con i loro piccoli grandi cuori che battono.
Che strana la vita: o meglio, sembra strana quando cerchiamo di darle un senso, altrimenti è semplicemente grottesca, assurda. Che m'importa di stare quassù, dopo essermi alzato presto ancora una volta, andare da gente che non ha voglia di vedermi almeno quanto io non ho voglia di vedere loro, raccontare il mio bla-bla tecnologico, fingendo che qualcuno possa realizzarlo, costringendoli a dire che sì, forse, ne parleranno coi capi, lo faranno, sì, forse, chissà. Che m'importa del tedesco (herr prezident), che m'importa del gentile collega: tornerò a casa tardi stasera. E non ci sarà nessuno ad aspettarmi.
I negozi degli aeroporti sembrani tutti uguali. E non si trovano gelati confezionati, ma solo gelati "artigianali" per turisti. Torniamo in orario. Sulla strada di casa, un motociclista ha pensato bene di finire la sua vita in forma di marmellata sull'asfalto. Cinque macchine della Polizia lo sorvegliano, dovesse mai resuscitare.
È molto tardi quando rientro a casa. E non c'è nessuno. Lo sapevo: tutto sommato, oggi ho fatto solo un buco nelle nuvole, per farci passare i miei sogni.
domenica 15 giugno 2008
mercoledì 11 giugno 2008
Portavo i capelli come Robert Plant
Portavo i capelli come Robert Plant,
stavo là in mezzo alla strada
rivoltando il mondo e il cielo.
Attaccavo a testa bassa
senza sentire i colpi, tiravo dritto
difendevo un delirio originale.
Avevo idee che non ho mai tradito
-- chi si ama non si tradisce addosso
avevo capelli come Robert Plant
-- suonavo la mia rabbia in faccia al mondo.
lunedì 2 giugno 2008
Come si fa
mercoledì 28 maggio 2008
Una sera
una di quelle normali
in cui ti guardi le mani
e dentro pensi: "domani".
E ci sarà una sera
una di quelle che non sai
in cui ti specchi - tu mai !
e non sarai domani.
sabato 24 maggio 2008
Fragole alle labbra
questi miei anni di stanchezza e rabbia.
Sale di solitudine e zucchero d'amore,
novità al limone e pelle d'albicocca,
un pizzico di zenzero, cioccolata a fiumi:
sei bella quando guardi gli occhi miei
con gli occhi tuoi ghirlanda d'emozioni.
E lascio che la vita mi perdoni
e vinca anche stavolta
infine nuda.
martedì 20 maggio 2008
Il Quarto Uomo
Il Quarto Uomo l'avevamo incontrato proprio là dentro, ma non c'era niente di strano: lui fa le pulizie "di fino", non quelle dei bagni, no. Lui lucida le maniglie satinate delle porte a vetri di quei "loculi" chiamati uffici, nel Palazzo Nuovo, e soprattutto le pulsantiere degli ascensori. Ci passa le ore, con le sue pezze e gli spray: mica pezze qualsiasi. Ne usa prima una un po' ruvida, per togliere i segnacci che inevitabilmente qualche centinaio di impiegati lasciano su quelle belle piastre di metallo lucente che circondano i pulsanti di chiamata degli ascensori. Poi spruzza il suo "prodottosegreto" e passa la pezza morbida. Asciuga quella specie di schiumetta bianca. Aspetta qualche secondo, poi ripassa con un'altra pezza asciutta e morbida. Alla fine osserva: se il risultato non è quello desiderato, ricomincia tutta la procedura. Contando che nelle quattro grandi ali del Palazzo Nuovo ci sono altrettante coppie di ascensori, si fa presto a capire come passa la giornata, il Quarto Uomo. Una pulsantiera esterna per ognuno dei sette piani del Palazzo, più la pulsantiera interna di ognuno dei due ascensori, moltiplicato quattro. Tutte con la stessa cura, con la stessa meticolosa procedura. Senza contare che, mentre pulisce, il nostro Quarto Uomo inevitabilmente tocca i pulsanti, e quindi provoca la fermata degli ascensori a tutti i piani, indipendentemente dall'impazienza degli impiegati che aspettano di salire o scendere nel Palazzo Nuovo.
Insomma, stavamo andando a mangiare in mensa. Non è che ci fossero grandi alternative, considerato il fatto che il Palazzo Nuovo sorge in una zona piuttosto isolata, dove il primo nucleo abitato, dove si può trovare qualcosa da mangiare, dista più di un chilometro. Insomma, io e Carlo avevamo fatto tardi per motivi di lavoro, e Cristiana ci aveva pazientemente aspettato per non andare a mangiare da sola, visto che nella sua stanza non c'erano altri colleghi, a causa della Cassa Integrazione e di altre assenze.
Arriva l'ascensore - i nostri uffici stanno all'ultimo piano del Palazzo Nuovo. C'è il Quarto Uomo dentro che sta impassibile come se avesse appena finito di lucidare la pulsantiera. Entriamo. Il pianoterra è già prenotato. L'ascensore chiude le porte automatiche e comincia a scendere. Ogni tanto un cigolio sininstro, ma ci siamo abituati. Questi ascensori cigolavano anche appena montati, pochi mesi fa', nel Palazzo Nuovo. Tutto è bello in apparenza, ma tutto lascia un po' a desiderare: come le coperture del passaggio che conduce alla mensa, che quando piove lasciano allegramente aperte qua e là pittoresche cascatelle, o la pavimentazione del cortile, che un po' si stacca e nelle solite antipatiche giornate di pioggia forma creativamente pozzanghere disseminate a caso, che costringono a leggiadri saltelli o slalom senza l'uso degli sci.
Nel frattempo l'ascensore scende, fermandosi quasi a tutti i piani, dove nessuno lo sta aspettando, quindi riparte. Ad un piano fa una fermata più lunga. Nessuno in vista. Riparte e quasi subito - BANG - si blocca.
Ci guardiamo in faccia e cerchiamo di "convincerlo" a ripartire, pigiando un po' a caso i diversi pulsanti dei piani. Ci piacerebbe che almeno si comportasse come altri ascensori "moderni" che, in caso di guasto, ti "depositano" al piano più vicino, muovendosi lentamente.
Niente. Il Quarto Uomo, con le sue manone, infierisce sulla pulsantiera. Momento di panico. Suoniamo l'allarme. Sentiamo il campanello che strazia i pianerottoli e le scale, ma non succede nulla. Anzi, non appena si smette di premere l'allarme, il campanello tace. Ci chiediamo se l'allarme sia almeno collegato con la Grande Portineria del Palazzo Nuovo. Visto che non arriva nessuno, ci sorge un dubbio.
Cristiana è un po' pallida e dice di aver preso l'insulina, e che se non mangia nel giro di 10-15 minuti entra in crisi ipoglicemica. Ci attacchiamo al pulsante di allarme. Non vorremmo vederla entrare in coma.
Finalmente si fa vivo qualcuno, che passava per le scale, visto che l'altro ascensore era fermo e questo pure, bloccato con noi dentro. Vanno a chiamare i nostri salvatori. Comincia a mancare l'aria. Il Quarto Uomo inveisce contro gli "ascensori moderni". Io e Carlo cerchiamo di rassicurare Cristiana, che presto saremo fuori. Riusciamo a forzare la porta interna: si vede il muro. L'aria ci manca ogni minuto di più.
Arrivano i Rangers. Mentre loro forzano la porta esterna e noi di nuovo quella interna, che si era richiusa, vediamo che c'è un piccolo passaggio in basso, verso la salvezza. Sedendosi sul fondo dell'ascensore e saltando giù, esce per primo il Quarto Uomo, poi Carlo, poi io e infine la povera Cristiana. Ringraziamo i nostri salvatori e ci avviamo verso la mensa.
Si è fatto tardi, ma per fortuna non piove. L'aria del cortile ci fa sentire "liberi". Al ritorno, si sale a piedi.
domenica 18 maggio 2008
venerdì 16 maggio 2008
Parentesi g(i)raffe
le parentesi giraffe,
(all'ufficio postale)
e girano girano
senza chiedere perché.
Tutta la notte girano
e tutto il dì,
e pure tutto l'effe
perché sono "gireffe".
Stranezze di natura
eccezionali "nezze"
se ne stanno a "nezz'aria"
e (tra parentesi) girano.
Sembrano pale
di ventilatori
come cinque latori
moltiplicato quattro.
Puoi star sicuro
(puoi *sicuro)
che resteranno là
finché non si
romperanno le pale,
quelle (ap)parent(es)i
g(i)raffe.
mercoledì 14 maggio 2008
domenica 4 maggio 2008
Belle scuse
sono proprio belle scuse
per non farti da mangiare
per non lasciare il letto
per coccolare la pigrizia
e ritornare dentro te stesso.
Belle scuse
ne hai sentite tante
di storie raccontate
per dare i soliti due colpi
alla botte e al cerchio
per non ferire o per lasciare
tutto come va.
Belle scuse
tengono insieme il tempo
della lontananza e dell'attesa
come il consumarsi
di una candela accesa
come il fumo di cera
che accelera la sera
in chiesa.
Belle scuse
a farsi belli
ognuno per suo conto
e non bastano spiccioli
per saldare nessun conto
se non ce li ha
signora
lasci pure.
Ma resta sul palato quel sapore
di metallo arrugginito
belle scuse.
martedì 29 aprile 2008
Apologia d'irreale
ed era primavera.
Oggi le nuvole
riportano a freddo
la furia dei venti.
Quaranta, ovvero
quattrogatti
restano in barricata
a difendere
quel che resta del gioco.
Speranza (ultima dea)
che non sia solo
TV, pubblicità e pallone,
soldi e immoralità.
Diogene,
tu cerchi ancora ?
Sarai arrestato
per apologia
d'irreale.
domenica 27 aprile 2008
Le tre scimmiette
l'amore che mi dai
non sento
il tuo sentimento
siedo qui sul bordo di me stesso
e non parlo
Come un palo al marciapiede
da spendere a Pigalle,
né occhi da bruciarmi
al fuoco dei falò d'estate.
Bella passione,
voglia d'avventura
nei guai cacciarsi
senza alcun respiro, allora.
Vita, che vita
che fuggendo via
mi lasci come un palo
al marciapiede
appeso.
venerdì 25 aprile 2008
La mia chitarra
che sfida il tempo
e i granelli di polvere,
l'assedio di noia e solitudine.
Ogni giorno la tradisco,
e lei non parla, non piange.
Mi guarda col suo grande occhio,
forse riflette, fra le corde
del suo cuore caldo.
Chissà se un giorno
prendendola fra le braccia
la sentirò suonare
tutte le voci che ho dentro.
lunedì 21 aprile 2008
venerdì 18 aprile 2008
L'acqua (Manifesto egocentrico)
Penso a te che sei lontana, che forse pensi a me, lontano. La tua voce era calma, stasera. Non so se lo eri veramente. Ho infiniti problemi di interpretazione degli "altri". A volte immagino che siano come me, che "sentano" quello che sento io. Poi, a volte, scopro che non è vero. Delusione.
Scrivo frasi ermetiche usando una tastiera ermetica, sul mio computer ermetico, che non è nemmeno "mio" in senso possessivo. Ecco un'altra particolarità del mio essere: "mio" significa "relativo a me", "che ha qualcosa a che fare con me". Sinceramente, non sono "possessivo". Però mi piace una certa coerenza e linearità, e detesto chi non è sincero "razionalmente".
Siamo alle solite. Le mie emozioni, i miei sentimenti sono forse troppo "razionali", "meditati", "pensati". Certo, anch'io faccio cose istintivamente, ma.
Sorprendere, positivamente: questo lo adoro. La banalità è sorella della morte. E nella morte, il nulla. Scherzo con i bambini, sperando che un giorno ricordino, almeno vagamente, che "qualcuno" ha scherzato con loro. Quel "qualcuno" ero io. Lo faccio anche coi "grandi". Ma loro non capiscono. Pensano che io scherzi per risultare simpatico. Che m'importa di risultare simpatico, tanto non lo sono. Per lo stesso motivo non mi piacciono gli anziani. Li compatisco. E mi terrorizza l'idea che un giorno diventerò come loro. Un giorno ? Forse lo sono già diventato !
Non c'è nemmeno un pezzo di cioccolata decente. Quella che ho addentato prima, mi ha mezzo distrutto gli ultimi canini buoni che ho ancora in bocca. Il piacere dovrebbe essere assoluto, non rovinato da questi piccoli inconvenienti.
Per fortuna ho trovato le musiche che mi aveva chiesto mia figlia, per il suo spettacolino. Lei, forse, mi porterà dentro di sé, abbastanza lontano nel tempo.
Bevo un altro bicchier d'acqua.
martedì 15 aprile 2008
Sarà come un addio
Decadono col tempo le notizie che i sensi ci portano da quel mondo "di là", oltre la pelle, gli occhi, la bocca. Serve per farci percepire meno dolore nel momento del distacco.
Vite ne ho avute, non ricordo quante. Vita ne ho ancora, a gocce: la vedo spandersi dai piedi come ombra che la sera avanza.
Qualcosa chiama, forse qualcuno. C'è qualcuno là fuori ? Rispondete una buona volta, fate che io sappia: oppure troverò solo silenzio e buio.
Brancolando, non riconosco niente, al di là del mio naso. E pure quello, ormai, più non mi orienta verso il vento d'aprile che una volta schiudeva nuove avventure, e il verde nuovo mi sa come un miraggio.
Tutto si muove, credo, in qualche direzione. Io resterò seduto, là contro quel tronco d'albero, a pensarti (sai, nell'isola del lago).
E senza voce, senza quella luce degli occhi fiordaliso nei tuoi verdi specchiati, sarà come un addio.
venerdì 11 aprile 2008
Il dono indesiderato
All'inizio, tutto era strano, nuovo, diverso. Poi cominciò ad avere il sapore del già sentito.
Più passava il tempo e più le cose si facevano complicate, ingarbugliate: come quando si cerca di sciogliere un nodo e invece si finisce per stringerlo ancora di più.
Più passavano le stagioni e più diventava pesante fare qualsiasi cosa, anche la più spicciola.
C'è un presente, prima di qualsiasi futuro. E c'è un passato, dietro ad ogni presente, che gli impedisce di essere diverso da com'è.
E dopo aver compiuto lo stesso errore, quello di averla data a chi non l'aveva chiesta, sono sempre più sicuro di non averla chiesta, la vita.
giovedì 3 aprile 2008
Dessert
cioccolata e panna,
non serve più il sorriso
di una sera
a far rivivere in noi
quel sentimento,
quella persa magia
così com'era.
Risuona freddo
anche in amicizia
d'intenti, di parole
e d'altro ancora:
sapor di nostalgia,
vuoto di senso.
E l'orologio non riporta indietro
il tempo, l'emozione,
l'alba e l'aurora
che fece luce
a quel cammino incerto
lasciando dietro sé
ombre e deserto.
Non serve un dolce
panna e cioccolata
a farmi ritrovar come e perché,
dove, volendo, e quando
t'ho lasciata.
domenica 30 marzo 2008
Single
e del formaggio che muffisce in frigo
non so che farmene in certe sere tristi
amare di minuti e gonfie di quel troppo passato
che non mi risponde quando chiedo il conto.
Se fossi saggio, stenderei il bucato,
rammenderei calzini come fossero storie
rimaste là in sospeso a cavallo del cuore.
Rimango a carezzare le dolcezze
che qualcuno un giorno mi ha donato
e tolgo all'anima le grinze
con il ferro a vapore e alle camicie.
venerdì 28 marzo 2008
mercoledì 26 marzo 2008
Persone e corpi
Persone hanno pensieri, che non dicono mai, quasi mai. Soltanto se la fugace scintilla che abbatte barriere, quella che amicizia o amore così bene nascondono e fanno brillare, soltanto allora, non sempre, pensieri indicibili vengono detti, gettando quel ponte che unisce e coinvolge persone diverse.
Persone hanno speranze, su tutto la strana speranza che non debba, non possa finire, questo esser persona. I corpi invece consumano la loro finita esistenza, i corpi si ammalano, invecchiano, muoiono.
Persone hanno immaginazione, fantasia, sogno, magia. Persone vanno al di là di ogni universo, se vogliono. Persone si uniscono, persone per sempre si lasciano. I corpi obbediscono, così come possono. Persone si amano, a volte s'illudono, più spesso s'ingannano. I corpi a volte si sbagliano, senza colpa e senza mèta vagano, cercando una guida. Persone si attraggono, e i corpi non possono opporsi, o forse non vogliono.
Persone scrivono canzoni e poesie, i corpi le eseguono (a volte neanche le seguono).
Persone hanno una mente, i corpi soltanto un cervello. Entrare dentro una persona è difficile, affascinante, incommensurabilmente mirabile. Entrare in un corpo è fin troppo facile, basta un pene o un coltello, e alla fine delude. Ti sbatte in una cella. Come quella mattina quando il maresciallo bussò alla sua porta, e lui, aprendo, disse subito: "Sì, sono stato io. Ma non mi chieda se fu la mia mente, o il mio corpo a tradire la mente. L'ho accoltellata, perché non ero riuscito ad entrare nella sua persona". Manette.
mercoledì 19 marzo 2008
Giuggiole e giaggioli
di giuggiole e giaggioli
e giunchiglie
a Gengis Khan ricordano
glorie di gigli
aggiunte a gemiti,
lucciole e lanterne:
immense confusioni,
fusioni di effusioni.
Nuvoloni
là in alto
rincorrono cuori
di zucchero e ginestra,
o salti di finestra,
Elena e Clitennestra
là dove ride il clito
e l'inclito s'innesta
su poche righe di un racconto antico.
Vano, ma non d'appartamento
l'eco m'adesca e lecco
certe gocce di rugiada intorno a me
come in quel di settembre
l'impressione
che mi fu sublime.
Cerco le rime
rive di un fiume
d'assonanze ridondante
e pieno
e mi vien meno cantando
la mia voce rauca di vino
nel cercar divino ricordo
della passata Gloria.
Corre il ricordo allora
alla Marina
e ad altre che oramai son nomi
senza più volto, voto e vita,
passione sopita
di un'Era giunonica
il cui presente era.
Ora non più
mi sazio
di giuggiole e giaggioli
fin laggiù.
giovedì 13 marzo 2008
La Cometa
arriva e bacia il cielo,
coda e capelli liberamente
sciolti.
Arraffa nuvole
guarda davanti a sé
talvolta silenziosamente
piange.
Non resta:
sempre vòlta
le spalle al suo destino
rimpianti non rimorsi.
Del colore dell'alba
porta il velo
senza suono
senza nulla rubare passa
indisturbata.
E getta la sua luce
in ogni direzione
mi tiene gli occhi aperti
anche quando fa male
perché lei mi somiglia
Cometa che ho nel cuore.
venerdì 7 marzo 2008
Fame
domenica 2 marzo 2008
sabato 1 marzo 2008
Davanti e dietro
ed uno dietro
per difendermi dai giorni
e ritrovar le ore
per nasconderci i miei sogni
che restano là
minuti
e i miei desideri
che arrivano sempre
secondi
venerdì 29 febbraio 2008
Quel raggio
passa quel raggio
e illudersi ormai
è un'abitudine:
svelta come arriva
assapora un ricordo.
giovedì 28 febbraio 2008
Anatomia di un amore
seguite da speranze.
Innamorati
da un lago
dell' 11 maggio
fino al sogno
di una notte
di mezze statue.
Frequenze assenze
parole tante
essemmessenze
coccole carezze
e altre tenerezze.
Futuro incerto
rosellina nel deserto.
mercoledì 27 febbraio 2008
lunedì 18 febbraio 2008
Cani Sciolti
I rumori giungono attutiti dalle finestre chiuse. Il sole irrompe nella stanza e illumina il pavimento bianco. Il gocciolio del bagno mi tiene compagnia cantando i suoi secondi persi nel nulla dello scarico.
Il passaggio del pullman, nella via principale, segna un'orario ben preciso, il cui dettaglio mi sfugge. Domani mattina troverò il ghiaccio sul parabrezza della macchina, e perderò tempo a sbrinarlo.
Devo arrivare presto in ufficio, domani: ma l'ha chiesto il capo. Ma non m'importa granché, non ho da far carriera, ormai. Chissà se arriverò un giorno alla pensione. E poi, chissà che rimane da fare, quando uno se ne va in pensione.
Intanto resto qui, coi miei pensieri come cani sciolti a mordermi la gamba. Raggio di sole e incomunicabile silenzio intorno. Darò un po' d'acqua a quella rosellina, che mi guarda dal suo piccolo vaso, e tace.
sabato 9 febbraio 2008
Altro
Meglio ancora se mi chiedono di continuare. Chiudo il quaderno e non ci penso più.
C'è altro, c'è altro !
martedì 5 febbraio 2008
Ho fatto tardi
Adriana era pronta, come ogni mattina, per essere accompagnata a scuola. Oggi però, senza zaino né merenda, poiché a scuola c'era la festa del Carnevale.
Quante volte ricordava di averlo odiato, il Carnevale, perché veniva a piazzarsi come Festa dell'Allegria Obbligatoria in un periodo dell'anno in cui lui stava regolarmente male. E non erano soltanto mali di stagione: un anno fu il morbillo, un altro una grave delusione d'amore, e poi ... e poi ... chi se le ricordava, quelle altre volte in cui maledisse il Carnevale, portatore di tristezza e sventure ! (cont.)
lunedì 21 gennaio 2008
Occhi aperti
la Rupe Tarpea non aspetta.
Chiude la strada, non il senso
né la sentenza,
ché dei posteri può lusingare
l'assenza.
Ossa rotte, muscoli pieni
di grassa impotenza,
ginocchia valgo-dolenti.
Il freddo non aspetta,
raggiunge, colpisce,
rimane l'amico fedele
di sempre.
martedì 15 gennaio 2008
Prossima fermata
corre la vita.
Prossima fermata:
emozione mancata.
Riparte il treno
sognando sprazzi
di felicità, buttati
come
coriandoli di Carnevale
sopra una merda di cane.
domenica 6 gennaio 2008
Caffè Versato
sul caffè versato
sulla macchina a gas
su quello iato che
invisibilmente
riprende all'angolo la bocca
ogni volta che
ti respiro.